Fecondazione
La fecondazione è il momento fondamentale della riproduzione sessuale e consiste nell'unione di due gameti di sesso diverso, allo scopo di produrre un uovo fecondato, o zigote, da cui si svilupperà un nuovo individuo. Il processo, dunque, assicura la sopravvivenza della specie, creando nuovi individui prima della scomparsa dei loro genitori. Nella specie umana, così come in tutti i Mammiferi, la fecondazione è tipicamente interna, avviene cioè all'interno dell'apparato riproduttivo femminile, e implica una serie di processi in cui i gameti dei due sessi subiscono trasformazioni atte a permetterne la fusione. Negli ultimi decenni del 20° secolo sono state messe a punto numerose tecniche di fecondazione assistita, al fine di rendere possibile il concepimento anche in casi di sterilità maschile e femminile (v. fertilità; procreazione assistita).
Il fenomeno biologico della fecondazione è stato osservato solo nel 19° secolo, ma la sua funzione vitale era stata ipotizzata in tempi molto più remoti. Già Ippocrate riteneva che l'unione di semi (quelli che oggi si dicono gameti), derivati sia dall'uomo sia dalla donna, fosse necessaria per la procreazione; secondo Aristotele, al contrario, la donna sarebbe stata solo il ricettacolo all'interno del quale si esprimeva il seme maschile. Ad Aristotele, tuttavia, si deve una prima individuazione del carattere epigenetico dello sviluppo embrionale, inteso come una costruzione progressiva, attraverso una graduale trasformazione di materiali e strutture.
Nel 17° secolo le teorie preformiste rappresentarono un regresso rispetto alla concezione epigenetica: la teoria ovista, successiva alla descrizione delle ovaie da parte di R. de Graaf (1672), affermò una predominanza femminile nel concepimento, sostenendo che tutti i nascituri erano contenuti gli uni dentro gli altri all'interno della cellula uovo. La teoria animalculista o spermista, affermatasi in seguito alla scoperta degli spermatozoi da parte di L. Ham (1677), allievo di A. van Leeuwenhoek, restituì, poi, il ruolo preponderante al maschio, proponendo l'esistenza all'interno della testa degli spermatozoi di un 'animalculo' da cui si sarebbe sviluppato il nuovo individuo. Nel 18° secolo, in seguito all'individuazione della partenogenesi, cioè dello sviluppo di uova non fecondate, negli afidi, le teorie oviste ebbero di nuovo il sopravvento. Solo nel 1875, quando la fecondazione fu compiutamente descritta dal biologo tedesco O. Hertwig, si arrivò a riconoscere la partecipazione equivalente dei due sessi, concezione avvalorata dalla successiva scoperta dei cromosomi e delle leggi dell'ereditarietà.
Alla luce delle attuali conoscenze, si deve tuttavia continuare ad ammettere una sorta di supremazia femminile nella procreazione, non solamente perché l'organismo femminile ne è la sede esclusiva, ma anche perché la cellula uovo partecipa più dello spermatozoo al concepimento. Essa fornisce infatti le riserve necessarie all'inizio dello sviluppo (fino al 3° giorno) e anche i mitocondri, organelli cellulari portatori di una propria informazione genetica.
Dopo la loro formazione nel testicolo, gli spermatozoi subiscono modificazioni modeste, ma indispensabili perché diventino capaci di fecondare. Queste modificazioni avvengono dapprima nell'organismo maschile (maturazione nell'epididimo, formazione dello sperma), poi nelle vie genitali femminili (capacitazione, iperattivazione, reazione acrosomiale). L'epididimo è un organo situato sul margine posterosuperiore del testicolo ed è costituito da un canale raggomitolato, che lo spermatozoo percorre in alcuni giorni. In questo periodo, il gamete maschile diviene mobile, con l'attivazione del suo sistema flagellare. Inoltre, la parete del canale dell'epididimo secerne numerose molecole proteiche, alcune delle quali rimangono sulla superficie del gamete fino alla fecondazione, permettendo allo spermatozoo di riconoscere il rivestimento esterno dell'ovocita (zona pellucida) o la sua membrana cellulare e di aderire a essi. Al momento della formazione dello sperma, le vescichette seminali producono anche altre sostanze (lattoferrine, fattori di decapacitazione) che mascherano queste proteine di superficie degli spermatozoi, così che la fecondazione è possibile solo dopo l'eliminazione del liquido seminale. Tali vescichette e la prostata forniscono anche delle sostanze che assicurano le condizioni ottimali per la sopravvivenza degli spermatozoi, e queste stesse secrezioni maschili veicolano i gameti fino al fondo della vagina al momento dell'eiaculazione (v.). I 200 milioni di spermatozoi così introdotti nella vagina si trovano di fronte a una secrezione viscosa del collo uterino: il muco cervicale. Questo muco glicoproteico, solitamente organizzato in una densa rete che impedisce ai gameti maschili di accedere all'utero, nel periodo ovulatorio, sotto l'influenza dell'estradiolo prodotto in quantità rilevante prima dell'ovulazione, diventa invece abbondante, fluido e organizzato in filamenti che conducono gli spermatozoi verso l'utero.
Fin da questo primo momento si compie una selezione dei gameti più motili, mentre gli spermatozoi che non penetrano nell'utero sono rapidamente distrutti dal pH acido della vagina, che il liquido seminale aveva momentaneamente neutralizzato. L'attraversamento dell'utero è rapido e dipende più dalle contrazioni uterine che dalla motilità propria dei gameti. Infine, alcuni spermatozoi, tra quelli più idonei, arrivano nella parte bassa della tuba (istmo), dove vengono conservati per essere liberati a ondate e raggiungere l'ampolla della tuba, sede della fecondazione.
Durante la risalita delle vie genitali femminili, i gameti maschili subiscono il cosiddetto processo di capacitazione, che ha inizio nel muco cervicale con la rimozione del liquido seminale e delle proteine che si erano associate alla membrana degli spermatozoi nelle vie genitali maschili. Successivamente, enzimi secreti dall'utero e dalle tube agiscono su altre proteine integrate nella membrana dei gameti, modificandone la densità, la struttura e la localizzazione. In questo modo, la membrana degli spermatozoi diviene più permeabile agli ioni calcio, e ciò ne determina l'iperattivazione, cioè l'acquisizione di una particolare motilità; inoltre, la zona della membrana dove si trova l'acrosoma, una vescicola situata nella porzione apicale della testa del gamete, viene privata delle proteine, fatto, questo, che permetterà la realizzazione della successiva reazione acrosomiale, quando lo spermatozoo avrà incontrato l'ovulo. Le fasi successive della fecondazione saranno poi realizzate solo da questi spermatozoi capacitati; tuttavia, mentre la sopravvivenza degli spermatozoi appena eiaculati può durare diversi giorni, la capacitazione è associata a una breve durata del potere di fecondazione.
Quella che viene comunemente chiamata cellula uovo è in realtà l'ovocita secondario maturo, pronto a partecipare alla fecondazione. Questa cellula presenta uno stato cromosomico non definitivo, poiché la seconda divisione meiotica è rimasta bloccata in metafase e si completerà solamente dopo l'eliminazione del secondo globulo polare, che trasporta la metà dei cromatidi fuori dalla cellula. In seguito alla maturazione dell'ovocita, ovvero 37 ore dopo il rilascio dell'ormone luteinizzante (LH) da parte dell'ipofisi, avviene l'ovulazione, ovvero l'espulsione della cellula uovo dal follicolo, a causa della contrazione delle cellule mioidi della teca esterna di quest'ultimo. Ritmi cronobiologici preferenziali fanno sì che la rottura del follicolo avvenga più spesso nel pomeriggio, verso le 16. La rottura follicolare è la conseguenza di azioni enzimatiche complesse riguardanti una regione della parete del follicolo, che appare distesa a causa della pressione del liquido interno. La cellula uovo così liberata viene circondata da una massa cellulare, detta cumulo ooforo, che l'accompagna fino alla tuba; questo insieme costituisce una massa viscosa di diversi millimetri, che presenta una larga superficie alla quale possono aderire numerosi spermatozoi. Dopo l'ovulazione, la fecondazione fisiologica deve avvenire nelle 24 ore, e questo spiega l'assenza di fecondazione se la cellula uovo non si trova rapidamente a contatto con gli spermatozoi.
Malgrado il gran numero di spermatozoi depositati nella vagina al momento dell'eiaculazione, soltanto qualche migliaio sarà disponibile nella tuba per un eventuale incontro con il gamete femminile e solo qualche decina raggiungerà effettivamente il cumulo ooforo. È noto che un solo spermatozoo porterà a termine la fecondazione, ma questo non significa che tutti gli altri siano inutili: il loro acrosoma libera infatti l'enzima ialuronidasi, che assicura il dissolvimento della matrice del cumulo, costituita da acido ialuronico, e permette così l'avanzamento di alcuni gameti verso la cellula uovo. Diversi spermatozoi, tutti capacitati, giungono dunque fino alla zona pellucida che circonda la cellula uovo e aderiscono alla sua superficie. Questa adesione è il risultato di un'interazione tra le proteine di membrana dello spermatozoo e le glicoproteine costitutive della zona pellucida. La glicoproteina ZP3, responsabile di questo legame, è diversa nelle varie specie di Mammiferi e il gene che la codifica è stato da poco sequenziato nella specie umana.
Dal momento della sua adesione, lo spermatozoo viene attivato e ha inizio la reazione acrosomiale, con la fusione della sua membrana plasmatica con la membrana esterna dell'acrosoma: così, gli enzimi acrosomiali vengono liberati e permettono l'avanzamento del gamete nella zona pellucida. Questa reazione acrosomiale è indotta dalla presenza di ioni calcio e da diverse molecole che si trovano nelle tube, come il progesterone. Al termine di tale processo, lo spermatozoo diviene incapace di attraversare il cumulo ooforo o di attaccarsi alla zona pellucida ed è quindi l'azione di molecole ovariche, particolarmente la ZP3, che caratterizza la reazione acrosomiale dello spermatozoo fecondante.
Appena uno spermatozoo ha attraversato la zona pellucida, la sua membrana postacrosomiale si fonde con la membrana plasmatica della cellula uovo; questa fase è anche il risultato dell'interazione di molecole specifiche, portate rispettivamente dalle membrane della cellula uovo e dello spermatozoo. La fusione provoca la liberazione degli ioni calcio conservati nel reticolo endoplasmatico della cellula uovo e questo evento è responsabile dell'attivazione del gamete femminile.
Tale attivazione comprende numerosi cambiamenti che sopravvengono in meno di un'ora: a) la meiosi termina con l'espulsione del secondo corpuscolo polare, che porta fuori dalla cellula uovo la metà dei cromatidi; b) il materiale genetico della cellula uovo si ammassa sotto forma di cromatina densa, all'interno del pronucleo femminile aploide; c) il potenziale di membrana cambia e la permeabilità agli ioni potassio si accresce; d) avviene la cosiddetta reazione corticale, grazie alla quale i granuli corticali, disposti sotto la membrana della cellula uovo, si fondono con essa e liberano nello spazio perivitellino, sotto la zona pellucida, alcuni enzimi che rendono questa zona impermeabile ad altri spermatozoi, impedendo così la polispermia; e) la fagocitosi dello spermatozoo fecondante libera un fattore proteico, che induce nella cellula uovo oscillazioni continue nella quantità di calcio; f) la cromatina dello spermatozoo è decondensata dall'azione di un fattore ovocitario acquisito durante la maturazione e indispensabile per la formazione del pronucleo maschile.
L'eliminazione del piccolissimo globulo polare consente all'uovo di terminare la divisione meiotica, conservando solo la metà del suo materiale genetico (aploidia), senza perdere le sue riserve citoplasmatiche. D'altro canto, al momento della formazione del pronucleo maschile si è ricostituito il volume nucleare dello spermatide, che era stato temporaneamente condensato per facilitare il movimento del gamete. Qualche ora dopo la formazione dei pronuclei maschile e femminile, in ognuno di essi separatamente avviene una replicazione di DNA e comincia la profase della prima mitosi; successivamente, i due pronuclei migrano verso il centro dell'uovo, grazie alle contrazioni dei microfilamenti citoplasmatici. A questo punto non c'è una reale fusione dei nuclei, ma si osserva la scomparsa delle loro membrane e il mescolamento dei cromosomi per la metafase della prima divisione. La 'messa in comune' del genoma paterno e di quello materno in un unico genoma viene considerata generalmente come l'inizio di un nuovo essere vivente. Da questo momento la fecondazione è terminata e comincia, dunque, lo sviluppo embrionale.
Circa 30 ore dopo l'inizio della fecondazione, i cromosomi duplicati si dividono infatti in due gruppi equivalenti, ognuno dei quali va a costituire il nucleo delle prime due cellule dell'embrione o blastomeri. Le divisioni si susseguono e il numero delle cellule va incontro a progressivi raddoppi, finché l'embrione migra verso l'utero, raggiungendolo al 3° giorno. Verso il 5° giorno si forma nella massa cellulare una cavità centrale, il blastocele, delimitata da uno strato monocellulare continuo, il trofoblasto, con un polo pluricellulare, il bottone embrionale. Dal trofoblasto e dal bottone embrionale si sviluppano, rispettivamente, la placenta e l'embrione. Questa formazione, detta blastocisti, si libera della zona pellucida e comincia ad annidarsi nella mucosa uterina: a partire dal 7° giorno inizia l'impianto dell'embrione.
La specie umana si distingue per la scarsa efficienza della sua procreazione. La frequenza dei concepimenti che non si concretizzano in una gravidanza diagnosticata non è nota, poiché vi sono aborti precoci, per i quali è impossibile individuare il concepimento; è tuttavia accertato che soltanto una volta su quattro il ciclo ovarico, posto nella condizione di procreare, dà origine a una nascita. Contrariamente agli animali, nei quali l'accoppiamento è limitato ai periodi fecondi della femmina, i rapporti sessuali tra uomini e donne rispondono più agli impulsi della psiche che agli automatismi della fisiologia, e questo è uno dei motivi dell'insuccesso, ai fini del concepimento, della maggior parte di questi rapporti, considerando anche che gli spermatozoi sopravvivono solo 2 o 3 giorni dopo l'eiaculazione e l'uovo, come già detto, è fecondabile solo nelle 24 ore successive all'ovulazione. Inoltre, numerosi gameti umani sono portatori di anomalie genetiche, alcune delle quali impediscono lo sviluppo dell'uovo fecondato. Circa il 10% degli spermatozoi e il 25% delle cellule uovo presentano un'anomalia nel numero dei loro cromosomi, oltre a svariate mutazioni geniche, la cui frequenza e letalità sono largamente sconosciute. Per questi motivi, anche quando la fecondazione ha luogo, il concepimento può rivelarsi patologico. Questi concepimenti geneticamente anormali, pur esitando molto spesso in aborti precoci, costituiscono ancora il 2% dei bambini nati vivi. Nella specie umana si notano, inoltre, numerosi casi di sterilità o di ipofertilità, la maggior parte dei quali concerne le tappe del concepimento e affligge quasi altrettanto frequentemente l'uomo e la donna, anche se solitamente è per prima la donna a richiedere l'intervento medico. Tra le anomalie femminili, si segnalano più spesso disordini dell'ovulazione (32%) o danni alle tube (26%), mentre i problemi maschili riguardano soprattutto le alterazioni dello sperma (48%) o l'assenza di spermatozoi (9%); per l'8% delle coppie non fertili, gli esami disponibili non permettono di avanzare alcuna spiegazione. Inoltre, la fecondazione non avviene se i gameti non sono presenti nella tuba (per carenza di rapporti sessuali, di ovulazione, di eiaculazione ecc.) o se essi non si incontrano nel periodo in cui sono competenti (inseminazione sfasata nel tempo rispetto all'ovulazione).
La medicina moderna propone numerosi metodi per regolare quantitativamente i concepimenti, sia impedendoli (v. contraccezione), sia favorendoli, quando la coppia è infertile. Il concepimento 'naturale' (con ricorso al rapporto sessuale) può essere aiutato dal medico con interventi chirurgici od ormonali, secondo i problemi individuati nella coppia. Ma sono soprattutto le tecniche di fecondazione al di fuori del rapporto sessuale che hanno conosciuto un grande sviluppo nell'ultimo periodo, principalmente attraverso due metodi, l'inseminazione artificiale e la fecondazione in vitro con trasferimento d'embrione (FIVET, In vitro fertilization and embryo transfert; v. procreazione assistita). L'inseminazione artificiale venne descritta già due secoli fa dall'inglese J. Hunter, ma ha avuto un utilizzo relativamente modesto fino al secondo dopoguerra, anche a causa della sua condanna formale da parte della Chiesa cattolica nel 1897. Successivamente, si è affermata prima negli Stati Uniti e quindi in Europa, principalmente grazie sia allo sviluppo della tecnica del congelamento dello sperma (1953) sia al ricorso a sperma di donatori. L'uso della FIVET è iniziato nel 1978 e ha conosciuto da allora una rapida espansione, associando alla donazione dei gameti (spermatozoi o cellule uovo) la crioconservazione degli embrioni. La FIVET è il più efficace dei metodi di concepimento non naturale (13% di parti, contro l'8% per l'inseminazione artificiale) e può applicarsi a tutti i tipi di infertilità, femminile o maschile, aprendo nuove prospettive, indipendentemente da patologie e fattori fisiologici ostativi (quale il concepimento dopo la menopausa). Le sue applicazioni vanno oltre le difficoltà di concepimento, in quanto il metodo consente anche la scelta genetica degli embrioni prima del loro trasferimento nell'utero. Così la FIVET, malgrado il suo costo economico, fisico e psichico, è sempre più ampiamente proposta, richiesta e utilizzata. Non vi è tuttavia alcun dubbio che la maggior parte dei bambini sarà, per molto tempo ancora, concepito naturalmente, piuttosto che in un laboratorio.
J.C. Czyba, A. Montella, Biologie de la reproduction humaine, Montpellier, Sauramps Médical, 1993.
J. Testart, L'œuf transparent, Paris, Flammarion, 1986.
J. Testart, La procréation médicalisée, Paris, Flammarion, 1993 (trad. it. Milano, Il Saggiatore, 1996).