FLORA, Federico
Nacque a Pordenone (Udine) il 3 luglio 1867 da Giovanni Battista e da Sofia Bevilacqua. Compiuti i suoi studi presso la sezione magistrale di economia e statistica annessa alla Scuola superiore di commercio di Venezia, nel 1890 conseguì il diploma di abilitazione all'insegnamento dell'economia, statistica e finanza per gli istituti tecnici. Nel 1894 conseguì la libera docenza in scienza delle finanze e diritto finanziario presso l'università di Napoli. Fu professore reggente di economia politica presso i due istituti tecnici di Foggia (1890-1894) e di Cremona (1894-1896), professore titolare di economia politica, statistica e scienza delle finanze presso l'istituto tecnico "Vittorio Emanuele II" di Genova (1896-1904) e professore straordinario di economia politica e commerciale presso la Scuola superiore di applicazione per gli studi commerciali di Genova (1901-1904). Sempre a Genova, dove già dal 1897 aveva tenuto corsi universitari di diritto finanziario, conseguì nel 1902 la libera docenza in economia politica.
Nel 1903 il F. vinse il concorso per professore straordinario di scienza delle finanze e diritto finanziario e l'anno successivo fu chiamato a ricoprire tale cattedra dall'università di Catania, dove ebbe anche gli incarichi di economia politica e di contabilità di stato.
Nell'autunno del 1907, divenuto professore stabile di scienza delle finanze e diritto finanziario, passò per trasferimento alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Bologna, dove rimase anche dopo essere divenuto, nel 1910, professore ordinario, e fino al suo collocamento a riposo nell'ottobre del 1937. Nell'autunno di quell'anno la facoltà di giurisprudenza conferì al F. il titolo di professore emerito.
A Bologna il F. insegnò anche presso gli istituti superiori di agraria e di scienze economiche e commerciali e presso la Scuolà di perfezionamento delle discipline corporative (di cui rimangono le lezioni trascritte dai suoi allievi, Gli istituti di credito nella economia generale e corporativa, Bologna 1935). Nel giugno del 1910 aveva sposato Maria Giovanna Ricchieri di Sedrano, di antica nobiltà friulana.
Al suo impegno di studioso e di insegnante, che lo rese ben presto una voce autorevole in tema di finanza pubblica e di circolazione monetaria il F. affiancò una costante attività di commentatore su numerosi quotidiani: L'Adriatico, Il Caffaro, Echi e commenti, Il Mattino, L'Ora, La Voce, Il Corriere economico, Il Corriere mercantile, Il Corriere della sera, ma soprattutto, e per oltre vent'anni, su Il Sole (a partire dal 1909) e Il Resto del Carlino. Una piccola parte di questa intensa attività pubblicistica, che in alcuni anni sostituì quasi quella scientifica, è stata raccolta in due volumi: Oro e carta. Prestiti e commerci nella guerra europea, Milano 1915 (con articoli scritti per vari quotidiani tra l'agosto del 1914 e il luglio del 1915), e La politica economica e finanziaria del fascismo, ibid. 1923 (con articoli scritti per Il Resto del Carlino tra l'ottobre del 1922 e il giugno del 1923). Dalle pagine di questi giornali il F. condusse alcune accese campagne, spesso riprese da autorevoli periodici italiani e stranieri, per la sottoscrizione dei prestiti nazionali, contro il protezionismo, la nominatività dei titoli azionari, la tassa di successione, in favore della conversione della rendita, in difesa della lira, per l'avocazione allo Stato delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita. Ed è proprio da questi articoli che si può cogliere meglio il processo di adattamento che le idee iniziali del F. subirono durante il regime fascista. Questo impegno costante, insieme alla sua indubbia preparazione tecnica e scientifica, valsero al F. numerose onorificenze ed alcuni incarichi importanti, ivi inclusa la collaborazione alla redazione di alcuni disegni di legge (riforma dei tributi locali, municipalizzazione dei pubblici servizi) e alla preparazione tecnica e politica della conversione della rendita. Dal 1919 al 1948 fu presidente della Banca popolare di credito di Bologna. Nel 1923 fu nominato socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei e, in seguito, socio nazionale. Nel gennaio-febbraio del 1924 fu delegato del governo italiano nel comitato Dawes per la soluzione del problema delle riparazioni belliche tedesche. Sui piani Dawes (1924) e Young (1926), il cui successo fu riconosciuto dagli alleati non meno che dai tedeschi, il F. pubblicò resoconti e documenti: Il Mano Dawes, in Nuova Antologia, 1° febbraio 1929; I Piani Dawes e Young e la liquidazione finanziaria della guerra, in Economia politica contemporanea. Saggi di economia e finanza in onore del prof. Camillo Supino, Padova 1930., II, pp. 171-195; Le obbligazioni Young, in Minerva bancaria, VIII (1930), pp. 545-548.
Nel 1925 il F. divenne membro del consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato.
Il F. si formò nella cerchia dei seguaci di Francesco Ferrara ed ebbe per maestro il liberista Angelo Bertolini, a cui dedicò il suo Manuale della scienza delle finanze (Livorno 1893) e la commemorazione Angelo Bertolini 21 nov. 1860-15 ottobre 1924, in Giornale degli economisti, I-XV (1924), pp. 646-648. Legato anche a Tullio Martello, con cui condivise, tra l'altro, la critica alla "aristocratica dottrina malthusiana", gli dedicò il saggio Inni e battaglie: Tullio Martello e la crisi liberista, in Scritti varii in onore di T. Martello, Bari 1917, pp. 181-191.
I primi scritti del F. risentono dell'influenza del Bertolini soprattutto nella scelta tematica, per la preferenza accordata a questioni di metodo e di filosofia politica e sociale: Del metodo in economia politica, in Ateneo veneto, I (1889), pp. 185-193, 275-289; II (1889), pp. 3-27; La statica e le sue partizioni, in Rassegna di scienze sociali e politiche, IX (1891), I, pp. 67-90; Pessimismo economico e filosofico, ibid., IX (1891), 2, pp. 83-99; Il tecnicismo nella società e nella scuola, Trani 1892. Ad essi seguirono tre saggi di carattere generale assai utili per comprendere la posizione politico-filosofica del F., e la sua collocazione nell'ambito dell'acceso dibattito teorico e politico che in quegli anni si sviluppò sulla riforma tributaria: La dottrina dello Stato e la filosofia politica contemporanea, in Giornale degli economisti, VII (1893), pp. 206-229, 322-345, 417-442; La questione sociale, in La Riforma sociale, V (1896), pp. 705-731; La finanza e la questione sociale, Torino 1897.
Tra gli scritti del F., il Manuale della scienza delle finanze, Livorno 1893, è l'opera scientifica più organica e completa, la maggior parte dei saggi successivi essendo rivolti a questioni specifiche. Va detto anche che, fino al 1921, esiste una stretta relazione tra questi ultimi ed il Manuale, nel senso che l'analisi delle questioni specifiche contenute nei saggi va ad aggiornare e ampliare l'argomento nelle edizioni successive del Manuale.
Questo testo, inizialmente concepito dall'autore a fini didattici per colmare una lacuna nella letteratura italiana, subisce dunque notevoli trasformazioni nel corso degli anni, fino a diventare "una piccola enciclopedia per la ricchezza di dottrine e di dati contenuti" (B. Griziotti, Primi lineamenti delle dottrine finanziarie in Italia..., in Economia politica contemp. Saggi in on. del prof C. Supino, II, Padova 1930, p. 139). La sua traduzione in spagnolo (Madrid 1906-1907), il rapido succedersi delle nuove edizioni (1903, 1909, 1912, 1917, 1921) e le numerose recensioni attestano il grande favore con cui questa opera venne accolta. L'esame comparato della legislazione finanziaria italiana e straniera contenuto nel testo costituisce uno dei suoi pregi maggiori. Il Manuale del F. ha segnato una tappa importante nel processo di formazione di questa scienza.
Tra le numerose questioni alle quali il F. ha fornito un contributo, va ricordata in particolare quella della privativa delle ferrovie dello Stato e delle assicurazioni sulla vita. Nell'aspra polemica che accompagnò e seguì l'avocazione allo Stato della gestione del servizio ferroviario, avvenuta il 1° luglio del 1905, il F. assunse fin dal 1907 una chiara posizione in favore dell'azienda di Stato. Col passare degli anni, anche di fronte alle passività considerevoli che si andavano accumulando, non perse occasione di dimostrare la superiorità dell'esercizio privato su quello pubblico e di difendere l'operato dell'azienda con varie considerazioni, prima tra tutte il fatto che in un'azienda statale ci si deve aspettare che prevalgano gli obiettivi indiretti - lo sviluppo della produzione, degli scambi e dei consumi della nazione attraverso il continuo miglioramento del servizio che essa offre - su quelli diretti (il profitto aziendale immediato).
I saggi scritti su questo tema sono numerosi. Dal 1925in poi i bilanci annuali delle ferrovie dello Stato furono regolarmente commentati dal F. nella Rivista bancaria. Come ricorda il Borgatta (pp. 423-426), nel suo insieme, l'opera svolta dal F. in questo settore fu importante, ed i suoi scritti, insieme a quelli del Repaci e del Tajani, costituiscono i migliori contributi sull'argomento.
La posizione che il F. assunse nei confronti del sistema assicurativo fu, invece, più articolata e mutevole nel tempo. Nel 1894 il nuovo disegno di legge sulle assicurazioni proposto da P. Boselli si inseriva tra le due opposte concezioni in materia: quella liberista (fino ad allora dominante) e quella del socialismo di Stato. Nel saggio Il nuovo disegno di legge sulle assicurazioni, in La Riforma sociale, I(1894), pp. 477-486, la proposta del Boselli venne accolta dal F. con grande favore perché - introducendo a protezione degli interessi sociali una estesa e minuziosa opera di vigilanza governativa - mostrava come fosse possibile "ordinare queste grandi istituzioni di sommo interesse sociale ... senza giungere alla conclusione socialista della sostituzione dello Stato alle intraprese private" (p. 486). Tuttavia, alcuni anni più tardi, in Il monopolio delle assicurazioni sulla vita: nota, Livorno 1911, il F. si espresse in modo alquanto diverso.
Egli infatti riassunse con argomenti convincenti le ragioni per le quali l'industria delle assicurazioni sulla vita si prestava meglio di qualunque altra ad un regime di privativa di Stato, a condizione che gli scopi della riforma non fossero se non subordinatamente fiscali, ma mirassero al migliore assetto ed alla maggiore economicità dell'impresa (la segnalazione di questo saggio in La Riforma sociale, XXII [1911], p. 719). Infine, nell'edizione del 1921 del Manuale, la privativa delle assicurazioni sulla vita, scrisse il F., mirando ad "evitáre alle classi medie... l'applicazione di prezzi o tariffe elevate che ostacolano lo sviluppo della previdenza", è una privativa "fiscale e sociale insieme", giustificata dalla "intima connessione [di questa industria] alle esigenze morali, economiche e politiche della vita sociale" (pp. 586, 589).
Dopo l'avvento del fascismo la produzione scientifica del F. si ridusse drasticamente, mentre si intensificò la sua attività di pubblicista. Iscritto al Partito nazionale fascista dal 1933, fu senatore dal 1934 al 1945.
Il carattere nazionalista della politica fascista, il suo tentativo di riassorbire e risolvere entro lo Stato gli antagonismi dei partiti e delle classi sociali trovò consenziente il F., il quale, nel periodo tra le due guerre, pur mantenendosi fedele ad alcune posizioni liberiste già sostenute nel passato (contro il protezionismo, contro l'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile sui salari), manifestò anche delle "sofferte conversioni" in favore della politica economica fascista, in particolare sulla questione della rivalutazione della lira. Ed è con riferimento a queste ultime che il F. è stato recentemente definito "liberista conservatore, ... commentatore brillante, interprete eclettico ma non raramente acuto dei fenomeni economici, ... non senza qualche contraddizione con precedenti prese di posizione" (Bairati - Carrubba, pp. 318 ss.).
Tra il 1923 ed il 1939 il F. in sostanza circoscrisse il suo intervento a due problemi, non trascurando di evidenziame il legame: i prestiti pubblici e le svalutazioni monetarie. Vanno ricordati, tra gli altri, i seguenti saggi: L'avvenire dei prestiti pubblici, in Beitráge zur Finanzwissenschaft, (I [1928], pp. 348-366; Bilancio e moneta, in Diritto e pratica tributaria, III (1928), pp. 65-70; La conversione del consolidato italiano, in Rivista italiana di statistica, economia e finanza, VI (1934), pp. 137-147; Moneta e prezzi, discorso pronunciato al Senato il 22 dic. 1936, Roma 1936; Il prestito e la proprietà fondiaria, in Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze, I (1937), pp. 8-24; Oro e traffici, in Rivista bancaria, XIX (1938), pp. 401-407; Problemi riguardanti lo sviluppo e il potenziamento del credito, Roma 1939.
Se nel periodo a cavallo tra i due secoli il F. aveva espresso ripetutamente viva preoccupazione per l'ammontare eccessivo del debito pubblico e per il pagamento del suo servizio, nel periodo fra le due guerre fu tra coloro che, favorevoli all'espansione dei prestiti pubblici (piuttosto che della moneta) per il finanziamento delle crescenti spese militari, sostennero la capacità dello Stato di "pagarne sempre" gli interessi. In favore di questa tesi il F. si fece promotore, sui quotidiani, di una campagna per una "rivalutazione lenta [della lira], commisurata all'incremento normale della produzione e degli scambi" (Mussolini, Keynes e la lira, in Il Resto del carlino, 14 febbr. 1923).
Il F. morì a Chiusi il 1° maggio 1958.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale della istruzione superiore, Personale, Il versamento, busta 55; Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, fasc. 535-602; È morto il prof. F. F., insigne studioso di economia, in Il Resto del carlino, 3maggio 1958; A. De Gubematis, Dictionnaire international des écrivains du monde latin, Florence 1905, p. 616; A. Cabiati, Da Versailles all'Aja, Torino 1929; Elenchi storici e statistici dei senatori (1848-1937), Roma 1937, p. 105; Problemi di finanza fascista. In onore di Federico Flora, Bologna 1937; Il Senato vitalizio dal 4 marzo 1848 al 7 nov. 1947, Roma 1947, ad vocem; L'Italia e gli Italiani di oggi, a cura di A. Codignola, Genova 1947, p. 331; N.S. Onofri, La grande guerra nella città rossa, Milano 1966, pp. 188, 192, 310 s.; Annali della Fondazione Luigi Einaudi, Torino 1967, pp. 145, 270 s., 273, 275, 301; Il pensiero economico italiano 1850-1950, a cura di M. Finoia, Bologna 1980, pp. 183, 550, 720, 769, 777; S. Bartolozzi Batignani, Il contributo degli economisti in alcuni quotidiani, in Banca e industria tra le due guerre, I, L'economia e il pensiero economico, a cura del Banco di Roma, Bologna 1981, pp. 299-358 (in particolare, pp. 318 s., 328 n., 331 s., 343, 357); P. Barucci, Il contributo degli economisti italiani (1921-1936), ibid., pp. 179-243 (in particolare, p. 202); S. Colucci, Saggio bibliografico sul contributo degli economisti, ibid., pp. 359-436; Annali dell'economia italiana, IV, Milano 1982, pp. 166 n., 184 s., 249, 300 n.; VII, I, ibid. 1982, pp. 177 s.; VIII, I, ibid. 1983, p. 264; P. Bairati - S. Carrubba, La trasparenza difficile. Storia di due giornali economici: "Il Sole" e "24 Ore", Palermo 1990, pp. 161-163, 207, 220, 228, 251 s., 257, 259; D. Fausto, La polemica sull'unità disciplinare tra scienza delle finanze e diritto finanziario, in Quaderni di storia dell'economia politica, VIII (1990), pp. 230 s., 25, s.; G. Pavanelli, Gli economisti e la politica economica: le svalutazioni degli anni '30 nel dibattito italiano, ibid., p. 351; Chi e? Dizionario biografico degli Italiani d'oggi, Roma 1928, ad vocem; Panorama biografico degli Italiani d'oggi, a cura di G. Vaccaro, Roma 1956, I, pp. 639-640; Encicl. Ital., Appendice II, p. 954.