ONDULANTE, FEBBRE (sinon.: febbre di Malta, f. melitense, f. mediterranea, setticemia di Bruce, ecc.)
È una malattia infettiva umana, attualmente in via di crescente diffusione in tutti i continenti, che viene per lo più trasmessa all'uomo da alcuni animali domestici nei quali la stessa infezione decorre senza sintomi apparenti di malattia o con sintomi diversi che nell'uomo.
È dunque praticamente legata alla presenza di animali infettanti, e si trova in ogni parte della terra ov'è possibile la vita di caprini, ovini, bovini, sino a circa il 60° parallelo di entrambi gli emisferi. Per lungo tempo si era invece considerata come malattia propria del bacino del Mediterraneo, dov'è sempre stata endemica con tendenza talora a sviluppi epidemici, e dove si sono fatti i primi studî sulla sua natura e sulle sue cause.
Quadro clinico. - La febbre ondulante si manifesta essenzialmente con febbri, di lunga durata, non accompagnate da speciali e importanti localizzazioni viscerali, né superficiali: le cosiddette "febbri essenziali" dei vecchi autori. Perciò è sempre stato difficile distinguerla come malattia a sé sulla sola scorta delle manifestazioni morbose, e andava spesso confusa con altre febbri di diversa natura, quali, per es., il tifo, la malaria; e solo la scoperta (D. Bruce, 1887) del microbio specifico e la possibilità di riconoscerne la presenza nei malati, ha permesso una facile e sicura identificazione e separazione della febbre ondulante da tutte le altre malattie febbrili similari.
L'infezione melitense umana è dunque caratterizzata di regola dalla febbre. Si dànno, per vero dire, casi di individui in buona salute, e quindi senza febbre, che risultano portatori del germe specifico della febbre ondulante. In tali soggetti esiste dunque una infezione da questo microbio, senza la corrispondente malattia: condizione simile a quella che si riscontra negli animali, ove anzi tale condizione è la regola, mentre nell'uomo è l'eccezione. La febbre dell'infezione melitense umana può assumere aspetti straordinariamente varî da caso a caso, per cui non si può parlare di curve febbrili tipiche, quali si presentano in altre malattie infettive.
I tipi febbrili e le corrispondenti forme cliniche più comuni di febbre ondulante sono i seguenti:
1. La febbre, iniziatasi subdolamente, compare di solito nelle ore vespertine, talora al meriggio o poco prima, e giunge in poche ore a 37°, 38°-38°,5. Si possono avere anche solo pochi decimi sopra 37°; più rare sono elevazioni termiche cospicue, ma, anche in questo caso, di breve durata. Nel rimanente della giornata la temperatura è normale o quasi. Si hanno talora anche più accessi nelle 24 ore separati da completa apiressia. Associata a insonnia e cefalea, inappetenza, stanchezza, malessere, stitichezza, talora dolori reumatoidi fuggevoli e vaganti, ingrossamento della milza, la febbricola dura incoercibile per settimane, mesi, talora anche per anni. I malati che si nutrono presentano scarso risentimento generale; gli altri appaiono anemici, decaduti di nutrizione e di forze. Simili forme sono ben conosciute nell'Italia meridionale come febbricole, di vario nome secondo le località.
2. Altre volte la febbre si presenta più elevata e tenace e riveste ora il tipo continuo (che simula un tifo), ora il tipo intermittente (che simula la malaria o le infezioni suppurative): febbri di questo genere possono durare per tutto il corso della malattia, cioè per settimane o anche mesi.
3. Ma molto più spesso - e ciò costituisce un lato veramente caratteristico di quest'infezione - dopo due o tre settimane la febbre scompare e l'ammalato si sente e si crede sulla via della guarigione; mentre dopo 4-7-14 giorni (talora dopo oltre un mese) la febbre ricompare, e si ripete un periodo di malattia come il precedente, ma per lo più meno grave e meno lungo. Si possono avere successivamente due o tre ricadute, ma possono giungere a sei o sette. Queste recidive si presentano tanto spesso in questa malattia, che non si possono considerare alla stessa stregua delle ricadute delle altre malattie infettive, nelle quali costituiscono evenienze accidentali. Qui, invece, la ricaduta costituisce quasi la regola dando un'impronta speciale a questa forma morbosa. Tali febbri erano una volta chiamate febbri a ricadute, febbri ricorrenti o ricorrenti periodiche. Osservate nel primo periodo, quando la temperatura era continuo-remittente, si scambiavano molto facilmente col tifo; il successivo decorso ne dimostrava la differenza, ma la somiglianza iniziale valse a dare a queste febbri il nome di "pseudotifoidi".
4. In alcune regioni, per es. a Malta (meno nell'Italia continentale e in Sicilia), i singoli attacchi febbrili non sono separati da periodi di completa apiressia e benessere, ma per lo più la temperatura, dopo aver raggiunto un culmine, discende gradatamente, e, prima di raggiungere la norma, riprende gradatamente a salire costituendo un secondo attacco, e così di seguito. In questi casi la curva termica ha una forma ondulatoria, onde il nome dato alla malattia dai medici inglesi di febbre ondulante, nome che si è poi esteso anche a tutti gli altri tipi febbrili.
Nelle forme di una certa intensità, sono sintomi frequenti associati alla febbre: i sudori, spesso molto profusi, la cefalea, la prostrazione generale, una dolorabilità diffusa al tronco e agli arti, la quale può localizzarsi lungo tronchi nervosi oppure in corrispondenza di articolazioni, che però non appariscono tumefatte o lo sono poco; disappetetenza e stitichezza ostinata, ingrossamento della milza e del fegato. Quando il paziente entra in convalescenza, appare denutrito, anemico, depresso. Questi sintomi sono molto meno spiccati se durante il periodo febbrile il paziente si è bene nutrito ed è stato trattato con alte dosi di stricnina. Possono persistere ostinate nevralgie. Complicazioni relativamente facili sono le infiammazioni testicolari; rare le gravi complicazioni viscerali; ma sono possibili lesioni nervose, cardiache, aborti, lesioni della colonna vertebrale simulanti altre forme morbose (specie tubercolari).
Diagnosi. - In base ai sintomi esteriori rilevabili con i comuni esami medici, non è possibile un sicuro riconoscimento della malattia. L'accertamento è fondato sul reperto del microbio specifico nel sangue circolante (emocoltura batteriologica del sangue prelevato dalla vena del braccio), oppure sulla dimostrazione di un elevato potere agglutinante del siero di sangue del paziente verso le sospensioni dei germi specifici (cosiddetta siero-reazione di Wright, che deve essere positiva a diluizioni del siero di oltre 1:200). Si può anche praticare a scopo diagnostico la prova della cutireazione, analoga a quella tubercolinica.
Prognosi. - Ordinariamente la febbre ondulante comporta uno scarso pericolo per la vita: ma la durata imprevedibile, il grave deperimento organico residuale e la conseguente invalidità rendono temibile questa malattia, che, anche per la sua facile diffusione, costituisce, si può dire, un pericolo sociale.
Cura. - La malattia tende spontaneamente a guarigione; ma data l'imprevedibile durata di essa, conviene tentare una terapia causale. La più consigliabile è a base di vaccini; e oggi si tende ad adottare sistematicamente in questa infezione la vaccinazione per via endovenosa anziché sottocutanea. Se usato con prudenza un simile trattamento endovenoso non offre alcun pericolo e dà spesso brillanti risultati. I sieri sono poco efficaci. Si possono adoperare anche i soliti medicamenti contro le malattie infettive generali. D'indiscutibile efficacia è il cambiamento d'aria, da consigliare sempre che sia possibile, e specie in montagna; si possono avere così guarigioni immediate in casi gravissimi.
Anatomia patologica. - Le lesioni materiali sono scarse. Appaiono interessati solo gli organi della sanguificazione, cioè milza, midollo osseo, ghiandole linfatiche e fegato. Appunto in questi tessuti si localizza preferibilmente il microbio specifico, e vi determina fatti degenerativi circoscritti, intense congestioni sanguigne, e anche emorragie. Da queste sedi di elezione il microbio passa poi nella circolazione sanguigna dove è molto spesso reperibile.
Etiologia, epidemiologia. - La febbre ondulante è sostenuta da un batterio strettamente parassitario (cioè incapace di vita autonoma fuori di un organismo) appartenente al genere Brucella: onde il nome di brucellosi dato alla relativa infezione. L'uomo malato e convalescente di brucellosi, cioè di febbre ondulante, è pericoloso per gli altri solo in quanto elimina i germi con le urine, mentre il contagio diretto da malato a sano, poco frequente, non ha particolare importanza nella diffusione della malattia. La fonte principale dell'infezione umana è nelle capre e pecore infette, e anche, per quanto in minor grado, nelle vacche.
Capre e pecore infette da questo germe non ne risentono di regola alcun danno manifesto (talora, ma di rado, si ha l'aborto), e nessuno le potrebbe considerare né sospettare malate; ciò che le rende assai più pericolose. Il latte e le urine di questi animali contengono spesso enormi quantità di microbî. L'ingestione di latte crudo o derivati del latte è una delle più frequenti cause di malattia; rappresenta anzi la via abituale d'infezione. Inoltre i germi emessi con gli escreti e sollevati con la polvere possono giungere sulla congiuntiva oculare, o essere inalati, o ingeriti, e dare anche per queste vie la febbre ondulante. Il lattaio che munge animali portatori del germe s'infetta per lo più attraverso qualche escoriazione della pelle delle mani. Infine le mani sporche e comunque contaminate col germe, portate alla bocca, sono spesso responsabili della malattia (per es., in chi lavora, senza le dovute precauzioni, nei laboratorî batteriologici, con colture di questo microbio: cosiddette "infezioni di laboratorio" assai frequenti).
Nei bovini l'infezione può decorrere tale e quale come nei caprini e ovini; ma per lo più la brucellosi di questi animali è causa di una delle più importanti malattie infettive del bestiame, e cioè dell'"aborto contagioso o epizootico" delle vaccine. A parte però quest' episodio morboso, assai frequente, la brucella si comporta anche nei bovini come microbio abitualmente innocuo per l'animale e che si elimina spesso col latte e con le urine. È inoltre singolare e notevole il fatto che nella grande maggioranza dei casi la brucella delle vacche è innocua per la specie umana. Cosicché, com'è noto, in regioni infestate dall'aborto epizootico si può ignorare la febbre ondulante, cioè l'infezione umana. Tuttavia in certe regioni, e in certe condizioni non bene precisabili, l'infezione dei bovini si può trasmettere all'uomo provocando la febbre ondulante. Questa trasmissione ha luogo non solo col latte ingerito crudo, ma anche per contagio diretto negl'individui che assistono le vaccine infette che hanno abortito (veterinarî, stallieri), e in questi ultimi casi la malattia può decorrere assai gravemente e con più elevata mortalità, mentre la malattia da ingestione di latte bovino è per lo più assai mite. Va infine rilevato che nelle zone ove infierisce l'aborto epizootico i bambini, pur bevendo abitualmente latte, non dànno nessun contributo alla febbre ondulante.
Questa scarsa, o per lo meno saltuaria, infettività per l'uomo del germe dell'aborto dei bovini, unitamente ad altri caratteri differenziali, autorizza a distinguere due specie (o varietà) di brucelle: la Brucella melitensis, tipicamente caprina e sempre pericolosa per l'uomo; e la Br. abortus, tipicamente bovina e accidentalmente pericolosa per l'uomo. Per spiegare questo diverso comportamento rispetto all'uomo di due germi nel resto tanto simili, si sono avanzate varie ipotesi; per es., che l'infezione dei bovini possa essere sostenuta da germi di diversa genealogia: alcuni dei quali sono da tempo immemorabile parassiti strettamente specifici dell'organismo bovino, e questi sarebbero incapaci di attecchire nell'uomo; mentre altri di più recente formazione deriverebbero dal germe caprino (che è altamente patogeno per l'uomo) e si sarebbero adattati ai bovini senza però avere ancora perduta la capacità di infettare l'uomo. Va ricordato che in certi paesi (Stati Uniti d'America, raramente in Europa), la febbre ondulante può essere trasmessa all'uomo anche dai suini; e che, dappertutto, il microbio della febbre ondulante può essere ospitato nell'organismo di numerose specie animali (muli, cavalli, asini, cani, gatti, ecc.).
Profilassi. - Nella difesa individuale, oltre alle solite norme igieniche contro qualsiasi infezione di origine alimentare, occorre, nei paesi ove la febbre ondulante è endemica, evitare l'uso del latte crudo (basta una brevissima bollitura per renderlo innocuo), e anche di certi formaggi e del burro, e sorvegliare la provenienza della verdura e frutta. In alcuni casi di particolare esposizione al contagio si può consigliare la vaccinazione preventiva.
La profilassi generale è basata su norme di polizia veterinaria. Non potendo sopprimere gli animali infetti, né liberarli sicuramente dall'infezione, occorre per lo meno limitarne gli spostamenti territoriali, specie dei greggi caprini e ovini che sono i più pericolosi e che spesso infettano i bovini, e circoscrivere i focolai d'infezione: compiti questi che in pratica risultano di difficile attuazione.
Bibl.: A. lustig e G. Vernoni, La febbre ondulante, Torino 1927; A. Alessandrini e M. Pacelli, Un pericolo sociale, Roma 1932.