SOPRANSI, Fedele
– Nacque a Varese il 14 luglio 1751 da Antonio e da Giuseppa Parravicini.
Di antica famiglia del borgo, conseguì la laurea in giurisprudenza all’università di Pavia nel 1775 con una tesi in cui trattava anche dei rapporti fra Stato e Chiesa, sostenendo i diritti del primo in ambito ecclesiastico. Era cugino di Vittore, figlio di Paolo, nato e cresciuto a Varese e poi frate giansenista, che nel 1798, quando Fedele era già ministro di Polizia, gli chiese aiuto in occasione del sequestro dei suoi scritti considerati eversivi.
Stabilitosi nella capitale lombarda, Fedele coltivò interessi letterari e frequentò il mondo dei salotti, in particolare quello di Teresa Fogliazzi, nota ballerina che grazie alla protezione di Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg e di Antonio Greppi e all’amicizia con Metastasio si affermò sia a Vienna sia a Milano. Qui, a partire dal 1778, ella tenne rinomato salotto in contrada della Passione nel palazzo del fratello Francesco, poeta dell’Accademia dei Trasformati amicissimo di Giuseppe Parini. Lo frequentavano letterati e artisti famosi: da Gian Carlo Passeroni, altro dei Trasformati, a Pietro Moscati, Andrea Appiani, Giuseppe Piermarini, Cesare Beccaria, lo stesso Parini. Sopransi aderì subito agli ideali rivoluzionari e patriottici d’Oltralpe insieme all’amico Gaspare Angiolini, marito di Teresa, ammiratore di Beccaria, Rousseau e Voltaire, poi deportato dagli austriaci a Cattaro nel 1799. Con lui e con Gaetano Porro, Galeazzo Serbelloni, Giovanni Battista Sommariva e Felice Lattuada fece parte del club repubblicano che dal 1794 si riuniva segretamente «secondo alcuni presso Fedele Sopransi, secondo altri in una soffitta di piazza Fontana o nei solai dell’ospedale» (Cusani, 1867, p. 326). Nel 1795 rimase coinvolto finanziariamente nel fallimento di Carlo Ballabio, della ricca famiglia di commercianti e banchieri cui apparteneva sua moglie, detta Cecchina, ricordata per un difetto fisico (una gobba) e per essere un’intrigante ambiziosa che ne condizionò la carriera politica. Con «la demagoga Sopransi» (Fabris, 1901, p. 82) egli aderì alla Società degli amici della libertà e dell’eguaglianza, o Società popolare, aperta a Milano all’arrivo dei francesi in casa Kuvenhuller di via Rugabella. Il 21 maggio 1796 fu nominato tra i sedici membri della Municipalità provvisoria insieme a Galeazzo Serbelloni, Parini, Gaetano Porro, Pietro Verri. Il 28 maggio fu eletto con Parini e Michele Vismara in una commissione incaricata della diffusione dei lumi presso il popolo. Fu poi scelto insieme a Serbelloni e Carlo Nicoli a far parte della deputazione inviata a Parigi nel giugno per discutere dell’imposta di 20 milioni dovuta alla Francia e propugnare la costituzione di una repubblica indipendente lombarda. A tal scopo si fermò nella capitale francese per oltre un anno e da qui, nell’agosto del 1797, appoggiò l’inserimento di Venezia con la Dalmazia e l’Istria nella neocostituita Repubblica Cisalpina.
Già iscritto alla Società di pubblica istruzione, tornato a Milano partecipò alle riunioni del Circolo costituzionale, di cui fu anche moderatore, insieme ai poeti Giuseppe Giulio Ceroni, Ippolito Pindemonte, Ugo Foscolo, Vincenzo Lancetti, e dove fu tra i più acclamati come sostenitore dell’educazione popolare.
Il 6 dicembre 1797 fu nominato ministro di Polizia su proposta del direttore Pietro Moscati e si dichiarò subito uomo d’ordine, equidistante sia dagli estremisti di destra sia dai pericolosi anarchistes di sinistra. Il 13 aprile 1798 fu epurato dal generale Guillaume-Marie-Anne Brune a seguito del primo colpo di Stato della Cisalpina. A quel punto, pur essendo stato ritenuto fino allora tra i repubblicani più ardenti e irreprensibili, iniziò la sua clamorosa svolta politica. «Letteralmente offeso dall’esclusione datagli da Bonaparte nel primo Direttorio» (Custodi, 1940, p. 42), sostenne l’ambasciatore Claude-Joseph Trouvé, inviato in Italia per avversare i neogiacobini. Costui lo definì «le plus véritable ami des français» (Mémoires de La Revellière-Lépeaux, 1895, p. 269) e lo considerò potenziale delatore a Parigi di quanto accadeva in seno al governo cisalpino. A fine luglio insieme a Luigi Villa, Antonio Aldini, Giuseppe Beccalossi figurava tra «i perfidi cisalpini» (Vaccarino, 1955, p. 148) accusati di tradimento per aver collaborato al colpo di Stato antidemocratico che insediò a Milano un nuovo Direttorio sotto la presidenza di Girolamo Adelasio. Da questo momento fu in prima linea nello scontro tra ‘brunisti’ e ‘trouvisti’, dei quali Vincenzo Monti lo considerava il capo. Il 31 agosto 1798 fu nominato direttore cisalpino. Pochi giorni dopo fu destituito dal nuovo colpo di Stato del generale Brune del 19 ottobre, ma vi si oppose proclamando fermamente la legittimità della sua nomina; il 17 dicembre accettò di dare le dimissioni che rimasero però sulla carta. Restò, infatti, in carica fino all’arrivo degli austro-russi in Lombardia nell’aprile del 1799, quando gli furono sequestrati i beni.
Prese poi la strada dell’esilio in Francia, riuscendo a evitare la destinazione di Grenoble, sede dei suoi più acerrimi nemici. Non per questo ebbe vita facile a Chambéry, dove rimase a capo dell’esecutivo, né a Parigi dove i problemi finanziari lo spinsero più volte in missione. Qui il 12 luglio 1799 subì un terribile attacco dalla stampa periodica che lo accusava della mancata distribuzione ai rifugiati delle somme stanziate per loro dal governo francese. Le cri de l’Italie, noto manifesto repubblicano degli emigrati italiani, inserì il suo nome nell’elenco dei principali ‘traditori della democrazia’. Si diceva che avesse accarezzato tutti i partiti, compreso quello filoaustriacante. Nell’ottobre, al ritorno di Bonaparte dall’Egitto, insieme all’«inseparabile» Francesco Alborghetti ritornò a Parigi per «complimenter» il generale (Rao, 1992, p. 298). Era nella capitale francese nel febbraio del 1800 quando, improvvisando versi in latino, si misurò nel certame poetico con i suoi antichi avversari politici. Alla fine del 1801, per riguadagnare consensi, scrisse due odi in cui esaltava l’Institut national e celebrava Napoleone come novello Augusto. Malgrado l’ostilità di Francesco Melzi d’Eril, vicepresidente della Repubblica italiana, che lo accusava «non solo di rivoluzionario, di calunniatore e d’intrigante, ma anche di ladro» (I Carteggi..., 1958-1966, I, p. 200), fu nominato giudice del tribunale di Cassazione (15 aprile 1802) e riconfermato nella carica sotto il Regno italico (18 maggio 1807), ricoprendola fino alla restaurazione austriaca (1814). Nel 1805 accolse favorevolmente la notizia dell’allontanamento di Melzi dalle cariche di governo. Invano, come il cugino Luigi, nel 1808 fu compreso tra i candidati al Senato.
Tornato a vita privata, dopo il 1814 Sopransi si dedicò alla professione di avvocato e alle lettere. Nel 1823, «trito da una continua lettura di Virgilio» (Ape della letteratura italiana, II (1823), p. 117), tradusse in latino La Pentecoste di Alessandro Manzoni. Nel 1825 era già famoso come filologo anche all’estero e, non smentendo l’antica ambizione, si vantò di essere uno dei maggiori poeti moderni latini.
Morì a Milano il 7 febbraio 1826.
Opere. Fragment d’un poëme latin sur la révolution par le citoyen Sopransi, Paris 1797; Recurrente fundationis Reipublicae die oda, in Le Moniteur universel, 28 settembre 1801; De Pace plausus poeticus, Paris 1801 e In maritimam Anglorum tyrannidem imprecatio iambica, Paris 1803, entrambi in H. Krusell, Napoleon Bonaparte in lateinischen Dichtungen vom Ende des 18. Jahrhunderts bis zum Beginn des 20. Jahrhunderts, II, Von der Rheinreise und Kaiserkrönung bis zum Preußenfeldzug (1804-1806), Hildesheim-Zürich-New York 2015, pp. 34, 36; La Pentecoste. Inno di Alessandro Manzoni, colla traduzione latina di Fedele Sopransi, già consigliere della cessata Corte di cassazione, Milano 1823.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Archivio Marescalchi, bb. 41, 43, 43 ter, 45; Milano, Archivio storico civico, Stato civile, Estratti parrocchiali di morte 1826 (parrocchia di S. Ambrogio); Paris, Archives des affaires etrangères, Correspondance politique, Milan, 55-58; Archives nationales, s. AD, XV, 53 e s. AF, III, 71, 72, 551; San Vittore (Varese), Archivio parrocchiale, Registri nascite e battesimi, n. 6, progress. 127; Archivio di Stato di Varese, Catasto teresiano, comunità di Varese; Varese, Archivio storico civico, Biblioteca civica, cart. 16, f. 23; Archivio opere pie, cart. 27, f. 2 e cart. 29, f. 4; Dicasteri, cartt. 191, 260, 261; Uffici civici, p.a., cartt. 159, 163; Uffici e tribunali regi, p.a., cart. 141; Studi, p.a., cartt. 17, 18, 41, 113; Mémoires et documents, Italie, 15.
F. Coraccini [G. Valeriani], Storia dell’amministrazione del Regno d’Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, p. CXXVII; A new biographical dictionary of 3000 contemporary characters, III, London 1825, pp. 423 s.; A. Zanolini, Antonio Aldini e i suoi tempi, I, Firenze 1864, pp. 95, 4884; F. Cusani, Storia di Milano dall’origine ai nostri giorni, IV, Milano 1865, pp. 325 s., V, 1867, pp. 15-18; P. Verri, Storia dell’invasione dei francesi repubblicani nel milanese nel 1796, in Lettere e scritti di Pietro e Alessandro Verri, annotati e pubblicati dal dottor C. Casati, IV, Milano 1881, pp. 394, 404, 408 s.; Mémoires de La Revellière-Lépeaux, membre du Directoire executif de la République française et de l’Institut National, III, a cura di L.M. de La Revellière-Lépeaux, Paris 1895, p. 269; V. Bortolotti, Giuseppe Parini, vita, opere e tempi, con documenti inediti e rari, Milano 1900, p. 196; C. Fabris, Memorie manzoniane, Milano 1901, p. 82; T. Casini, Di alcuni cooperatori italiani di Napoleone, in Ritratti e studi, Roma 1914, pp. 398 s., 401, 416 s.; Id., I candidati al Senato del Regno Italico, in Rassegna storica del Risorgimento, III (1916), 1, p. 32; A. Ottolini, Note per una biografia di Vincenzo Lancetti, in Archivio storico lombardo, XLIII (1916), 1-2, pp. 166 s.; V. Monti, Epistolario di Vincenzo Monti, raccolto e ordinato da A. Bertoldi, II, (1797-1805), Firenze 1928, pp. 93-95, 102 s., 135 s., 147 s., 198 s.; I Comizi nazionali di Lione per la costituzione della Repubblica italiana, a cura di U. Da Como, I, Bologna 1934, pp. 77, 646, 660, 665 s.; C.A. Vianello, Pagine di vita settecentesca, Milano 1935, pp. 25, 31, 120 s.,150; M. Rosi, Dizionario del Risorgimento nazionale, IV, Milano 1937, pp. 316 s.; P. Custodi, Giornale degli avvenimenti cisalpini dall’8 fruttidoro anno VI (25 agosto 1798) al 3 giugno 1800, a cura di C.A.Vianello, Milano 1940, pp. 43, 74 s., 80 s., 84, 95, 104 s., 258; A. Ottolini, Lettere del Torti all’Aporti a proposito di una versione latina de “La Pentecoste” del Manzoni, in Archivio storico lombardo, LXVII (1941), 1-4, p. 166; C.A. Vianello, Luci ed ombre di Milano napoleonica, in Nuova rivista storica, XXVI (1942), 1-2, p. 220; G. Vaccarino, I patrioti ‘anarchistes’ e l’idea dell’unità italiana (1796-1799), Torino 1955, pp. 30 s., 144 s., 149, 191, 193, 198; I Carteggi di Francesco Melzi d’Eril duca di Lodi, a cura di C. Zaghi, I-IX, Milano 1958-1966, ad indices; S. Da Campagnola, Documenti inediti sul giansenista Vittore Sopransi (1739-1803), in Archivio storico per le province parmensi, s. 4, XIII (1961), p. 57; E. Arborio Mella, Milanesi in Francia fra il 1796 e il 1814, in Archivio storico lombardo, XCVI (1969), pp. 195-235 (in partic. pp. 201, 203, 222, 224 s.); M.C. Zorzoli, Le tesi legali all’università di Pavia nell’età delle riforme (1772-1796), Milano 1980, p. 95; A.M. Rao, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia (1792-1802), Napoli 1992, pp. 180, 196 s., 199, 237, 290, 298 s., 361 s.; C. Zaghi, Il Direttorio francese e la Repubblica Cisalpina. Con un’appendice di documenti inediti, I-II, Roma 1992, ad indices; S. Levati, La nobiltà del lavoro. Negozianti e banchieri a Milano tra Ancien Régime e Restaurazione, Milano 1997, pp. 219-222; V. Lancetti, Memorie intorno alla mia vita (1766-1851), a cura di E.C. Vantadori, Cremona 1998, pp. 62, 69-71, 118; L. Gagliardi, Tra politica dell’equilibrio e ‘nuova diplomazia’. La missione dei deputati milanesi presso il Direttorio della Repubblica francese (1796-1797), in Con la ragione e col cuore, a cura di S. Levati - M. Meriggi, Milano 2008, pp. 426 s., 429-431, 437, 442; K. Visconti, L’ultimo Direttorio. La lotta politica nella Repubblica Cisalpina tra guerra rivoluzionaria e ascesa di Bonaparte, 1799-1800, Milano 2011, ad indices; G. Schettini, La «fucina dello spirito pubblico». L’organizzazione dei circoli costituzionali nella prima Cisalpina (1797-1799), in Società e storia, 2015, vol. 150, p. 702.