FAVO (perché ricorda il favo delle api)
Impropriamente detto anche antrace (v.). È la flogosi acuta della pelle con formazione nello spessore del derma di focolai multipli suppurativo-necrotici, provocata per lo più dallo stafilococco aureo, spesso associato a streptococchi. L'infiltrazione infiammatoria, oltre a estendersi in superficie, tende a propagarsi al cellulare sottocutaneo e può interessare anche i connettivi più profondi; così, per es., nella regione mentoniera, può dar luogo a periostite e a osteomielite. Il carattere più o meno invadente del processo dipende dalla virulenza dei germi e dalle condizioni di resistenza locale dei tessuti e generale dell'organismo. Gli stati discrasici, specialmente l'iperglicemia, il diabete, talora l'alcoolismo e l'albuminuria, non solo predispongono al favo, ma ne rendono spesso grave il decorso. La nuca è la regione più frequentemente colpita; non sono però rari i favi della faccia, specialmente in prossimità delle labbra.
I sintomi caratteristici sono: tumefazione e arrossamento, prima rosso vivo poi piuttosto fosco, sino al violaceo o azzurrognolo, della cute infiammata; aumento della temperatura locale; comparsa di rilievi nodulari, rappresentati dai focolai suppurativo-necrotici più superficiali, i quali, ulcerandosi, formano le cosiddette bocche del favo, a fondo necrotico, bianco-giallastro o bianco-verdastro, dalle quali geme prima del pus, e più tardi fuoriescono lacinie di tessuto disfatto; dolore tensivo e pulsante che s'accentua a ogni movimento della parte; manifestazioni generali tossiche: febbre elevata 39°-40°; disturbi gastro-intestinali, talvolta diarrea; nei casi gravi lesioni renali (albuminuria, cilindruria). Come complicazioni, oltre alle nefriti e alle accennate lesioni ossee, possono aversi flebiti, meningiti, miocarditi, tossiemia, batteriemia, piemia. Il favo può guarire per spontanea ulcerazione e vuotamento del pus e dei cenci necrotici, o in seguito a intervento chirurgico. Il tessuto cicatriziale che residua può esser causa di deturpazioni.
La cura, all'inizio, consiste in impacchi caldi con sostanze antisettiche, p. es., soluzione d'ipoclorito di calcio; se però il processo dimostra alta tendenza diffusiva, conviene incidere a pieno spessore a croce o, trattandosi di favi estesi, con incisioni multiple, opportunamente distanziate, tutta l'area infiltrata, sino ai tessuti sani, e zaffare. Recentemente sono stati vantati i risultati dell'escissione in blocco del favo. Si sono avuti anche buoni risultati con l'autoemoterapia (iniezioni nel favo di 20 cmc. e più di sangue prelevato dallo stesso malato). Utile la vaccinoterapia e la cura con i filtrati bacterici alla Besredka. È della massima importanza il curare gli eventuali stati discrasici.