FEDERICO di Filippo di Ubaldo (Federico Fiorentino)
Non si conoscono gli estremi anagrafici di questo scultore originario di Firenze, attivo a Rieti agli inizi del XVI secolo; i pochi dati sicuri sono reperibili in alcuni documenti riguardanti un gruppo di sculture realizzate per la cappella del Sacramento nel duomo di Rieti (Sacchetti Sassetti, 1956, pp. 15-20).
In assenza di punti di riferimento cronologici sulla sua attività e di notizie riguardo alla sua formazione, si può ragionevolmente ipotizzare che F. abbia avuto contatti con Silvestro dell'Aquila, o comunque ne conoscesse l'attività svolta nel capoluogo abruzzese.
Tale ipotesi, oltre che da evidenti ragioni stilistiche, è confortata dal fatto che F. operò in collaborazione con Salvato di Girolamo Pirozi, personaggio documentato all'Aquila nel 1505 e nel 1508 (ibid., p. 8), che, secondo la tradizione, prese parte, insieme con Silvestro, alla realizzazione del monumento Camponeschi nella chiesa aquilana di S. Bernardino (L. Cicognara, Storia della scultura, IV, Prato 1823, p. 414).
Agli inizi del 1510 F. compare per la prima volta nei documenti riguardanti la decorazione della cappella del Sacramento della cattedrale reatina e risulta associato al Pirozi, ma è molto probabile che l'opera fosse iniziata già nel 1509. Precedentemente Paolo di Giacomo di Monreale era stato incaricato di eseguirvi sculture in terracotta ma era morto nel 1503 senza aver potuto neppure iniziare l'opera (Sacchetti Sassetti, 1956, p. 7). L'impresa della cappella durò circa tre anni e non fu priva di contrattempi: Salvato di Girolamo, infatti, abbandonò il cantiere per recarsi all'Aquila, per cui nell'agosto del 1511 i documenti menzionano soltanto F., che portò invece a termine il proprio compito, riscuotendo il saldo del lavoro svolto nel giugno del 1512 (ibid., pp. 7 s.). Quasi certamente nella divisione degli incarichi a lui spettò la realizzazione delle sculture (essendo egli definito "statuario" nei documenti), mentre il compagno Salvato (nominato come "scultor lapidum") eseguì la parte decorativa dell'altare; una simile divisione dei ruoli era abbastanza comune e si era verificata anche nel ricordato monumento Camponeschi, dove il Pirozi realizzò appunto la sola decorazione (ibid., p. 8).
La cappella del Sacramento fu completamente rifatta nel 1629 e le sculture vennero rimosse sacrificando la struttura dell'altare, il cui assetto originario può soltanto essere ipotizzato. Ciò che rimane sono le sculture di F., oggi conservate nel battistero della cattedrale, sede del piccolo Museo diocesano (ad eccezione di un Bambino benedicente, che si trova murato nella prima cappella della navata sinistra del duomo): quattro statue nelle loro nicchie originali, raffiguranti Isaia, Davide, S. Giovanni Battista e S. Barbara (murate sulle pareti del battistero), una base col simbolo eucaristico, un paliotto raffigurante la Pietà e due lunette, ciascuna contenente la testa di un serafino scolpita a bassorilievo.
All'atto dell'ultima quietanza rilasciata da F. il 4 giugno 1512 era presente come testimone, tra gli altri, Michele Sanmicheli, che poco dopo, il 15 giugno, comparve come garante di F. quando questi si impegnò a non lasciare la città prima di otto giorni, tempo stimato per la conclusione della propria opera; fatto che sottintende un rapporto tutt'altro che casuale tra quest'ultimo e l'architetto veronese. A sulla scorta di questo esile dato, allusivo però ad una possibile collaborazione tra i due, che vanno indirizzate ulteriori ricerche per meglio delineare il percorso artistico di F., forse legato alla prima attività del Sanmicheli nell'Italia centrale.
L'unica opera finora attribuita a F. è il monumento a Primavera Vincenti, pure nel duomo di Rieti, eretto negli stessi anni in cui l'artista scolpiva le statue nella cappella del Sacramento (Sacchetti Sassetti, 1956, pp. 12-14). Il Piccolo monumento racchiude in un oculo il bustoritratto della fanciulla, stilisticamente molto vicino alle altre opere di F. e giustamente avvicinato alla cultura di Francesco Laurana (G. De Francovich, Un gruppo di sculture umbro-marchigiane, in Bollettino d'arte, n. s., VIII [1928-29], pp. 501 ss.).
Sulla base delle opere pervenuteci, l'arte di F., non priva di accenti personali, si colloca dunque nell'ambito della scultura abruzzese a cavallo dei due secoli e ne esprime le diverse componenti richiamandosi alle esperienze pittoriche dell'Italia centrale di derivazione pierfrancescana come alla coeva cultura fiorentina, peraltro già importata in ambito locale da Silvestro dell'Aquila.
Fonti e Bibl.: A. Sacchetti Sassetti, Per la storia dell'arte nel Rinascimento. F. Fiorentino scultore. Opere sconosciute del Vignola, in Archivi, XXXIII (1956), 1, pp. 5-20; Id., Guida di Rieti, Roma 1966, pp. 26, 29; Id., Duomo di Rieti, Rieti1966, pp. 43, 46; L. Puppi, Michele Sanmicheli, Padova 1971, p. 13; L. Mortari, Il tesoro del duomo di Rieti, Roma 1974, pp. 19 s.; A. Prandi, Arte in Sabina, in Rieti e il suo territorio, Roma 1976, P. 335.