fazione (fazzone)
Vocabolo di derivazione francese, assai comune nell'antico volgare: ricorre in If XVIII 49, al plurale, nel senso di " fattezze ", " lineamenti ": O tu che l'occhio a terra gette, / se le fazion che porti non son false, / Venedico se' tu Caccianemico.
La forma ‛ fazzone ' è solo nel Fiore, di solito riferita a bellezza femminile, come nella descrizione di Venere: A voler raccontar de' suo' sembianti / e de la sua tranobile fazzone, / sarebbe assai vie più lungo sermone / ch'a sermonar la vita a tutti i Santi (XVII 6), di cui lo stilema superlativo tranobile fazzone sarà poi applicato (con ricorso che non è forse casuale) al viso della donna amata: Troppo avea quell'imagine 'l visaggio / tagliato di tranobile fazzone (CCXXIV 2); e cfr. LXV 2; ancora in XLI 13 Se ben mi guardi, in me non ha nessuna / fazzon che non sia fior d'ogne bellezza (cfr. Roman de la Rose 1012 " quant il me membre / de la façon de chascun membre ").
In C 9 Ched i' so mia fazzon sì ben cambiare / ched i' non fui unquanche conosciuto / in luogo, tanto vi potesse usare, la voce (riferita al potere di contraffazione di Falsembiante), si carica di significati morali. Sempre nel discorso di Falsembiante, in CIII 6 ch'i' non vo' che l'abito a lor fazzone / e predicar dolze predicazione, l'espressione a lor fazzone vale " a loro somiglianza " (cfr. l'Abate di Tivoli Oi deo d'amore 4 " cad io son tutto fatto a tua manera: / agio cavelli e barba a tua fazone ").