FARUFFINI, Federico
Pittore e incisore, nato a Sesto S. Giovanni (Milano) il 6 febbraio 1831, morto a Perugia il 16 dicembre 1869. Studente di legge nell'università di Pavia, prima di laurearsi abbandonò il giure per la pittura. Studiò a Bergamo con G. Trecourt, a Venezia con M. Grigoletti e con P. Molmenti e a Milano con G. Bertini. Nel 1864 compì la sua prima notevole affermazione alla Mostra di Brera con diverse pitture fra le quali un acquerello rappresentante il Coro della Certosa di Pavia. Nella ricerca della sua personalità il F. non ebbe incertezze, perché appena un anno dopo erano compiuti il Borgia, il Machiavelli e la Vergine del Nilo, suo capolavoro che rimane una delle opere più significative della pittura italiana dell'Ottocento. L'indifferenza del pubblico e l'ostilità di colleghi incapaci di comprendere l'originalità del suo spirito e la nobiltà del suo sogno d'arte, lo amareggiarono: lasciò Milano per recarsi a Parigi, dove ottenne premî, ma non trovò fortune. Viaggiò la Grecia, visse a Roma, vagò per altre città dibattendosi fra necessità dolorose, rinunziò all'arte per darsi alla fotografia, finché, stremato dalla miseria, s'avvelenò.
L'attività del F. si svolse durante il grande periodo della pittura storica italiana, e al genere storico appartengono la maggior parte dei suoi quadri, il Cesare Borgia, la Morte di Ernesto Cairoli (Pavia, Galleria municipale), la Presentazione del modello del duomo di Pavia al cardinale Ascanio Sforza (ibid.), le Orgie di Messalina (incompiuto), Sordello e Cunizza (Milano, Brera), Tiziano e le figlie (Milano, Galleria municipale d'arte moderna), Gli Etruschi a Perugia (già proprietà di Ettore Ferrari). Inferiore a B. Celentano nel senso largo e filosofico di rappresentare la storia, compositore meno felice di C. Fracassini, egli superò l'uno e l'altro per la ricchezza, la varietà e la profondità della tavolozza, che lo ricollegano direttamente al Tiepolo e ai più antichi veneziani. Certe risorse tecniche, certe sprezzature, la facilità di passare dalla luminosità dei soggetti all'unità della luce ambiente, rivelano in lui l'istinto del precursore. E codesta virtù è soprattutto evidente nei bozzetti: negli Etruschi a Perugia o nella Gioventù di Lorenzo de' Medici (Roma, Galleria naz. d'arte moderna) o nel Ponte S. Angelo (ibid.) o nei numerosi schizzi per la tela del Borgia nei quali le rapide macchie, le pennellate che paiono gittate là impetuosamente, racchiudono una raffinata sapienza. Eseguì anche alcune acqueforti, fra cui terribile nella sua tragicità, quella che egli intitolò Il compenso riservato dalla società agli artisti, in cui rappresentò sé stesso suicida.
V. tav. a colori.
Bibl.: G. Battelli, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915 (con la bibl. prec.); A. Colasanti, F. F., Milano 1923; id., Mostra di F. F. alla Galleria Pesaro, in Emporium LXII (1923), pagine 59-61; M. Sarfatti, Segni, colori e luci, Bergamo s. s., pp. 77-80; E. Somaré, La pittura di F. F., in L'Esame, II (1923); id., St. della pitt. ital. dell'800, Milano 1928, I, pp. 175-180.