CERVELLI, Federico
Nato a Milano nel 1638, giunse giovane a Venezia, secondo quanto tramandano le fonti, alla scuola del pittore allora celebre Pietro Liberi, e fu attivo in quella città almeno a partire dal 1668.
La sua personalità è poco conosciuta dalla critica, ma ai suoi tempi ebbe una notevole fama, tanto che fu lodato da M. Boschini, che addirittura lo segnalò al cardinale Leopoldo de' Medici. Ebbe rinomanza anche come capo di una celebre scuola da cui uscirono artisti di fama, come Sebastiano Ricci; del resto a Venezia il C. ebbe tra i pittori una posizione di rilievo, se nella fraglia pittorica, dove il suo nome ricorre dal 1683 (Favaro, p. 196), ricoprì anche la carica di cassiere.
Nulla si conosce della sua prima giovinezza e della sua prima formazione; la data di nascita, tradizionalmente fissata (con la sola eccezione dell'Arslan, 1938) al 1625, parrebbe ora con certezza spostata al 1638, sulla base delle notizie ricavate dal Rollo dei Pittori (Favaro, p. 215): notizia che ci permetterebbe di collocare la prima attività del C. a Venezia tra il 1655 e il 1660, nel momento dunque più prestigioso e maturo della carriera pittorica del Liberi.
Documenti recentemente pubblicati (Zava Boccazzi, 1978) recano altra luce sul C., che risulta legato a ricche famiglie veneziane, come i Minelli, con i quali è in contatto nel 1674 (d'Arcais, 1978), e persino in rapporto con il gran principe Ferdinando de' Medici che nel 1690 è il padrino di una figlia del pittore.
Assai poco tuttavia si conosce della sua attività artistica, e molto poche sono le opere oggi riconosciutegli, anche se le vecchie guide enumerano parecchi dipinti, specie per collezioni private, a Venezia e nelle città vicine, come Rovigo e Chioggia. La prima opera di cui si ha notizia, una Maddalena, datata 1668, purtroppo scomparsa, era appunto nella collezione Vianelli di Chioggia (Catalogo dei quadri esistenti in casa del sig. D. Giovanni dott. Vianelli..., Venezia 1790, p. 35). Un cospicuo e importante gruppo di dipinti è costituito dalle cinque tele con Favole mitologiche alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, opere di incerta datazione, ma stilisticamente tra loro assai omogenee (di esse, l'Apoteosi di Adone è firmata). Il Sacrificio di Noè della chiesa di S. Maria Maggiore di Bergamo è databile al 1678 (il C. vinse il concorso per la commissione nel 1677 e fu pagato ai primi del 1679: vedi Invent. d. ogg. d'arte d'Italia, A.Pinetti, Prov. di Bergamo, Bergamo 1931, p. 87; Haskell, 1966). Al 1683 dovrebbero risalire le tre tele con le figure allegoriche della Prudenza, del Timore e della Sapienza, sul soffitto della ex Scuola grande di S. Marco a Venezia, oggi biblioteca dell'Ospedale civile. Probabilmente vicina al 1690 è l'Allegoria di Firenze delle Gallerie Palatine di Firenze (siglata). Si devono aggiungere gli affreschi nella foresteria di villa Minelli a Ponzano Veneto presso Treviso (d'Arcais, 1978), con Figure allegoriche,Tritoni e Nereidi, e la grande tela, firmata, della chiesa della Salute di Este, raffigurante le Virtù teologali che conducono un giovanetto alla Madonna. Assai interessanti sono altre recenti proposte attributive, tra le quali va segnalata quella del Martini (1964) relativa alle cinque tele della prima stanza del piano nobile della villa reale di Stra.
Se poche sono le opere sicure dell'artista - si debbono aggiungere al breve catalogo anche la tela con la Strage degli innocenti, proveniente dal monastero di S. Giorgio di Venezia, del 1688, oggi in pessime condizioni nei depositi delle Gallerie, e il Martirio di s. Teodoro del 1687 (ubicazione ignota; N. Ivanoff, in The Burlington Magazine, XCVIII [1956], p. 21 n. 6) -, difficile è anche cercare di stabilire una cronologia e quindi di ricreare lo sviluppo stilistico dell'attività dell'artista. Indubbiamente alcuni dipinti, come la tela di Este e gli affreschi di villa Minelli, sono stilisticamente assai vicini al linguaggio della maturità del Liberi, anche nella tipologia dei personaggi e nel fare largo e sfrangiato della pennellata. Anche fortemente legati alla maniera del Liberi sono i quadri della Querini: ma l'interpretazione che del linguaggio del maestro dà il C. è sempre più raffinata ed elegante nella delineazione delle figure, più semplificata nella composizione, caratterizzata da una maggiore pacatezza nel gestire e nel disporsi dei personaggi, più precisa e definita nel segno di contorno; è tipica inoltre di tutte le opere che oggi si possono assegnare al pittore, una scelta di timbri cromatici freddi e preziosi, tenuti sui toni dell'azzurro e del verde, con lucenti marezzature di seta. Alcuni di questi caratteri, come un maggiore grafismo nell'impianto disegnativo delle figure, paiono accentuarsi - rispetto ad es. al gruppo delle tele della Querini - nel Sacrificio di Noè di Bergamo. Nelle tre Allegorie della ex Scuola di S. Marco il gestire si placa in una formulazione accademizzante e i volti delle donne si connotano di tipologie classicheggianti. Infine nella Allegoria di Firenze il modulo allungato della figura femminile in primo piano conferisce al dipinto una eleganza aristocratica.
Si potrebbe, concludendo, ipotizzare che il C., giunto a Venezia ed entrato alla bottega del Liberi, ne abbia subito in un primo momento l'ascendente, aderendo al linguaggio del maestro in una serie di opere quali la tela di Este e le Favole della Querini, e che si sia venuto distaccando dalla sua maniera, in una continua personale ricerca di un linguaggio più misurato, in certo senso classicistico. Il C. aderiva così alle mode delle giovani generazioni di artisti attivi in Venezia nei due ultimi decenni del Seicento, costituendo in tal modo una sorta di momento intermedio tra il linguaggio "barocco" dei decenni centrali del secolo, e quello che aprirà la strada al Settecento.
Il C. morì a Venezia prima del 1700.
Fonti e Bibl.: M. Boschini, Le ricche minere..., Venezia 1674, pp. 75 (Dorsoduro), 18 (S. Croce); A. M. Zanetti, Della pitt. venez., Venezia 1771, p. 528; A. Pasta, Le pitture notabili di Bergamo, Bergamo 1775, p. 23; F. Bartoli, Le pitture,sculture ed archit. ... di Rovigo, Venezia 1793, ad Ind.; G. Fiocco, La pittura venez. del Settecento, Verona 1929, ad Indicem; W. Arslan, Quattro piccoli contributi, in La Critica d'arte, III (1938), p. 77; Id., Il concetto,di "luminismo" e la pittura veneta barocca, Milano 1946, p. 32; P. Zampetti, La pittura del Seicento a Venezia (catalogo), Venezia 1959, pp. 127 s.; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Seicento (dispense), Università degli studi di Padova, anno acc. 1961-62, pp. 108-110; R. Gallo, La Scuola grande diS. Teodoro di Venezia, in Atti dell'Ist. veneto discienze,lettere e arti, classe di sc. morali, CXXI (1961-62), pp. 481, 492; E. Martini, La pitturavenez. del Settecento, Venezia 1964, p. 138; L. e U. Procacci, Il carteggio di M. Boschini con il card. Leopoldo de' Medici, in Studi e mem. di storia dell'arte, IV (1965), p. 101; F. Zava Boccazzi, Labasilica dei SS. Giovanni e Paolo, Venezia 1965, p. 353; F. Haskell, Mecen. e pittori, Firenze 1966, p. 340; C. Donzelli-G. M. Pilo, I pittori delSeicento veneto, Firenze 1967, pp. 130-132; M. Chiarini, I quadri della collez. del princ. Ferdinandodi Toscana, in Parag., XXVI (1975), 305, pp. 55, 88 nota 317; E. Favaro, L'arte dei pitt. in Venezia e i suoi statuti, Firenze 1975, ad Ind.; M. Chiarini, Appunti su S. Ricci, in Antichità viva, 1976, p. 18; F. d'Arcais, Il Seicento, in Affreschi d. ville venete, Venezia 1978, pp. 23, 148; F. Zava Boccazzi, Spigolature seicentesche, in Arte veneta, XXXII (1978), pp. 333-340; M. Dazzi-E. Merckel, La Pinacoteca Querini Stampalia,I dipinti, Venezia 1979, pp. 66-68; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 302.