FEBBRE (XIV, p. 922)
La febbre secondo una concezione ormai classica è una sindrome neurovegetativa, dovuta a stimolazione del centro termoregolatore principale nell'ipotalamo (tuber cinereum). Negli ultimi anni si ha una ripresa di concezioni più antiche, che davano importanza, più che alla alterazione di un centro nervoso (o meglio di un sistema complesso di centri ingranati nella termoregolazione chimica e fisica) ad alterazioni periferiche del metabolismo cellulare o degli scambî calorici. Così L. Giuffré anche di recente ha riassunto le sue antiche idee, ammettendo che l'ipertermia febbrile derivi dalle reazioni esotermiche che gli agenti febbrigeni (batterî) provocano nei tessuti. Una concezione di G. Vernoni tende pure a ridurre, senza negarla, l'importanza dei meccanismi nervosi centrali per mettere in evidenza la termogenesi nel muscolo: il calore febbrile dipenderebbe da un'eccitazione del metabolismo nel muscolo, senza quella dilatazione dei capillari quale si ha nella attività contrattile, onde insufficiente irrigazione e stasi calorica. Che il metabolismo di riposo del muscolo abbia parte considerevole nella termogenesi è da tutti riconosciuto; ma Vernoni vuol tener conto della capillarizzazione degli organi nella economia calorica.
Si tende anche (Th. A. Maass, M. Aresu) a non distinguere più troppo rigidamente fra ipertermie veramente febbrili (centrogene) e non febbrili; ed è spesso ammessa una pluralità di meccanismi genetici, con forme su base neurovegetativa centrale (anche vere febbri nervose, da distonie neurovegetative), forme ingrananti nella termoregolazione perifericamente e forme da influenze protoplasmatiche dirette (azione sperimentale del blu di metilene). Anche le ricerche di L. Barelli sulla ipertermia prodotta con la tetraidronaftilamina, considerata tipico agente febbrigeno, parlano per un punto d'attacco multiplo, in varî distretti del nevrasse (oltre che nell'ipotalamo), in organi endocrini, nei muscoli.
Quanto agli agenti febbrigeni, ricordiamo nuovi apporti (di E. Centanni, B. Borghi, eec.) alla concezione della loro unicità: è possibile estrarre da autolisati batterici, per dialisi, delle frazioni che non hanno azione febbrigena, ma stimolano la fagocitosi e le difese immunitarie in genere; mentre restano distinte delle frazioni febbrigene. Con questo si verrebbe anche a dissociare il fattore ipertermia-febbre da tutto il complesso delle reazioni difensive; e sarebbe posto in dubbio il tanto discusso finalismo dell'ipertermia febbrile.
Bibl.: M. Aresu, in Rassegna clinico-scientifica, 1932, n. 5; L. Barelli, in Boll. Ist. Sierot. Milanese, 1931, n. 10, pp. 486 e 577; B. Borghi, in Rassegna clinico-scientifica, 1939, n. 8; E. Centanni, in Deutsch. med. Woch, 1940, n. 10, p. 263; L. Giuffré, in Nuova medic. italiana, XIII (1940), n. 1; Th. A. Maass, in Oppenheimer, Handb. d. Biochem., Ergänzungswerk 3, 1936, p. 248; G. Vernoni, in Sperimentale, XCIV (1940), p. 3.