FIESCHI, Federico
Con ogni verosimiglianza il più giovane dei figli di Tedisio dei conti di Lavagna, uno dei fratelli del papa Innocenzo IV, e di Simona, probabilmente dalla casata dei Camilla, nacque, forse a Genova, nella prima metà del sec. XIII da un ramo della potente famiglia ligure dei conti di Lavagna.
Le fonti ricordano un Federico Fieschi, canonico di Cambrai, che ottenne, il 5 giugno 1248, l'autorizzazione a cumulare benefici ecclesiastici di diversa specie. Nel 1253 il papa Innocenzo IV chiese a Robert Grosseteste, vescovo di Lincoln, di assegnare un canonicato nella sua diocesi a un Federico da Lavagna, che il pontefice indica come proprio nipote. Con una lettera cortese nella forma, ma decisa nella sostanza, il vescovo respinse la richiesta. Non sembra probabile che i due personaggi si possano identificare col F., anche se non ci sono altrimenti noti, per quel periodo, esponenti della sua famiglia che portino il suo stesso nome.
Nel 1253 il F., che le fonti qualificano come "miles regis Angliae", fece costruire una cappella dedicata a S. Bartolomeo nella chiesa di S. Francesco di Castelletto di Genova. Nel 1270 (26 aprile) il cardinale Ottobono, fratello del F., attribuì a un altro fratello, Percivalle, ai figli di Niccolò ed agli eventuali figli del F. il giuspatronato sulla chiesa di S. Adriano di Trigoso, da lui fondata. Nel 1272 il F. si accordò con Moroello Malaspina per il possesso del castello di Madrignano, sopra La Spezia.
Dopo il colpo di mano del 28 ott. 1270, con cui le famiglie Doria e Spinola si impadronirono di fatto del potere e, instaurato il governo dei capitani del Popolo, impressero un radicale cambiamento di rotta alla politica estera genovese, ponendo fine all'alleanza e alla collaborazione con Carlo d'Angiò e facendo espellere dalla loro città i guelfi, che quella politica avevano promosso e sostenuto; quando anche i Fieschi, i Grimaldi e i Malocelli - guelfi e filoangioini - furono dopo dura lotta esiliati ed ebbero i loro beni confiscati, il F. venne chiamato a Roma dal fratello Ottobono, diacono cardinale del titolo di S. Adriano e personalità eminente della corte pontificia. Presso la Curia romana erano allora in corso, promosse dal papa, trattative in vista di un'intesa fra gli sbanditi guelfi genovesi ed il governo dei capitani del Popolo. L'accordo venne raggiunto dopo laboriosi negoziati, grazie alla mediazione di Innocenzo V, e venne firmato il 18 giugno 1276.
Alla scomparsa del card. Ottobono Fieschi che, eletto papa col nome di Adriano V l'11 luglio 1276, era morto poco più di un mese dopo a Viterbo, il 16 agosto, senza essere stato consacrato, il F. fu chiamato dagli eventi a svolgere un ruolo più incisivo nelle vicende politiche ed economiche della sua famiglia.
Il card. Ottobono, infatti, nel testamento da lui dettato il 28 sett. 1275, aveva lasciato al F. e ad un altro loro fratello, Niccolò, i beni immobili che possedeva a Trigoso, a Roccatagliata, a Genova. Aveva inoltre assegnato al F. quanto possedeva nel Regno di Sicilia: si trattava di un vasto patrimonio, formato con i beni confiscati ai consiglieri dell'imperatore Federico II, che, dopo la sua morte, era passato al cardinale Ottobono in eredità da papa Innocenzo IV. A suggello di tale lascito, col medesimo documento il cardinale aveva affidato al F. il compito di istituire una cappellania presso la sua tomba a Napoli.
Il F. rivendicò il possesso dei beni che il fratello gli aveva lasciato in eredità e che Carlo d'Angiò aveva incamerato; su istanza del nuovo pontefice, Giovanni XXI, eletto nel settembre del 1276, il re acconsentì a restituire al F. i beni ereditati (27 ottobre). Non sappiamo, tuttavia, se il F. ne abbia preso personalmente possesso. Allo stesso modo, non ci sono pervenute testimonianze che provino la presenza del F. a Genova, in questo e negli anni successivi. Sappiamo che il 28 genn. 1277 un notaio, suo procuratore, provvide a riscuotere la pigione di una casa appartenente al F.: segno che, seppure il F. non era ancora rientrato in patria, il Comune di Genova aveva allora già restituito ai suoi rappresentanti almeno i beni immobili che gli erano stati confiscati. Tuttavia, accusati di cospirare contro Genova, i Fieschi furono costretti nuovamente all'esilio, a solo un anno di distanza dall'accordo stipulato a Roma. Questa accusa e la condanna che le fece seguito liberarono le autorità municipali dall'impegno di consegnare ai Fieschi e ai loro aderenti i castelli che avevano loro sottratto. Come reazione, nel 1278 il F., suo fratello Alberto e i figli del defunto Corrado Malaspina, assoldato un esercito di 1200 fanti e 300 cavalieri, attaccarono il borgo di Chiavari, il 26 marzo. La pronta replica di Oberto Doria, capitano del Popolo, segnò la sconfitta del tentativo e permise a Genova di rinnovare la condanna degli "extrinseci" all'esilio ed alla confisca dei beni. I Fieschi riuscirono ad ottenere l'appoggio del nuovo papa, Niccolò III, che, il 13 ag. 1278 intimò al Comune genovese di accordarsi coi Fieschi, rispettando i patti stipulati due anni prima. Il 27 febbr. 1279 il vescovo di Forlì, che era stato incaricato di risolvere la questione, sentenziò a sfavore di Genova. I capitani del Popolo, tuttavia, si appellarono contro la sentenza, per cui Niccolò III rimise la questione al cardinale Giacomo di S. Maria in Cosmedin. Questi si pronunziò contro Genova e la sua sentenza fu confermata dal papa il 28 genn. 1280. Essa, ad ogni modo, non ebbe alcun effetto pratico.
Ancora per qualche anno il F. dovette restare lontano da Genova, soggiornando presso la Curia romana, come è provato da documenti in data 6, 8 e 9 maggio 1281. Tuttavia, quando il Comune genovese si sentì abbastanza forte da permettere il ritorno dei fuorusciti, il F. poté rientrare in patria: infatti il 25 ag. 1282 egli si accordò con alcuni "magistri antelami" per la costruzione di un palazzo nel quartiere di S. Tommaso, su terreno di sua proprietà. In Genova egli risultava possedere una torre presso S. Donato (quartiere sotto il controllo fliscano) ed altri beni immobili in S.Tommaso. Nel 1286 egli appoggiò, non sappiamo se anche militarmente, l'azione politica che il fratello Percivalle, svolse come vicario imperiale in Toscana. Nel 1288, alla fine di marzo, fu tra i membri laici della famiglia che scelsero il magiscola Tedisio e l'arcidiacono Leonardo come arbitri per decidere le quote sulla somma da impiegare per una azione comune presso la Curia romana, onde ottenere un intervento di quest'ultima presso il Comune genovese. Questa iniziativa, cui il F. contribuì in modo notevole, nascondeva forse l'organizzazione di un colpo di mano che avrebbe dovuto rovesciare, a Genova, il governo ghibellino dei capitani del Popolo. L'azione insurrezionale fu in effetti tentata il 1º genn. 1289, ma si concluse con un totale fallimento. Il F. fu di nuovo costretto all'esilio, dato che mancano nei documenti a noi pervenuti notizie che testimonino la sua presenza in Genova negli anni successivi. Egli fu ancora coinvolto, nel dicembre del 1295, in un altro tentativo di rivolta, organizzato dai guelfi genovesi ma anch'esso fallì. Nel febbraio del 1296, insieme con altri membri della famiglia, fu colpito da una nuova condanna all'esilio e vide ancora una volta confiscati i suoi beni. Non si hanno, dopo questa data, ulteriori notizie su di lui sino al 1303.
Secondo il Federici, aveva sposato in prime nozze Teodora di Riccardo Spinola, da cui ebbe Eleonora; e poi, rimasto vedovo, in seconde nozze, una Clara, di cui ignoriamo il casato, da cui ebbe un'altra figlia, Andriola. Non ebbe figli maschi.
Ritiratosi a Sarzana, vi stese, il 6 febbr. 1303, essendo gravemente ammalato, il proprio testamento.
Il F. istituiva suo erede universale il fratello Niccolò, cui lasciava, in Genova, la torre di S. Donato ed altri beni immobili. Alla seconda moglie, Clara, destinava le case nel quartiere genovese di S. Tommaso, come restituzione della dote. Affidava la figlia Andriola, cui legava una somma in denaro, alla protezione di un nipote, il cardinale Luca Fieschi, che nominava erede di tutti i suoi diritti non espressamente citati nel testamento. All'altra figlia, Eleonora, che aveva sposato Bernabò Doria (e non Antonio Del Carretto come sostengono alcuni genealogisti), lasciava pure una somma di denaro. Il F., infine, assegnava numerosi legati a diverse istituzioni religiose della città che lo ospitava.
Il F. morì poco dopo aver dettato il suo testamento, probabilmente nella stessa Sarzana (La Spezia). Il suo corpo venne inumato, in ottemperanza al desiderio da lui espresso, a Genova, nella chiesa di S. Francesco di Castelletto.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. civica Berio, F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca (ms. sec. XVII), cc. 221, 236-241v; Ibid., Foliatium notariorum (ms. sec. XVIII), II, cc. 103v, 157r, 177r; Ibid., N. Muzio, Multiplicità di scritture ... (ms. sec. XVIII), cc. 36-38v; Libri degli anniversari del convento di S. Francesco di Castelletto di Genova, a cura di V. Promis, in Atti della Soc. ligure di storia patria, X (1874), pp. 396 s.; Codice diplom. delle relazioni tra la Liguria la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante, a cura di A. Ferretto, ibid., XXXI (1901-1903), ad Indicem; Il regesto del codice Pelavicino, a cura di M. Lupo Gentile, ibid., XLIV (1912), p. 580; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di G. Monleone, VII, Genova 1929, ad Indicem; Les registres de Nicolas III, a cura di J. Guy - S. Vitte, Paris 1938, doc. 114; R. Doehaerd, Les relations commerciales entre Gênes, la Belgique et l'Outremont d'après les archives notariales génoises, Bruxelles-Rome 1941, ad Indicem; F. Federici, Trattato della famiglia Fiesca, Genova [1646], pp. 34, 55, 60; L. T. Belgrano, Tavole genealogiche a corredo della Illustrazione del Registro arcivescovile di Genova, in Atti della Soc. ligure di storia patria, II (1873), tav. XI; G. Ravenna, Mem. della contea e del Comune di Lavagna, Chiavari 1879, pp. 78 s.; N. Schöpp, Papst Hadrian V, Heidelberg 1916, ad Indicem; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, 2, Firenze 1957, p. 406; A. Goria, Le lotte intestine in Genova tra il 1305 ed il 1309, in Miscell. di storia ligure in onore di G. Falco, Milano 1962, p. 259; G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Soc. ligure di storia patria, n. s., XIV-XV (1974-1975), ad Indicem; A. Sisto, Genova nel Duecento. Il capitolo di S. Lorenzo, Genova 1979, ad Indicem; Id., Chiese, conventi ed ospedali fondati dai Fieschi nel secolo XIII, in Atti del Convegno internazionale per l'VIII cent. della urbanizzazione di Chiavari (8-10 nov. 1978), Chiavari 1980, pp. 328, 330; Dictionary of national biography, VIII, p. 720.