CAMMEO, Federico
Nacque a Milano il 20 luglio 1872 da Cesare e da Elisa Gerbi. Avviatosi agli studi di giurisprudenza, nel 1894 si laureò all'università di Pisa, ove conseguì poi la libera docenza in diritto amministrativo e scienza dell'amministrazione, svolgendo il primo corso libero nell'anno accademico 1899-1900. L'anno seguente conseguiva l'ordinariato e veniva chiamato dall'università di Cagliari a coprire la cattedra di diritto amministrativo, dopo la pubblicazione di un primo lavoro organico, Questioni di diritto amministrativo (Firenze 1900).
L'opera scientifica del C., che copre l'arco di un quarantennio, fu il felice risultato da un lato del suo impegno di docente, dall'altro di una vasta attività forense, sia come amministrativista che come civilista. Questa commistione di interessi pratici e scientifici, così frequente nella nostra tradizione giuridica, acquista particolare rilievo negli studi del C., per avere come oggetto prevalente la materia della giustizia amministrativa, proprio negli anni che seguirono l'istituzione della quarta sezione del Consiglio di Stato e quindi accompagnarono il radicarsi nella nostra vita giuridica del nuovo sistema di contenzioso amministrativo. Non a caso il periodo più rilevante dell'attività scientifica del C. è quello del primo quindicennio del secolo. dall'insegnamento cagliaritano a quello bolognese cui fu chiamato prima come ordinario di procedura civile nel 1911, poi nel 1915, di diritto amministrativo e di scienza dell'amministrazione (era già passato alla cattedra di procedura civile a Padova nel 1905, tenendo anche nell'anno accademico 1905-06 l'incarico di diritto commerciale), che tenne poi fino al 1925, quando passò all'università di Firenze (ove fu anche incaricato di istituzioni di diritto pubblico dal 1924 al 1928), dalla quale venne allontanato un anno prima della morte (1938) per le persecuzioni razziali.
La collaborazione al Trattato generale di diritto amministrativo, curato da V. E. Orlando, inizia nel 1901 e prosegue fino al 1908 con la pubblicazione nel terzo volume (Milano 1908) del saggio su La manifestazione di volontà dello Stato; nel 1910 usciva a Milano la prima edizione del suo Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa; nel 1911 pubblicava le Lezioni di diritto amministrativo; nel 1913 a Torino il volume su I vizi di errore e di violenza negli atti amministrativi, nel 1914 a Padova la prima edizione litografata del Corso di diritto amministrativo, rist. più volte, in tre volumi, di cui l'ultima vent'anni dopo la morte del C., nel 1960: caso non frequente di longevità editoriale di un'opera giuridica, che toccò anche al suo volume su I contratti della pubblica amministrazione. Capacità e legittimità a contrattare, pubbl. a Firenze nel 1937 e rist. nella stessa città nel 1954.
Nel quadro articolato del pensiero pubblicistico degli inizi del secolo il C. ha una posizione particolare, anche se meno marcata di altre nell'assunzione dei presupposti metodologici e nelle conseguenze teoriche e politiche che ne derivavano. Il liberalismo del C. ebbe infatti come naturale strumento interpretativo il metodo postpandettistico che, trasferito dalla civilistica al diritto amministrativo, portò in questo campo a un notevole affinamento dell'esegesi dogmatica e dell'inquadramento sistematico degli istituti, ma non per questo seguì gli sviluppi statalisti che a tale filone interpretativo erano connessi per influenza della prevalente dottrina tedesca. Basti pensare alla teoria generale dell'atto dello Stato, che il C. elaborò, seguendo da presso le tesi del Kormann e di W. Jellinek, sul calco della teoria del negozio privato (Le manifestazioni di volontà dello Stato).
Si palesa dunque, al contrario, nel pensiero del C., un orientamento di tipo "garantista", che nega, ad esempio, la potestà della pubblica amministrazione di eseguire la propria volontà in base al principio d'una posizione di preminenza del potere pubblico, così come rifiuta di ammettere in alcuni campi l'esigenza di una originaria e illimitata competenza della amministrazione, con poteri disciplinari spesso incidenti nei diritti di libertà costituzionalmente garantiti, in virtù d'un preteso principio di "supremazia speciale" della amministrazione. Pur essendo scarsi, nell'opera del C., i tentativi di dare un fondamento ideologico al suo garantismo liberale, questo si esplica invece direttamente nella costruzione dogmatica degli istituti e nell'esegesi della legislazione amministrativa. Questa impronta di concretezza e di empiricità ricostruttiva ha una delle maggiori esemplificazioni nel Commentario, che proprio per queste caratteristiche segnò in più punti della materia amministrativa una svolta nelle valutazioni dogmatiche ed esegetiche.
Fu per larga parte merito del C. se il dibattito sulla giustizia amministrativa si disancorò da quelle premesse comparativistiche con il sistema vigente in altri paesi, che avevano accompagnato il dibattito politico e giuridico sulla istituzione della quarta sezione del Consiglio di Stato. L'attenzione che nella sua opera il C. mostrò per la legislazione degli Stati preunitari e in particolare il Granducato di Toscana (Comm., pp. 377 s.), individuando in essa i precedenti procedurali di una nozione di interesse legittimo, contribuirono non poco a rafforzare il carattere positivo dell'esegesi amministrativistica. Di qui il valore di consuetudine che il C. attribuì alla giurisprudenza amministrativa, argomentando che la riforma del nostro sistema di giustizia amministrativa, essendosi ispirata al concetto di completare e non di innovare il sistema anteriore, si sarebbe, ad esempio, riferita non al semplice significato letterale delle disposizioni contenute nelle leggi del 1865 e del 1877, ma anche alle interpretazioni che delle stesse aveva fornito la giurisprudenza onde l'asserzione che la legislazione e la dottrina successiva ne avrebbero dovuto tener conto dando loro così "una qualche sanzione legislativa" (Comm., p. 649).
Al C. va anche il merito di aver dato una prima sistemazione definitiva al quadro dei ricorsi amministrativi (Comm., pp. 648 ss.) rielaborando l'intera materia nella costruzione dei tre tipi di ricorso (opposizione, ricorso gerarchico e ricorsi assimilati a un'autorità amministrativa superiore, ricorso straordinano al re), che veniva accolta dall'intera dottrina, fino alla diversa ricostruzione fattane dal Giannini (La giustizia amministrativa, Roma 1959, pp. 45 ss.). Rilevanza hanno anche le costruzioni del C. in tema di poteri di decisione del giudice ordinario nelle controversie amministrative con la fissazione del principio che il divieto fatto alla giurisdizione ordinaria di revoca dell'atto amministrativo è connesso all'attribuzione della competenza di merito al Consiglio di Stato, ma si riferisce al giudizio di cognizione non a quello d'esecuzione, cosicché la competenza stessa del Consiglio di Stato, se può essere sostitutiva di quella dell'autorità amministrativa, non può mai esserlo di quella del giudice d'esecuzione (Corso, III, pp. 6 ss.). Sempre in materia di competenza giurisdizionale fu il C. ad opporsi alle oscillazioni dottrinali e giurisprudenziali che spesso portavano a riconoscere impropriamente un'incompetenza del giudice ordinario in tema di atti di gestione, con l'annullamento della distinzione tra questi e gli atti d'imperio, aprendo la strada al principio dottrinale e giurisprudenziale, oggi prevalente, che gli atti di gestione, ossia gli atti di diritto privato delle pubbliche amministrazioni, debbano essere assoggettate anche processualmente allo stesso regime dei negozi giuridici privati (Comm., pp. 816 ss.).
Al di là di questi grandi nodi sistematici l'intervento del C. sulla dottrina e la giurisprudenza fu sempre continuo e puntuale, toccando un'infinità di temi di cui fa fede la sua vasta produzione scientifica e quell'opera di commento giurisprudenziale che attivamente condusse per venticinque anni sulle colonne de La giustizia amministrativa.
Il C. fu in ogni senso giurista "culto" per l'autorità con cui spaziò in vari campi del diritto positivo, e di cui fanno fede le sue Lezioni di diritto commerciale e le sue Lezioni di procedura civile, che erano nate a margine dell'insegnamento universitario, ma a cui si accompagnano moltissimi contributi minori, nonché per essere stato cultore attento dei sistemi giuridici stranieri. A lui si deve ad esempio un primo lavoro ricostruttivo su Ildiritto amministrativo degli Stati Uniti d'America (Firenze 1895), come pure non poco interesse ha il suo studio su L'ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano (Firenze 1932), primo lavoro sistematico del diritto pubblico vaticano, dopo gli accordi del Laterano, che suggellava una continua attenzione portata dal C. nei suoi studi al diritto ecclesiastico (era stato incaricato di questa materia a Cagliari dal 1902 al 1905 e a Bologna nel 1920-21) e i suoi legami professionali e di amicizia con esponenti della S. Sede, in particolare con Francesco Pacelli.
Oltre all'attività professionale ebbe incarichi pubblici, nella guerra mondiale come tenente colonnello della giustizia militare addetto al Tribunale supremo di guerra e marina, e poi delegato nel 1918alla conferenza annuale dell'Associazione del foro americano e membro della Commissione per l'accertamento delle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico (1918-19) e come esperto con diritto di voto nella sottocommissione per le riparazioni di guerra alla conferenza di Parigi (aprile 1919).
Fu preside della facoltà di giurisprudenza di Firenze dal 1935 al 1938, socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, membro dell'Accademia delle scienze di Bologna, dell'Accademia benedettina di Bologna, dell'Accademia delle scienze di Napoli e inoltre del Consiglio del contenzioso diplomatico (1929-32).
Nel 1938 si vedeva costretto a lasciare l'insegnamento a seguito delle leggi razziali. Gli veniva rifiutata anche la collaborazione a riviste e atti accademici. L'ultimo suo scritto, Società commerciale ed ente pubblico, destinato alle onoranze di Santi Romano, uscì postumo a cura di S. Lessona a Firenze nel 1947.
Il C. morì a Firenze il 17 marzo 1939, con l'occupazione tedesca, suicida il figlio, venivano deportate e soppresse la moglie e la figlia maggiore.
Nel 1933 erano stati pubblicati a Padova due volumi di Studi in suo onore, con bibliografia completa della sua produzione scientifica (pp. XVII-XXXV).
Bibl.: In Memoria di F. C., Firenze 1939; M. S. Giannini, Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Studi sassaresi, s. 2, XVIII (1940), 2-3, pp. 203, 209; F. Carnelutti, F. C., in Riv. di diritto processuale, I (1946), p. 62; A. C. Jemolo, F. C., in Rend. d. Acc. dei Lincei, classe di scienze morali, s. 8, III (1948), 3-4, pp. 130 ss.; P. Calamandrei, F. C. nel decennale della sua morte, in Riv. italiana per le scienze giuridiche, s. 3, LV (1949), pp. 388-396; La giustizia amministrativa, a cura di G. Miele, Venezia 1968 (con saggi di G. Miele, La giustizia amministrativa;V. Bachelet, Ricorsi amministrativi;F. Falconi, Ipoteri di decisione del giudice ordinario nelle controversie amministrative), pp. 23, 41, 48 s., 60, 62, 64, 116 s.; S. Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Bologna 1971, p. 34; Nuovissimo Digesto, ad vocem; Enc. catt., III, col. 441; Enc. Ital., App. I, 1, p. 349; App. II, 1, p. 490.