WANGA, Federico di
WANGA (Vanga), Federico di. – Nacque probabilmente negli anni Settanta del XII secolo; il padre si chiamava Adelperone, la madre era Matilde, figlia di Bertoldo I di Tirolo.
La famiglia era originaria della Val Venosta e vantava legami parentali con i conti di Tirolo e perfino, alla lontana, con gli Staufen; il predicato de Wanga si riferiva a una località posta ai margini occidentali dell’altopiano del Renon, a nord di Bolzano, dove suo padre aveva collocato i propri interessi patrimoniali verso il 1170.
Non sappiamo nulla della sua formazione, che possiamo immaginare sia avvenuta in una scuola cattedrale dell’ambito imperiale; nel 1197 era canonico di Bressanone e nel 1200 decano di quel medesimo capitolo.
Il 9 agosto 1207 il capitolo della cattedrale di Trento, alla presenza di due delegati di papa Innocenzo III, lo elesse vescovo; si concluse così la tormentata fase di vacanza che era seguita alle dimissioni, nel 1205, di Corrado di Beseno. Filippo di Svevia gli concesse i poteri temporali a Norimberga il 4 novembre e il 18 novembre successivo Wanga fece il solenne ingresso in sede. Il notaio Erceto chiuse un breve resoconto dei fatti con la frase laudativa «dictus dominus ellectus cum maximo triumpho et gloria assendit palacium suum episcopalem, cuius honor et virtus sit in secula seculorum, amen» (La documentazione, a cura di E. Currel - G.M. Varanini, 2011, p. 329).
Wanga si impegnò subito in più direzioni a sostegno dei diritti dell’episcopato trentino, così da permettere non solo la sopravvivenza ma anche il rafforzamento dei suoi poteri temporali. Il 7 febbraio 1208, a Bolzano, furono definite le sfere di competenza del vescovo e del conte di Tirolo nella contea bolzanina, che dal 1170 risultava in cogestione. Qualche settimana dopo acquistò una parte del castello di Beseno, posto a sud di Trento; in giugno riordinò la legislazione mineraria. Nel gennaio del 1209, mentre si trovava ad Augsburg alla corte di Ottone IV, ricevette la consacrazione episcopale e ottenne un bando imperiale sui suoi oppositori (era infatti in corso un conflitto con alcuni vassalli ribelli, che si concluse nel maggio del 1210 con la resa degli avversari, i quali si sottomisero; il vescovo accettò il loro giuramento di fedeltà).
Negli anni seguenti Federico si impegnò nel consolidamento delle sue posizioni sia in città (dove il 28 novembre 1210 acquistò la domus murata posta in capo al ponte che permetteva l’attraversamento dell’Adige) sia nel territorio, rivendicando i poteri giurisdizionali: acquisì il controllo diretto o indiretto dei principali castelli, che furono affidati a ministeriali legati da vincoli di subordinazione personale o a nobili che dovevano riconoscersi suoi vassalli e garantirgli lo ius aperturae. La frequente convocazione del tribunale dei pari (curia vassallorum) e la presenza di canonici della cattedrale e nobili di vario livello nel seguito vescovile danno l’impressione della volontà di coinvolgere le élites nel governo.
Il 29 febbraio 1212 ebbero inizio i lavori per la nuova cattedrale, il cui cantiere sarebbe poi durato per tutto il XIII secolo. In Trento, Federico volle anche restaurare il palazzo vescovile (adiacente alla cattedrale stessa) e sopraelevare la già citata torre posta presso il ponte.
È verosimile che potesse disporre di grandi quantità di denaro, frutto dei redditi delle miniere d’argento, di una più attenta e sistematica gestione delle rendite derivanti dagli immobili e dai terreni e dalla cessione di diritti pubblici (il dazio della pece e del legname, appaltato al Comune di Trento; la navigazione fluviale; l’amministrazione della giustizia in alcune valli, peresempio la Val Rendena).
Per una breve fase, Wanga partecipò alla grande politica. Nel settembre del 1212 accompagnò infatti il giovane Federico II di Svevia nel pericoloso viaggio verso la Germania, evitando la via del Brennero e scegliendo invece un itinerario che passava per la Val Venosta, Coira e i Grigioni. Qualche mese dopo (16 febbraio 1213), a Regensburg, ricevette la nomina a vicario imperiale per l’Italia settentrionale e per parte di quella centrale («per totam Lombardiam et Marchiam Veronensem atque Tusciam et Romaniam»: Codex Wangianus, a cura di E. Curzel - G.M. Varanini, 2007, p. 796).
Il vescovo sosteneva evidentemente la costellazione di città filofridericiane che faceva capo a Cremona; in maggio, in quanto vicario imperiale e stando nella città lombarda, mise al bando la coalizione contrapposta.
Questo esordio non ebbe però un seguito e non sembra che all’insistita ostentazione del titolo vicariale abbia corrisposto l’adempimento di un ruolo di rilievo nella politica di Federico II, mentre è verosimile che i suoi successi a livello locale siano stati permessi proprio dalla protezione di quei poteri universali che in quel momento agivano in modo sostanzialmente concorde.
Dopo il 1213 il vescovo si applicò nuovamente al suo episcopato, alternando permanenze in città e percorsi nelle valli. Furono redatte nuove norme in materia mineraria e furono dati in custodia altri castelli; si ha inoltre notizia della promozione delle attività ospitaliere (Campiglio, San Leonardo, Santa Margherita, Renon) e della promozione della colonizzazione di zone montuose (Folgaria). A partire dal 1215 fu avviata la redazione del cartulario vescovile (Liber Sancti Vigilii o Codex Wangianus), nel quale furono trascritti i documenti che attestavano i diritti vescovili nei confronti di castelli, comunità e singole persone: un’opera che fu forse ispirata al cartulario che tra il 1205 e il 1210 era stato fatto redigere dal vescovo di Cremona Sicardo.
In apertura Federico fece porre la propria immagine assisa sul faldistorio, con gli attributi della carica, aggiungendo un testo che spiegava come l’azione diretta e la produzione documentaria fossero complementari e finalizzate al recupero di quelle possessiones e di quegli iura che il vescovo, al suo arrivo, aveva trovato indisponibili; in tal modo – come scrisse nell’arenga di quello stesso proemio – poteva difendere «ecclesie et inpotentes» dalla «secularium potentia» (Codex Wangianus, cit., p. 522). La scelta iconografica e testuale fu replicata, all’interno del cartulario, nel proemio del fascicolo che contiene il ‘codice minerario’, dove Wanga si presenta al lettore avendo in mano la spada e fa riferimento all’attività legislativa con termini che richiamano l’esordio delle Institutiones di Giustiniano.
Oltre alle due raffigurazioni presenti nel Codex, Federico Wanga ci ha lasciato anche altre immagini di sé. Due lo vedono in piedi, con un libro e il pastorale, sui piatti anteriori di un lezionario e di un Ordo Missae Pontificalis; il suo volto appare in una miniatura dello stesso lezionario; vi sono poi due sigilli; infine, si può ipotizzare che sia lui il vescovo non nimbato che compare in un affresco della chiesa dei Ss. Tommaso e Bartolomeo di Romeno. In generale, la sua committenza (miniature, manoscritti, alcuni oggetti liturgici) mette in rilievo la qualità del suo livello culturale, sensibile alla produzione artistica d’Oltralpe.
Nel 1218 Wanga si recò in Terrasanta, assecondando in tal modo la volontà del papa e dell’imperatore di riconquistarla alla cristianità. Si mosse con un certo ritardo rispetto ai primi contingenti ungheresi, austriaci e germanici che giunsero sul posto tra il 1217 e la primavera del 1218; quando egli arrivò oltremare, nella tarda estate o all’inizio dell’autunno di quell’anno, le operazioni si erano ormai spostate nel delta del Nilo, dove si sperava che una sconfitta del sultano d’Egitto avrebbe permesso alle forze cristiane di aprirsi la strada verso Gerusalemme.
Non abbiamo notizie di una sua presenza nella zona delle operazioni e non sappiamo neppure se egli abbia voluto davvero recarsi in Egitto: la morte lo sorprese il 6 novembre 1218 mentre si trovava a San Giovanni d’Acri.
Un breve necrologio fu scritto da una mano coeva a margine del catalogo dei vescovi di Trento presente nel Sacramentario della cattedrale: ne fu ricordato il governo pacifico («pacifice gubernavit»), le iniziative edilizie e la morte in Terrasanta (Rogger, 1983, pp. 224 s.; Codex Wangianus, cit., p. 25).
Fonti e Bibl.: Il cartulario trentino e la documentazione vescovile di quegli anni sono state edite in Codex Wangianus. I cartulari della Chiesa trentina (secoli XIII-XIV), a cura di E. Curzel - G.M. Varanini, Bologna 2007; La documentazione dei vescovi di Trento (XI secolo - 1218), a cura di E. Curzel - G.M. Varanini, Bologna 2011 (con introduzioni e contributi di F. Crivello, D. Frioli, S. Pasquin, D. Rando).
I. Rogger, Frédéric de Wangen, in Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastiques, XVIII, Paris 1977, coll. 1176-1177; Id., Testimonia chronographica ex codicibus liturgicis, Trento 1983, pp. 74-78, 224 s.; W. Maleczek, Friedrich von Wangen, in Lexikon des Mittelalters, 4, München-Zürich 1991, col. 966; A. Castagnetti, Crisi, restaurazione e secolarizzazione del governo vescovile (1236) e un Comune cittadino mancato, in Storia del Trentino, III: L’età medievale, a cura di A. Castagnetti - G.M. Varanini, Bologna 2004, pp. 159-193 (in partic. pp. 163-172); F. W. e il “Codex Wangianus”, sezione monografica degli Annali dell’Istituto storico italo-germanico, XXXIII (2007), pp. 291-358 (con contributi di W. Maleczek, J. Riedmann, G.G. Fissore, A. Ciaralli, E. Curzel); E. Curzel, Asterischi sui vescovi di Trento durante il papato di Innocenzo III, in Studi sul medioevo per Andrea Castagnetti, a cura di M. Bassetti et al., Bologna 2011, pp. 151-160 (in partic. pp. 156-160); Un vescovo la sua cattedrale il suo tesoro. La committenza artistica di Federico Vanga (1207-1218), a cura di M. Collareta - D. Primerano, Trento 2012 (con contributi di E. Curzel, M. Stenico, M. Tomasi, A. Peroni, M. Anderle, V. Ascani, L. Siracusano, F. Crivello, M. Collareta); W. Landi, Il palatium episcopatus di Trento fra XI e XIII secolo. Dato documentario ed evidenze architettoniche, in La torre di piazza nella storia di Trento. Funzioni, simboli, immagini, a cura di F. Cagol - S. Groff - S. Luzzi, Trento 2014, pp. 141-203 (in partic. pp. 170-173); F. Crivello, I manoscritti miniati di un principe-vescovo: Federico Vanga, in Il libro miniato e il suo committente. Per la ricostruzione delle biblioteche ecclesiastiche del medioevo italiano (secoli XI-XIV), a cura di T. D’Urso - A. Petriccioli Saggese - G.G. Zanichelli, Padova 2016, pp. 319-338.