CACCIA, Federico
Nacque a Milano il 10 giugno 1635 da Camillo, di famiglia nobile novarese, e da Orsola Casati. Il padre era stato decurione di Novara e di Milano, membro dei Dodici di provvisione di Milano, della Congregazione del Banco di S. Ambrogio, priore dello Spedale Maggiore e feudatario di Varallo Pombia. Morto Camillo intorno al 1642, dei due figli il primo, Ottavio, ereditò il decurionato di Novara; il secondo, Federico, fu avviato alla carriera legale. Educato prima presso il collegio dei gesuiti di Brera, poi istruito in legge dal dottore collegiato Nicola Casati, fu ammesso nel collegio Borromeo di Pavia, dove ottenne la laurea nel 1662.
Nel 1664 produsse la documentazione del suo lignaggio dinanzi al Collegio dei giureconsulti milanesi, a cui chiedeva di essere aggregato.
Il Collegio dei giureconsulti era divenuto, nel corso del periodo spagnolo, un organo sempre più chiuso e sempre più importante del predominio aristocratico sulla città di Milano: investito di vari privilegi imperiali, nel suo seno erano invariabilmente designati i titolari delle cariche cittadine, comprese, di fatto, anche le più alte cariche religiose.
Fu dal Collegio di Milano, infatti, che il C., aggregato nel 1666 e trasferitosi a Roma l'anno successivo, venne designato per la carica di avvocato concistoriale; e pure al Collegio spettava la proposta di tre nominativi per l'uditorato di Rota, tra i quali il pontefice sceglieva per la sua designazione. Con l'ascesa nel 1676 al soglio pontificio del cardinale Benedetto Odescalchi (Innocenzo XI) la carriera del C. divenne notevolmente rapida: avvocato dei poveri, per un periodo di quattro anni rettore dell'Archiginnasio romano, nel 1682, al passaggio dell'uditore Federico Visconti all'arcivescovato di Milano, venne nominato uditore di Rota. A questo periodo risale la sua produzione giuridica, purtroppo non molto documentata. Inoltre, il cumulo degliincarichi di Curia si accentua: elemosiniere maggiore del pontefice e quindi prelato, domestico, luogotenente della Sacra Rota, arcivescovo di Laodicea il 2 genn. 1693. Quest'ultima nomina era destinata ad accrescerne il prestigio in vista della nunziatura straordinaria (poi ordinaria) in Spagna, a cui venne destinato il 5 genn. 1693. Il periodo della nunziatura gli servì da apprendistato per l'esercizio della carica di arcivescovo di Milano, che si era resa vacante fin dal gennaio per la morte del Visconti. Ricevuta la nomina l'11 apr. 1693, restò in Spagna, in attesa del cardinalato (12 dic. 1695): intanto era nominato assistente al soglio (6 genn. 1694). Come cardinale di S. Pudenziana fu ascritto alle Congregazioni dei Vescovi e dei regolari, del Concilio, dell'Immunità e di Propaganda Fide.
Il C. partì da Madrid nella primavera inoltrata del 1696, carico, così come volevano la tradizione e la convenienza, di doni principeschi. Arrivato a Roma nell'estate, prese il cappello e l'anello cardinalizi e in autunno mosse verso Milano, dove compì l'ingresso solenne l'11 dicembre.
Non ebbe che due anni di tempo per esercitare effettivamente la sua funzione pastorale. Dopo la lettera al clero e al popolo di Milano del 15 settembre, anteriore alla presa di possesso, si ricordano di lui: l'istituzione della Congregazione di S. Anna nella chiesa di S. Maria Fulcorina (1696), il rinnovo di alcune disposizioni disciplinari relative ai conventi femminili (1694 e 1697), la convocazione di un sinodo minore (14 marzo 1697), la benedizione del "colosso" di Arona, l'insediamento in cattedrale della statua d'argento dedicata a s. Ambrogio e la costruzione della teca di s. Aquilino, nella chiesa di S. Lorenzo. Il 23 maggio 1697 indisse la visita pastorale, ma questa non poté andare oltre le valli del Canton Ticino: nell'archivio della Curia milanese non esistono atti di una eventuale "visita" di Milano.
Sempre nel 1697 il C. ebbe l'incarico della reggenza della città durante l'assenza del governatore di Milano don Filippo de Guzmán: rari e poco tesi i conflitti giurisdizionali, istituzionalizzata ormai la tradizione dei Borromeo, questo incarico attribuito al C. sta a simboleggiare l'ormai acquisita concordia tra potere religioso e civile. Il periodo del suo arcivescovato sembra distinguersi soprattutto per l'impulso da lui dato alla edilizia religiosa.
Quanto alle qualità personali del C., i primi biografi e la storiografia successiva insistono sull'esercizio della carità verso i poveri, aperta o discreta, che culminò nelle disposizioni testamentarie con cui lasciò i poveri eredi dell'intero suo patrimonio; non era di famiglia molto ricca, ma per il sostegno delle cariche aveva ottenuto la prepositura commendataria dei SS. Simone e Giuda e l'abbazia di S. Lorenzo al Pozzo, in territorio novarese.
Morì il 14 genn. 1699 a Milano, senza aver potuto ulteriormente documentare la fedeltà alla tradizione borromiana, che si apprestava a rinnovare sul piano della carità e del controllo della disciplina ecclesiastica.
La bibliografia intorno al C. è abbastanza ampia, ma piuttosto sommaria, data la brevità del suo arcivescovato. A parte i discorsi di circostanza, tenuti da vari personaggi in occasione dell'ingresso in Milano e della morte (sono conservati nella Biblioteca Ambrosiana), si possiedono stringate biografie, tutte più o meno dipendenti dal primo biografo, Lazzaro Agostino Cotta. Neppure come scrittore ha suscitato uno spiccato interesse, poiché la sua produzione giuridica, benché esistessero tre volumi manoscritti di decisiones che il Cotta dava per scomparsi già nel 1701, non fu molto rilevante. Le poche decisiones edite non bastano ad orientare sull'indirizzo giuridico del Caccia. Si tratta della decisio XIII compresa nei Consilia et sententiae di José Ramón, II, Bononiae 1689, e delle decisiones VIII(1684), IX (1685), XX (1692), e XXIII (1692) pubblicate nell'opera molto diffusa di Francesco degli Albizzi, De inconstantia in iudiciis (Romae 1698). I biografi hanno tramandato l'errore dell'Argelati, secondo cui altre decisioni sarebbero state pubblicate nella parte XX e seguenti delle Sacrae Rotae Romanae decisionum recentiorum a Prospero Farinaccio selectarum, Venetiis 1687-1703, ma in realtà l'opera non superò la parte XIX, che contiene decisioni di data anteriore al periodo dell'uditorato del Caccia. Ne esistono bensì delle altre, sinora ignorate, sparse in compendi settecenteschi, e precisamente: Decisiones diversorum Sacrae Rotae Romanae Auditorum alibi nm impressae,selectae... a F. M. Costantino, Romae 1702, decis. 53 (1683), 114 (1683), 147 (1687) (l'opera fu ripubblicata a Venezia nel 1737); Sacrae Rotae Romanae Decisiones et Summorum Pontificum Constitutiones recentissimae, 2 voll., Venetiis 1707, lib. I, decis. 2 (1687); lib. V, decis. 33 (1689) e 43 (1690); lib. VII, decis. 15 (1689) e 37 (1692); lib. IX, decis. 5 (1691), 20 (1684), 70 (1686); lib. X, decis. 1 (1689), 13 (1687), 63 (1690), 65 (1690); lib.XI, decis. 3 (1688), 28 (1688), 29 (1687). Sono tutte di argomento privatistico (censi, fedecommessi, successioni, donazioni, ipoteche, enfiteusi, ecc.) e rientrano in quell'opera di accumulazione della giurisprudenza rotale in cui si estenua la tradizione praticistica romana.
Fonti e Bibl.: G. Palazzi, Gesta pontificum romanorum, Venetiis 1687, V, pp. 115 s.; L. A. Cotta, Museo novarese, Milano 1701, pp. 108-111; Acta Ecclesiae Mediolanensis, a cura di A. Ratti, Milano 1897, IV, coll. 1387-1392; Monumenta Italiae ecclesiastica. Visitationes, I, Visite pastorali di Milano, a cura di A. Palestra, Roma 1971; G. Sitoni di Scozia, Theatrum equestris nobilitatis secundae Romae, Mediolani 1706, p. 225; G. Vagliano, Sommario delle vite et azioni degli arcivescovi di Milano, Milano 1715, pp. 428-431; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, coll. 279 s.; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum mediolanensium, I, Milano 1745, coll. 252 s.; G. A. Sassi, Archiepiscoporum mediolanensium series historico-chronologica, III, Mediolani 1755, pp. 1166-1170; L. Cardella, Mem. stor. de' cardinali della S. R. Chiesa, VIII, Roma 1794, pp. 33 s.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XI, Venezia 1856, pp. 292 s.; G. B. Finazzi, Notizie biogr. ... ad illustraz. della Bibliografia novarese, Novara 1890, p. 25; L. Karttunen, Les nonciatures apost. permanentes de 1650 a 1800, Helsinki 1912, p. 236; R. Beretta, Il monastero delle benedettine di S. Pietro di Cremella, in Arch. stor. lomb., s.4, XVIII (1912), p. 329; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1932, p. 472; L. Demolli, S. Maria Pedone ed i Borromeo, in Arch. stor. lomb., s.8, VI (1939), p. 193; VII (1940), p. 103, C. Castiglioni, La Chiesa milanese durante il Seicento, Milano 1948, pp. 191-213; E. Cattaneo, La religione a Milano..., in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 316, 327; P. Mezzanotte, L'architettura da F. M. Ricchino al Ruggeri,ibid…, p. 452; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica…, V, Patavii 1952, pp. 235, 263; E. Cazzani, Vescovi e arcivescovi di Milano, Milano 1955, pp. 262-264; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XI, coll. 47 s.; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, VI, pp. 187 s.