COLONNA, Federico
Nato a Roma nel 1601 dal ricco e potente Filippo (gran contestabile del Regno dal 1611) di Fabrizio e da Lucrezia di Girolamo Tomacelli, una nobildonna napoletana vantante tra gli antenati il papa Bonifacio IX, è il primo d'una nutrita prole. Ebbe infatti tre sorelle, Vittoria (1610-1675) e Ippolita (1614-1676) entrambe finite carmelitane, nonché Anna la futura sposa di Taddeo Barberini, e ben sette fratelli: Marcantonio che gli succederà nel contestabilato, Carlo uomo d'armi e poi prelato, Francesco morto probabilmente infante, Girolamo che diverrà cardinale, Pietro che sarà abate commendatario morendo peraltro giovanissimo, Prospero che si farà cavaliere di Malta e Giovan Battista cui verrà dato il patriarcato di Gerusalemme. Ma, al di là di quest'ispessirsi del contorno familiare, al di là dell'ovvia supposizione che egli sia partecipe dei tono fastoso della vita di un uomo attaccatissimo allo spicco mondano quale il padre, assai poche sono le attestazioni dirette racimolabili sulla prima fase dell'esistenza del C.: nel carnevale del 1617 prende parte ad un lussuoso tomeo organizzato per festeggiare le nozze Marescotti-Falconieri; successivamente rischia di morire per il morso d'un cane idrofobo se, nel 1620, grato dello scampato pericolo, "beato Vito liberatori suo aedem restauravit", come ricorda la lapide posta per l'occasione.
Dopo una breve parentesi militare inFiandra, il C. si reca alla corte iberica ove entra nelle grazie del re al cui interessamento deve le vantaggiosissime nozze - celebrate nel 1624 o, al più tardi, nel 1625 - con una pronipote di Carlo V, Margherita, figlia del siciliano Francesco Branciforte, principe di Butera e marchese di Pietraperzia, e, appunto, di Giovanna a sua volta figlia del figlio naturale di Carlo V, don Giovanni d'Austria.
La moglie è figlia unica; perciò - vigendo in Sicilia il diritto franco - il C. si vedrà ben presto insignito della prima e più pingue baronia dell'isola. E, alla morte, il 7 febbr. 1630, della suocera, diventa ancor più ricco ché quella lascia alla figlia una rendita annua di 15 mila scudi oltre a gioie ed argenteria per un valore di almeno 150 mila scudi.
La vita scorre agevole per il C. che alterna la residenza a Palermo e negli "stati dotali" con soggiomi, più o meno prolungati, a Napoli, Sorrento (ove abita nella casa episcopale annessa alla cattedrale) e Roma. C'è una nota dolente: gli muore, probabilmente nel 1633, appena fanciullo l'unico figlio Antonio. E sempre più fastidiosa si fa la "discordia" col puntiglioso e arrogante presidente del regno di Sicilia principe di Paternò, al punto che il C. abbandona definitivamente l'isola e si trasferisce a Madrid. Mancato, lo 11 apr. 1639 il padre, il re lo nomina, il 23 settembre, suo successore nel contestabilato. A quest'onorificenza scontata - il titolo di contestabile è vanto del ramo principale dei Colonna e si trasmette di primogenito in primogenito - s'aggiunge, il 18 ag. 1640, la assai più impegnativa nomina a viceré di Valenza.
Il momento è tragico: sta divampando in Catalogna la rivolta fomentata e concretamente appoggiata dall'intervento diretto della Francia (e non a caso il vessillo francese sventolerà a Barcellona e Luigi XIII sarà eletto conte). Sulla zona affidata al C. grava l'onere dell'acquartieramento e dei soccorsi alle truppe regie resistenti - di contro ai continui assalti delle milizie del re cristianissimo - a Tarragona e a Perpignano. "Sperano qua", nella corte madrilena, informa l'11 ag. 1640il rappresentante veneto Alvise Contarini, "di far tutto accordare al regno di Valentia col mezo del contestabile... e con tale essempio debbi anco condescender quello di Aragon a dar viveri e tutte le cose necessarie". Scopo perseguibile solo con la più rigida imposizione perché - come osserverà Contarini nella relazione del 10 dic. 1641-, godendo "somiglianti privilegi che la Catalogna", gli abitanti dei Regno "si rallegrano che li catalani non sieno vinti e superati, dubitando che la loro oppressione sia la vigilia della loro" (in Relaz. ... al Senato dagli amb. ven. ..., a c. di N. Barozzi-G. Berchet, s. 1, II, Venezia 1860, p. 95). Il C., il quale - prevede un dispaccio del 15 sett. 1640di Contarini - "haverà sotto di sé da quella parte 8mila buomini per renderli pronti al bisogno", è ben presto preposto alla difesa di Tarragona. La situazione della piazza è disperata: le file dei difensori s'assottigliano paurosamente per le perdite e le fughe, scarseggiano le armi, insufficiente e in malo stato l'artiglieria, esigui e intermittenti i tentativi di soccorso che riescono a filtrare la morsa sempre più stretta dell'assedio. Nell'angosciante penuria di viveri si fa strada lo spettro della fame; c'è pure la minaccia della sete poiché i Francesi e i Catalani hanno "levato l'acqua alli molini di Tarragona medesima", come riferiscono, il 29 maggio 1641, i rappresentanti veneti A. Contarini e N. Sagredo.
Lungi dal capitolare il C. dà, invece, prova di ferrea energia. Fa giungere da Perpignano un cospicuo quantitativo di pezzi d'artiglieria, raziona con drastica severità i viveri, utilizza per la carne tutti gli asini requisiti, e fa, quindi, macellare tutti gli ossuti e deperiti cavalli della guarnigione. Per fortuna i soccorsi, che si erano totalmente interrotti, riprendono; arrivano "formenti" e "molini da mano" per l'acqua che permettono di poter prolungare la resistenza. Ed il pericolo cessa il 20agosto quando la flotta spagnola, fattasi finalmente consistente, fuga il blocco dei navigli avversari, determinando, di riflesso, pure, la smobilitazione dell'assedio; "l'essercito di terra che stava sopra Tarragona s'è levato con qualche confusione tra catalani e francesi" avverte, il 4 settembre, Sagredo. E le milizie spagnole "che stavano in Vineros" possono senza difficoltà "giuntarsi coll'essercito in Taragona". Un grande successo per il C. di cui, però, non può godere un masso caduto da un bastione colpito da una cannonata gli fracassa la gamba ed egli, già stremato dal logorio del prolungato assedio, cade in "pericolosissima infirmità" morendo, dopo. un illusorio accenno, di ripresa, il 22(o, al più tardi, il 25) settembre 1641.
Per volontà di Girolamo, il fratello cardinale, le spoglie sono trasportate in Italia e sepolte a Paliano, nella chiesa collegiata di S. Andrea. Inconsolabile - a detta di Mugnos, un letterato siculo della cui "servitù" il C. s'era compiaciuto a Palermo -, la vedova fissa la residenza a Roma, ove morrà il 24 genn. 1659.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Senato. Dispacci Spagna, filze75, lett. nn. 220, 227, 290, 291, 293; 76, lett. nn. 35, 36, 40, 42, 50, 53, 54, 61; Ibid., Senato. Dispacci Roma, filze 96, lett. n. 43; 97, lett. n. 114; Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, 15 (= 8034): G. A. Cappellari, Vivaro, Il Campid. veneto, I, c. 278v; L. Guidotti, Amor perfetto. Festino nelle nozze delli... prencipi F. C. .. Margherita d'Austria..., Roma 1625; C. Talucci, Il passaggio di... Maria d'Austria per loStato ecclesiastico... 1631..., Augusta 1631, p. 45; L. Assarino, Le rivolutioni di Catalogna..., Bologna 1648, I, p. 187; II, pp. 14-45 passim; V. Siri, Il Mercurio..., I, Geneva 1649, p. 438; F. Mugnos, Hist. della... famiglia Colonna, Venetia 1658, pp. 293-297; G. Gualdo Priorato, Scena d'huomini... ill., Venezia 1659, pp. non num., sub voce; Id., Vite et azzioni di... personaggi, Vienna 1674, pp. non num. (comunque alle pp. 191-196); T. Amayden, La storia delle fam. romane..., I, Roma s. d., p. 321; A. Bulifon, Giornali di Napoli, a c. di N. Cortese, I, Napoli 1932, pp. 138 s., 141, 174, 179 (errata qui la notizia della morte del C. o in "Roma"); L. Saint-Simon, Mémoires, a c. di G. Truc, VI, Paris 1958, pp. 944, 1003 (il cenno riguarda il C., confuso, peraltro, colnipote Lorenzo Onofrio); G. Tallement des Réaux, Historiettes, a c. di A. Adam, II, Paris 1961, pp. 1169 s.;A. Coppi, Memorie colonnesi..., Roma 1855, p. 379; Catalogo di autografi... componenti la collezione di E. F. Succi, Bologna 1862, p. 19; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e di altri edifici di Roma, XI, Roma 1877, p. 154; D. Luigini, Memorie della regione Equicola, Rieti 1907, p. 312; L. Ross, Die Colonna..., Leipzig 1912, p. 450; P. Colonna, I Colonna..., Roma 1927, pp. 271 s., 330, 364 s.; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 183; F. Clementi, Il carnevale romano, I, Città di Castello 1939, pp. 419, 421 n., 499 n.; Autori it. del '600, a c. di S. Piantanida-L. Diotallevi-G. C. Livraghi, Milano 1948-1951, n. 2420; P. Pecchiai, Un famoso duello ..., in Strenna dei romanisti, XIII (1952), p. 105; Id., L'ultimo scontro fra due case... romane, Roma 1957, pp. 6, 44, 46, 49 s., 52, 61 s.;F. Soldevilla, Hist. de Catalunya, Barcelona 1962, pp. 1039, 1052 n.; J. Mazzoleni, Fonti per la storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734), Napoli 1968, pp. 184, 198, 204, 222, 225, 241; M. C. Frulli Maggini, Bibl. della collana Palatina di commedie, in Studi secenteschi, IX (1968), p. 336; L. Firpo, T. Campanella e i Colonnesi..., in Il Pensiero politico, I (1968), p. 94; O. Pinto, Nuptialia..., Firenze 1971, n. 193; Catal. ... della Galleria Colonna, a cura di E. A. Safarik, Roma 1981, p. 129; Enc. It., X, p. 852; P. Litta, Le famiglie cel. it., sub voce Colonna, tav. IX.