favilla
Uno dei significati in cui si presenta questo termine è quello definito da D. stesso, in Pg XXI 94 Al mio ardor fuor seme le faville, / che mi scaldar, de la divina fiamma / onde sono allumati più di mille: la f. è intesa cioè come seme, cagione e inizio di una fiamma più grossa; così in Pd XXIV 145 Quest'è 'l principio, quest'è la favilla / che si dilata in fiamma poi vivace, e I 34 Poca favilla gran fiamma seconda, energica redazione dantesca di una frase proverbiale. In situazioni analoghe, in If VI 75 superbia, invidia e avarizia sono / le tre faville c'hanno i cuori accesi, e in Pg XXXIII 46 Questa favilla tutta mi raccese / mia conoscenza a la cangiata labbia; si noti che in questi passi (come in Pg XXI 94 già citato) la metafora di f. si continua nel verbo.
Le altre occorrenze ci danno f. nel senso di " scintilla di fuoco ", " fuoco ". In senso proprio, in alcuni paragoni, come in Pd VIII 16 come in fiamma favilla si vede, dov'è indicato il distinguersi, nel lume diffuso di una fiamma, del più acuto e movimentato brillare delle f.; VII 8, XVIII 101. In senso figurato, in Pd XVII 83 parran faville de la sua virtute, e XXXIII 71. In Pd IV 140 si tratta di faville d'amor che escono dagli occhi di Beatrice; analogamente in Rime CIII 74 le faville / che m'infiammano il cor.
In Pd XXVIII 38 l'immagine della f. - la favilla pura - è usata a rappresentare Dio, come in XXX 64 e 95 le faville rappresentano gli angeli.
Estensivo l'uso del termine In If XXVI 64, per indicare le grandi lingue di fuoco in cui sono chiusi i politici fraudolenti.