FEDERICO I re di Danimarca e di Norvegia
Figlio minore di Cristiano I e di Dorotea di Brandeburgo, nacque nel 1471, morì nel 1533. Aiutato dalla nobiltà dei ducati e dalla madre, di cui era il figlio prediletto, fu riconosciuto signore ereditario dei ducati alla dieta di Kiel nel 1482, e dopo che ebbe raggiunto la maggiore età, nella divisione dei ducati fatta nel 1494, ottenne la regione di Gottorp. Non contento della divisione, avanzò pretese, negli anni seguenti, su parti della Danimarca e sulla Norvegia, ma senza risultato. Ancora peggiori divennero i suoi rapporti col nipote Cristiano II, dal quale F. aveva ottenuto con l'accordo di Bordesholm (1522) importanti cessioni: nel 1523, chiamato nel paese dalla nobiltà dello Jütland sollevatasi, occupò Copenaghen e fu incoronato re. Presto ottenne di essere riconosciuto anche nella Norvegia, di cui tuttavia non venne mai in possesso effettivo.
Ma la sua posizione non era sicura: non all'interno, dove si ebbero parecchie rivolte dei contadini e dove il potere effettivo era nelle mani del Rigsraad, che aveva ottenuto grandi privilegi insieme con tutta la nobiltà; non all'esterno, essendo minacciato da Cristiano II. Dopo la riconciliazione di Cristiano II con Carlo V, il pericolo divenne ancora più grave; nel 1531 Cristiano II sbarcò in Norvegia e vi fu riconosciuto; ma con un tradimento venne condotto in Danimarca e quivi imprigionato. La Norvegia si calmò presto. Quando F. morì, non era però stabilito quale dei suoi figli dovesse succedergli.
Intanto cominciò il fermento religioso in Danimarca. Verso i riformatori, F. mantenne un atteggiamento benevolo; nelle diete del 1526 e 1527 egli proibì ai vescovi di chiedere al papa la loro conferma che doveva spettare in avvenire al re; e con la sua politica accorta e moderata permise la predicazione della dottrina luterana. Ma non poté aderire al movimento luterano, poiché egli dipendeva molto dai prelati e dal consiglio di stato, ancora in gran parte cattolico, i quali ostacolarono pure le riforme progettate da lui per i contadini. Considerato dai suoi contemporanei come una personalità insignificante, in realtà F., silenzioso e chiuso, era un uomo accorto, che sapeva aspettare il tempo opportuno e che in momenti di grave fermento politico-religioso e sociale, ritardò con la sua politica conciliante la guerra civile, che scoppiò subito dopo la sua morte.