FAVOLA
La f. è un racconto fantastico-didascalico dove agiscono animali umanizzati; si distingue dalla fiaba, che è priva di intenti morali, e dai racconti dei bestiari, dove oggetto di moralizzazione sono le abitudini e le peculiarità dell'animale, assolutamente statiche e minutamente descritte. Nella f. invece le caratteristiche e le qualità degli animali sono supposte come acquisite ed è in base a queste che l'animale si comporta dando vita a un piccolo racconto edificante. Le f. furono diffuse, a partire dal sec. 13°, anche dai frati degli Ordini mendicanti per ravvivare i loro sermoni o i loro scritti. Il domenicano Vincenzo di Beauvais (1190 ca.-1264) incluse ventinove f., catalogate a seconda del vizio che gli animali potevano rappresentare, in due sue opere, lo Speculum historiale e lo Speculum doctrinale (Goldschmidt, 1947, p. 50; Randall, 1957; 1966).Il Medioevo ebbe conoscenza diretta delle f. esopiane di Fedro solo fino al sec. 10°; circolavano però anche altre raccolte in latino, per es. quella di Aviano (sec. 4°), la silloge nota dall'epoca carolingia come Romulus, poi la collezione a uso scolastico del monaco Ademaro di Chabannes, del 1025, e inoltre volgarizzamenti quali l'Ysopet di Maria di Francia, della seconda metà del sec. 12°, o il tardotrecentesco Esopo toscano (Esopo toscano, 1989). Schiettamente medievale è il Roman de Renart, del sec. 12° (con antecedenti nel sec. 10° e ramificazioni e adattamenti posteriori), in cui protagonisti sono la volpe Renard e il lupo Isengrin (Favolisti latini medievali, 1984; Bertini, 1985; 1987).È perduto il più antico programma monumentale di f. esopiane dei primi del sec. 11° affrescato nel monastero di Saint-Benoît-sur-Loire (Chenessau, 1931), mentre è conservato il complesso del 1297 affrescato nella sala dei Notari nel palazzo dei Priori a Perugia; le undici f., corredate da scritte, hanno come soggetto il lupo e l'agnello, il cane che porta la carne, il lupo e la gru, la volpe e il corvo, la volpe e l'uva, il leone e la volpe, il cane e il lupo, la volpe e il cane, la volpe e l'aquila, il cinghiale e il lupo, il ladro e il cane. Unite a temi biblici - Storie della vita di Mosè, di Gedeone e di Adamo ed Eva fino alla morte di Caino - sono da intendere come allegorie politiche, ammonimenti ai governanti alla prudenza e a non sottovalutare i nemici dichiarati o possibili (Riess, 1981a; 1981b). Le f. del lupo e dell'agnello e del lupo e della gru riprendono soggetti già presenti nei rilievi (1278) del bacino inferiore della fontana Maggiore di Giovanni e Nicola Pisano, nella piazza adiacente al palazzo dei Priori; solo sulla fontana è rappresentata la storia del leone e del cane. È questo un caso interessante perché lascia intravvedere la mobilità di racconto e i fraintendimenti cui andavano incontro storie legate alla tradizione orale o a un'intersecata tradizione manoscritta: data l'esilità della trama, il narratore o il copista erano pronti a variare e contaminare. Sulla fontana di Perugia si vede in un riquadro un grosso leone accovacciato che gira il capo a guardare un uomo che, in un secondo rilievo, sta frustando un cucciolo di incerta identificazione, cagnolino o leoncino; sopra corre la scritta "Si vis timeat leo verbera catulum", che andrebbe intesa 'se vuoi che il leone ti tema, battilo da piccolo'; poiché rendere ubbidiente una bestia feroce esige un lungo esercizio, il duro addestramento deve cominciare fin da quando l'animale è piccolo. Nel Medioevo catulus poteva certo significare 'cucciolo' in generale, ma, assai spesso, in particolare 'cucciolo di cane'; così intese per es. Vincenzo di Beauvais ("Ira leonis capti sedatur arte tali. Verberatur catulus coram eo, creditque illius exemplo se debere timere hominem, quem in canis coercitione videt potentem"; Speculum doctrinale, XV, 89), spiegando che l'ira di un leone catturato si placa frustando un cucciolo davanti a lui e persuadendo in questo modo la belva a temere l'uomo. Il domenicano pare abbia descritto, fraintendendoli, un rilievo e un'epigrafe del tipo di quelli perugini; i due riquadri della fontana Maggiore potrebbero però avere anche un significato politico (Frugoni, 1983, pp. 181-184). All'origine di tutto sembra porsi la f. di ascendenza classica del viandante e del leone che discutono davanti all'immagine di un uomo che strangola un leone (Ercole e il leone di Nemea) su chi dei due sia veramente il più forte (Moretti, 1984). In una raccolta derivata da Aviano il soggetto dell'immagine si cristianizza e a Ercole si sostituisce Sansone: "robora Samsonis, quod frangeret ora leonis" (Moretti, 1987). A Perugia il rilievo con il leone e il cucciolo è preceduto da quello che mostra "Sanson fortis"; sono presenti però in stretta sequenza anche Dalila e Davide e Golia, personaggi che alludono alla precarietà della forza umana e che sembrano quindi legati alla discussa supremazia dell'uomo sulla belva.L'utilizzazione di soggetti favolistici per commentare lo svolgersi di imprese umane si ha nel ricamo di Bayeux (Bayeux, Tapisserie de Bayeux; 1066-1082); le imprese che culminano con la vittoria nella battaglia di Hastings (1066) di Guglielmo il Conquistatore sono racchiuse da una cornice a fregio continuo con una serie di uomini e animali, molti dei quali protagonisti di f. in sottile e ironico contrappunto (Hermann, 1964). Una rappresentazione dipinta nel 1300 ca. sul portale del palazzo Senatorio a Roma, oggi perduta, mostrava un leone che guardava con tenerezza un suo piccolo, monito di comportamento per ogni senatore nel momento in cui era insignito della carica, invitato a meditare sul dipinto e sulla relativa iscrizione ("Iratus recole quod nobilis ira leonis / in sibi prostratum se negat esse feram") e a ricordare nell'ira il nobile leone che dimentica di essere una fiera davanti a chi si umilia (Riess, 1981a; 1981b). La storia del leone magnanimo, che diventa però feroce con il nemico, è rappresentata sui bassorilievi della facciata della chiesa di S. Pietro a Spoleto insieme ad altre cinque che hanno per protagonisti animali e che nel complesso simboleggiano gli agguati del Maligno, sempre all'erta per ghermire la preda (Esch, 1981). A sinistra del grande portale d'ingresso, immediatamente al di sotto dei due bassorilievi con la vicenda del ricco Epulone, sono tre rilievi: nel primo è visibile un leone con una zampa prigioniera in un tronco mentre un boscaiolo è impegnato a liberarlo con l'ascia; nel secondo forse il medesimo personaggio, ora baffuto, è inginocchiato davanti alla fiera che lo risparmia; nel terzo infine un leone è in atto di azzannare un uomo atterrato, chiuso nella corazza, con scudo e spadone branditi invano. A destra del portale, al di sotto della Lavanda dei piedi e della Chiamata degli apostoli Pietro e Andrea, sono sistemati altri tre bassorilievi. Il primo mostra le astuzie della volpe finta morta; esempi analoghi si ritrovano nelle sculture della cattedrale di Foligno (1201) e in quelle della vicina chiesa di S. Giovanni Profiamma (1231). Il secondo bassorilievo esibisce il lupo con indosso il cappuccio monacale mentre sta meditando di azzannare un ariete, caricatura del clero e dei suoi vizi, storia narrata da Maria di Francia e perfino citata in una bolla di Urbano II del 1096; esempi analoghi dei secc. 12° e 13° sono nella cattedrale di Friburgo in Brisgovia, nella collegiata di St. Ursanne, in Svizzera, in un codice conservato a Heidelberg (Universitätsbibl., Pal. germ. 389, c. 224v) e, in Italia, in un capitello della cattedrale di Parma, in un rilievo nel portale occidentale della cattedrale di Ferrara e infine in un piccolo rilievo sull'arcata del chiostro di S. Paolo f.l.m. a Roma. Il terzo bassorilievo mostra il leone che assale un drago o, secondo Esch (1981), la pantera in lotta con il drago; un chiaro esempio di tale iconografia è visibile in un dettaglio della ghiera di S. Silvestro a Bevagna; altri ancora si conservano in Inghilterra e in Italia, per es. il rilievo sulla facciata del palazzo del Podestà a Narni. Nella porta della Pescheria della cattedrale di Modena si trovano sull'architrave in grande evidenza i rilievi con i funerali della volpe e con la storia del lupo e della gru, mentre lungo gli stipiti si snoda una serie di storie di animali (Acidini Luchinat, Frugoni, Chiellini Nari, 1991).
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