WENNER, Federico Alberto
– Nacque il 17 gennaio 1812 a San Gallo, nella Svizzera tedesca, unico erede maschio di Rosine Zollikofer e di Georg Albrecht, rappresentante e poi socio della ditta tessile B. Bärlocher & Co.
Già a diciassette anni, Federico Alberto lavorava come commesso viaggiatore per una società elvetica, portando poi a termine l’apprendistato nella stessa San Gallo presso la Musselin Mittelholzer & Züblin.
Dopo la morte del padre (1825) e il matrimonio della madre (1828) con Johann Conrad Bärlocher, uno dei soci della B. Bärlocher & Co., nel 1829 Federico Alberto ottenne un lavoro nell’azienda del cugino Friedrich Züblin, quella Züblin Vonwiller & C. che associava al commercio su commissione la produzione di tessuti nel Regno delle Due Sicilie. Del resto, il trasferimento dovette apparirgli una scelta né traumatica né estranea al vissuto familiare. Intanto perché cosmopolitismo, transnazionalismo e mobilità erano tipici di merchant-bankers e imprenditori. Poi perché, pur considerando San Gallo la propria patria, in realtà i Wenner venivano da Lörrach, nel Baden, e Georg Albrecht era cittadino elvetico solo dal 1807. Infine, perché le migrazioni d’élite erano progetti multipolari e sempre in progress, che richiedevano un investimento nel luogo d’arrivo, ma lasciavano forti legami con la patria e una concreta prospettiva di ritorno, anche grazie a una pratica della scrittura e a una ricchezza che consentivano fitte corrispondenze, vacanze, periodi di studio e veri e propri pendolarismi con i luoghi d’origine. Nel 1834, Federico Alberto sposò infatti in Svizzera Rosalie Sulzberger, figlia del commerciante sangallese Johannes e di una Bärlocher, la famiglia con cui i Wenner avevano e avrebbero ancora intrecciato relazioni parentali e d’affari: la partnership del padre, il secondo matrimonio della madre, quelli di due sorelle di Federico Alberto, la sua discesa nel Mezzogiorno con Bartolomé Bärlocher e infine le nozze fra sua figlia Louise e Otto Bärlocher, figlio di Bartolomé.
Nelle Due Sicilie Wenner ebbe presto successo. Nel 1833 divenne socio della Züblin Vonwiller & C. Poi, nel 1835, entrò nella Escher & C., il cotonificio dello zurighese Hans Caspar Escher. Infine, fondò nel Salernitano con il connazionale Johann Conrad Schlaepfer una propria ditta per la filatura e la tessitura del cotone, la Schlaepfer Wenner & C. Questi erano tutti chiari esempi di come le partnership fossero il frutto di una duplice strategia. Da una parte, esse intrecciavano relazioni preesistenti e rapporti nati nell’ambiente protetto della Deutsche-französische evangelische Gemeinde di Napoli, la comunità che dal 1826 rappresentava il punto di riferimento per l’élite acattolica residente nel confessionale Regno duosiciliano, garantendole una socialità esclusiva e segregata, servizi e protezione in un contesto tendenzialmente ostile. Dall’altra, esse derivavano dalla sistematica opera di selezione condotta da una minoranza transnazionale preoccupata di reperire capitali, conoscenze e tecnici qualificati assenti in loco senza saturare un mercato non amplissimo: esattamente come avrebbe dimostrato il lungo soggiorno-studio in Inghilterra di Federico Alberto presso le società Schunck Souchay & C. e Belfield Printworks, i cui proprietari francofortesi acquisirono quote della Schlaepfer Wenner & C. in quello stesso 1839.
Partita rilevando da David Vonwiller una fabbrica ad Angri con 120 telai meccanici e 300 operai e un’officina a Fratte per l’imbiancatura e la tintura, la Schlaepfer Wenner & C. crebbe dai 120.000 ducati della fondazione ai 500.000 del 1854, arrivando a impiegare 1.400 dipendenti. L’impresa aumentò così notevolmente la produzione (da una media annua di 53.000 pezze nel 1839-48 alle oltre 200.000 del 1853) e poté distribuire sistematicamente dividendi cospicui (dal 5% al 21,5%). Ciò grazie non tanto al protezionismo e ai privilegi concessi dal governo borbonico, quanto piuttosto ad alcune congiunture favorevoli, alla pochezza della concorrenza interna e appunto al continuo ampliamento e miglioramento del parco macchine, al carattere endogamico delle imprese e alle reti relazionali transnazionali dei loro soci. La crescita si arrestò subito dopo l’Unità, in parte a causa delle pesanti tasse comunali sul consumo di carbon fossile. Ma presto Wenner superò la crisi con un ulteriore aumento di capitale (620.000 ducati), la ristrutturazione e l’ampliamento degli impianti esistenti, l’adattamento della produzione all’evolversi del mercato e la costruzione a Pellezzano sia di una filanda dotata di 25.000 fusi sia di una tessitoria con 200 telai meccanici.
L’autosegregazione su base identitaria e la ritrosia degli stranieri a partecipare alla vita pubblica non evitarono a Federico Alberto di doversi confrontare con i principali eventi politici accaduti nell’Italia del XIX secolo. Fu infatti fra gli imprenditori costretti a fronteggiare il malcontento operaio nel 1838, nel 1839 e nel 1843. Nel 1848 fu costretto a sottoscrivere il prestito forzoso lanciato dal governo borbonico, ottenendo però in cambio la difesa delle sue fabbriche dagli scioperi e dalle violenze luddiste di chi le accusava di sfruttare gli operai e danneggiare la locale manifattura a domicilio. Negli anni che precedettero l’Unità, proprio l’esito della rivoluzione quarantottesca, i sospetti delle autorità politiche e religiose nei confronti degli stranieri acattolici, l’acuirsi della repressione e la scarsa empatia per un nazionalismo italiano troppo intriso di cattolicesimo portarono Wenner e altri imprenditori svizzeri a scavare un ulteriore baratro fra sé e il regime. Così, nel 1860 Federico Alberto fu tra coloro che accolsero Giuseppe Garibaldi con favore, anche se ciò non intaccò né il suo distacco rispetto alla nazione italiana, né la sua condizione di non cittadino, né la scelta di mantenersi lontano dalla società ospite e dalla scena pubblica, se non per fare da vicepresidente della Camera di commercio di Salerno dal 1863 al 1866.
Questa scelta di diffidente autoisolamento fu rafforzata nel 1865 dal rapimento del figlio Friedrich e di due dipendenti ad opera della banda del brigante Gaetano Manzo, un episodio scioccante e risolto solo dopo quattro mesi con il pagamento di un riscatto attraverso mediatori locali. Benché ne avesse ottenuto la cittadinanza onoraria, in effetti Wenner seguitò a vivere a Pellezzano senza mai davvero integrarsi. E anzi fu fra i promotori della Fremdengemeinde Fratte, una comunità che già dal nome sottolineava l’alterità nazionale oltre che religiosa dei suoi membri, e che consentiva a elvetici e germanofoni legati alle attività produttive del territorio di vivere in una sorta di piccola Svizzera del tutto indipendente dalla società locale.
Morì il 29 agosto 1882 a Pellezzano.
Lasciò una comunità ben organizzata e un’azienda florida, da affidare a una generazione successiva avviata a replicare le strategie imprenditoriali e di mobilità paterne, ma seguendo un iter formativo più articolato e partendo da un prestigio e da capitali economici, umani e sociali di gran lunga superiori. Si spiega così il perché i rampolli Wenner furono perlopiù istruiti contemperando la componente commerciale e quella manifatturiera, oltre che integrando l’educazione a domicilio impartita da precettori e quella formale in scuole svizzere con soggiorni all’estero (in particolare nel Lancashire tessile), una particolare attenzione all’apprendimento delle lingue e un periodo di stage in fabbrica che precedesse l’acquisizione di quote e lo svolgimento di funzioni direttive. Ma si spiega sempre con la consapevolezza che le aziende nel Salernitano non avrebbero potuto assorbire tutti anche il fatto che solo quattro degli undici figli di Federico Alberto fossero destinati a restare nel Mezzogiorno per rafforzare i rapporti fra cotonieri o per portare avanti l’attività paterna. Mentre gli altri fratelli avviavano attività fra San Gallo, Torino e l’Inghilterra, e Louise seguiva il marito ad Augusta confermando il ruolo delle donne nel rinsaldare i legami con il mondo germanofono di provenienza, nel Sud rimasero infatti Stephanie, Oskar, Friedrich e Robert. Stephanie fu data in moglie a Carl Ludwig Schläpfer, figlio di Johann Conrad. Oskar portò all’altare Ernestine Mauke, figlia di un falegname svizzero impiegato nella Schlaepfer Wenner & C. Friedrich sposò invece una figlia dell’industriale tessile zurighese con base a Scafati Rudolph Freitag, aprendo la strada a una collaborazione culminata con la nascita nel 1887 della Roberto Wenner & C. Infine, anche Robert sposò una Freitag e, più ancora del fratello, fu intraprendente, pronto a collaborare anche con soggetti non omogenei dal punto di vista etno-religioso e decisivo nel realizzare l’unificazione dei cotonifici svizzeri e tedeschi dell’area sotto un’unica ragione sociale, i Cotonifici Riuniti di Salerno. Passò tuttavia poco tempo prima che il devastante impatto della Grande Guerra sulla comunità imprenditoriale germanofona e protestante in Italia costringesse i Wenner alla loro dismissione, lasciandoli in mani italiane con la nuova denominazione di Manifatture cotoniere meridionali (1918).
Fonti e Bibl.: Notizie e informazioni su Federico Alberto Wenner e sulla sua famiglia si ricavano da Staatsarchiv Sankt Gallen, Sankt Gallen, Familien- und Firmenarchiv Wenner; Archivio della Comunità evangelica franco-tedesca di Napoli. Inoltre: G. Wenner, L’industria tessile salernitana dal 1824 al 1918, Salerno 1953; Id., F.A. W. und seine Familie, St. Gallen 1954; S. de Majo, L’industria protetta. Lanifici e cotonifici in Campania nell’Ottocento, Napoli 1989, ad ind.; A. De Benedetti, La Campania industriale: intervento pubblico e organizzazione produttiva tra età giolittiana e fascismo, Napoli 1990, ad ind.; D.L. Caglioti, Vite parallele. Una minoranza protestante nell’Italia dell’Ottocento, Bologna 2006, ad ind.; M. Kaiser, F.A. W., in Dizionario storico della Svizzera (DSS), ad nomen, https://hls-dhs-dss. ch/it/articles/031158/ 2013-10-02/ (14 settembre 2020).