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MAGGI, Federico

di Gian Maria Varanini - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)
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MAGGI, Federico

Gian Maria Varanini

Figlio di Bertolino di Berardo senior (fratello, quest'ultimo, di Emanuele, fondatore della potenza politica della grande famiglia bresciana), nacque nell'ultimo decennio del Duecento dalla prima moglie (di cui si ignora il casato) di Bertolino. Fu avviato prestissimo alla carriera ecclesiastica, nell'ambito della strategia di controllo della Chiesa locale della sua casata; in assai giovane età divenne canonico della cattedrale, forse intorno al 1305.

La prima decisiva svolta della vita e della carriera del M. giunse poco più tardi, alla morte di Berardo Maggi vescovo e signore di Brescia (16 ott. 1308). Fu allora designato a signore della città Maffeo, fratello del vescovo e con lui leader della famiglia: uomo autorevole, anziano, con un cursus honorum ragguardevolissimo alle spalle, al quale va fatta risalire verosimilmente l'indicazione del M. come successore di Berardo sul soglio episcopale (a preferenza di altri canonici Maggi: Maffeo, fratello del M., e Mazzino, figlio di un altro fratello del vescovo Berardo). Come ricordò egli stesso in un documento di qualche anno dopo, indirizzato al metropolita milanese Cassone Della Torre, il M. fu eletto all'unanimità, nonostante il "defectus ordinum et aetatis", da un corpo elettorale forse abbastanza ampio (il capitolo, e "alii omnes ad quos, vacante ipsa ecclesia, episcopi electio spectat").

Nel dicembre 1308, accompagnato dal padre Bertolino e da Alberto abate di S. Faustino Maggiore, il giovane vescovo eletto si recò a Tolosa, presso papa Clemente V, per ottenere la dispensa dalla condizione di ineleggibilità e la conferma. Il 2 genn. 1309 il papa incaricò l'arcivescovo di Milano di esaminare, confermare e successivamente consacrare il M., al quale indirizzò un'altra lettera, datata 8 genn. 1309, autorizzandolo a irrogare pene canoniche per recuperare beni pertinenti alla mensa posseduti da Berardo Maggi "infirmitatis et obitus [(] tempore".

Nella sua cronaca, il notaio milanese Giovanni da Cermenate definisce il governo diarchico (il M. nell'episcopio, Maffeo nel Broletto) che da allora si venne a configurare in Brescia con le parole "regnabat clericus et laicus, utrumque gladium valida manu tenens". L'appoggio della potente consorteria familiare al giovane vescovo risulta del resto da vari indizi, come il sostegno finanziario assicurato mediante prestiti consistenti (segnatamente del padre) e la presenza nel palazzo episcopale dei canonici Maffeo e Mazzino (per es. il 27 febbr. 1309, quando il M. confermò all'abate di S. Faustino il privilegio ottenuto a Tolosa di portare le insegne episcopali). Nel segno della continuità con l'episcopato di Berardo, vanno ricordate poi altre circostanze: l'uso nei documenti vescovili (già dal 1309) degli appellativi "marchio, dux et comes" introdotti dal predecessore; il completamento del "liber magnus feudorum" dell'episcopato; e in generale la cura della documentazione amministrativa.

La pronta conferma papale dell'elezione del M. ebbe come ovvia contropartita il fattivo appoggio della signoria bresciana, e quindi del M., alla guerra contro Venezia per il controllo di Ferrara, iniziata nel 1308. Nella circostanza il M. non si limitò a imporre tasse al clero diocesano, ma a partire dal giugno 1309 si recò a Bologna presso il legato (più volte: "cepit ire", secondo la fonte; cfr. Archetti, p. 285 n. 227), e fu poi personalmente a Ferrara con 100 cavalieri.

In questi primi anni del suo episcopato il M. non trascurò del tutto il governo ecclesiastico (per il quale si avvalse anche di alcuni vicari, come il citato Maffeo Maggi e Simone di Santo Stefano Magra). Nel maggio 1309 convocò un sinodo diocesano, nel quale sancì norme già esistenti (confermando e integrando la legislazione di Berardo Maggi e degli altri vescovi bresciani del Duecento sulla vita comune e sulla collegialità), ma anche ne introdusse di nuove, attente agli aspetti della regolarità amministrativa.

Il 6 genn. 1311 il M. fu presente in Milano all'incoronazione di Enrico VII di Lussemburgo, al quale richiese la conferma dei privilegi della Chiesa vescovile bresciana (ma nella secolare questione con il vescovo di Vercelli per la precedenza nel cerimoniale fu posposto all'avversario, e dovette accontentarsi di sedere alla destra del metropolita all'incoronazione dell'imperatrice).

Poche settimane più tardi la situazione politica mutò radicalmente, con la ribellione dei guelfi bresciani, la cacciata del vicario imperiale (fine febbraio) e il successivo duro assedio di Brescia da parte dell'esercito di Enrico VII (maggio-ottobre 1311). Il M. si allontanò dalla città e nel luglio inviò il canonico Maffeo Maggi, suo fratello, al concilio provinciale convocato a Bergamo dall'arcivescovo Cassone Della Torre.

Rientrato in Brescia dopo la fine dell'assedio, il M. vi rimase nei mesi successivi (ora senza l'appoggio dell'autorità civile, essendo venuta meno la signoria dei Maggi), per sostenere il tentativo di mediazione operato per conto della Curia dal cardinale Luca Fieschi, per ripristinare il patrimonio preso di mira dai cittadini bresciani e tutelare i diritti dell'episcopio. Nel dicembre 1313, ad Alessandria, espose a Cassone Della Torre le critiche condizioni finanziarie dell'episcopio, in conseguenza delle quali due mesi prima (20 ottobre) aveva quantificato in 8793 fiorini la somma a lui mutuata senza interessi dal padre Bertolino, per tutte le questioni concernenti l'episcopato, dal 1309 in poi, impegnandosi a un'improbabile restituzione entro due anni.

In quegli anni la situazione politica bresciana rimase incerta. Il M. (che alla data del 1312 il Malvezzi definisce senz'altro "gibellinorum ductor") gravitò progressivamente nel partito ghibellino. A lui si rivolse nell'aprile 1313 Enrico VII, cercando appoggio attraverso i suoi emissari Rosso Gualandi e Vermiglio Alfani, ma il M. fece presenti le precarie condizioni economiche della città e appunto l'incertezza del quadro politico. Nello stesso anno, tuttavia, il M. ancora avallò la pacificazione civica stabilita a Gussago e sigillata da molti matrimoni fra esponenti delle due fazioni (compreso quello del padre del Maggi). Con tutta probabilità, rimase in città sino alla definitiva espulsione dei ghibellini, nel gennaio 1316, quando si rifugiò nella corte episcopale di Roccafranca, e partecipò successivamente all'attacco degli estrinseci e dei Visconti contro Cremona. Fu questa la svolta decisiva della vita del M., sul piano personale non meno che su quello politico: scomunicato e "rebellis Ecclesie", da allora in poi visse la vita del fuoruscito. Pochi mesi dopo, venne traslato "propter malam administrationem Ecclesie brixiensis" alla sede di Piacenza, della quale non prese mai possesso (e rinunciò formalmente a essa nel 1323), continuando invece a intitolarsi "episcopus Brixie".

Della vita del M. nel decennio successivo si sa poco: alcune fonti tarde lo dicono rifugiato dapprima a Verona e successivamente Milano, il che è plausibile trattandosi delle capitali del ghibellinismo italiano. Ricomparve alla ribalta in occasione della spedizione in Italia di Ludovico IV il Bavaro: con Guido Tarlati vescovo scomunicato di Arezzo al quale le fonti, e anche la storiografia recente, danno il maggior rilievo, talvolta equivocando sul nome del M.; fu lui infatti a incoronare Ludovico con la corona ferrea, a Milano (31 maggio 1327). Nei primi anni Trenta il M. è a Roccafranca, l'antico possesso episcopale; ma neppure la conquista del territorio bresciano da parte dei ghibellini gli valse il rientro in città, visto che Mastino (II) Della Scala gli ingiunse nell'occasione di "recedere de dicto castro Rochefranche cum gente sua".

Il M. morì a Milano il 21 marzo 1333, e fu sepolto nella chiesa domenicana di S. Eustorgio.

Si chiude con lui la serie due-trecentesca dei vescovi bresciani di origine locale; il suo episcopato coincide con la fine dell'autonomia politica della città di Brescia. Fu certo un uomo politico più che un pastore, com'era, ancora, nello spirito dei tempi: "vir armis deditus" (e narrando dell'incoronazione del 1327: "brixiensis civis et qui episcopatum tenuerat etsi a summo potifice Iohanne excomunicatus esset"), lo definisce senz'altro il Malvezzi. Ma il M. non merita forse il duro e moralistico giudizio che gli riserva la storiografia locale recente ("avventuriero ghibellino, più soldato che vescovo" lo definisce Guerrini).

Fonti e Bibl.: G. Malvezzi, Chronicon, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XIV, Mediolani 1729, coll. 964, 977, 994; Annales Mediolanenses, ibid., XVI, ibid. 1730, col. 704 (con il nome errato di "Federicus de Mandello"); Chronicon Parmense, a cura di G. Bonazzi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., IX, 9, p. 146; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, ibid., XVIII, p. 338; G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, a cura di B. Pagnin, ibid., XII, 5, p. 48; Chronicon Estense, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, ibid., XV, 3, p. 86; G. Villani, Cronica a miglior lezione ridotta, Firenze 1823, t. V, p. 23; Acta Heinrici VII, a cura di G. Doenniges, Berolini 1839, parte I, pp. 26, 63, 125; Regestum Clementis papae V, Romae 1884-92, nn. 3647, 3833; Historia Iohannis de Cermenate, a cura di L.A. Ferrai, Roma 1889, p. 82; Jean XXII, Lettres communes, 1316-1334, a cura di G. Mollat, Paris 1905, n. 5695; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, IV, Venetiis 1719, coll. 550-553; M. Caffi, Della chiesa di S. Eustorgio in Milano. Illustrazione epigrafica, Milano 1841, pp. 52-55; W. Altmann, Der Römerzug Ludwigs des Baiern. Ein Beitrag zur Geschichte, Berlin 1886, pp. 32 s.; A. Chroust, Die Romfahrt Ludwigs des Baiern, Gotha 1887, pp. 81 s.; G. Gerola, L'incoronazione di Lodovico il Bavaro in Milano, in Annuario degli studenti trentini, VI (1899-1900), pp. 38-41; L. Fè d'Ostiani, Vicari vescovili e capitolari di Brescia, Brescia 1900, pp. 26 s.; G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la Santa Sede per il dominio di Ferrara, Città di Castello 1905, p. 152; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 112, 748; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1958, pp. 598, 1094; A. Bosisio, Il Comune, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, p. 700; C. Violante, La Chiesa bresciana nel Medioevo, ibid., pp. 1098-1100; A. Fappani - F. Trovati, I vescovi di Brescia, Brescia 1982, p. 112; P. Guerrini, Parentele viscontee a Brescia [1929], in Id., Pagine sparse, III, Brescia 1984, pp. 143, 149-154; C.D. Fonseca, Vescovi, capitoli cattedrali e canoniche regolari (sec. XIV-XVI), in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo. Atti del VII Convegno di storia della Chiesa in Italia. Brescia, 1987, a cura di G. De Sandre et al., Roma 1990, I, pp. 88 s., 94; G. Soldi Rondinini, Vescovi e signori nel Trecento: i casi di Milano, Como, Brescia, ibid., II, pp. 861 s.; I. Bonini Valetti, La Chiesa bresciana dalle origini agli inizi del dominio veneziano: istituzioni e strutture, in Diocesi di Brescia, Brescia-Varese 1992, p. 55; G. Archetti, Berardo Maggi vescovo e signore di Brescia, Brescia 1994, pp. 41, 56-60, 67, 78, 133, 166 s., 184, 273, 283-287, 426, 435 s., 447, 454, 472, 491, 499 s.; R. Pauler, Die deutschen Könige und Italien im 14. Jahrhundert, Darmstadt 1997, p. 148 (incoronazione); Hierarchia catholica, I, pp. 147, 401.

Vedi anche
Alessandro V antipapa Pietro Filargo o Filargis (Kare, Creta, 1340 circa - Bologna 1410), francescano, professore presso l'università di Parigi, poi di Pavia, consigliere di Gian Galeazzo Visconti, per il quale ottenne dall'imperatore Venceslao il titolo di duca (1395), fu arcivescovo di Milano dal 1402, cardinale dal 1405. ... Pio VII papa Gregorio Luigi Barnaba Chiaramonti (Cesena 1742 - Roma 1823). Eletto papa (1800), restaurò l'influenza della Chiesa in Francia con il Concordato (1801) e promosse nel suo Stato varie riforme. Incoronò (1804) imperatore Napoleone, che dopo aver decretato la fine del dominio temporale dei papi (1809) lo ... Piacenza Città dell’Emilia-Romagna (118,5 km2 con 100.286 ab. nel 2008, detti Piacentini), capoluogo di provincia. È situata a 61 m s.l.m. quasi all’estremità dell’antica via romana che parte dal mare e giunge fino al Po, sulla riva destra del fiume. La città si è progressivamente estesa fuori delle mura, sia ... Brescia Comune della Lombardia (90,7 km2 con 190.044 ab. nel 2007), capoluogo di provincia. È situata a 149 m s.l.m. nella pianura pedemontana alla sinistra del fiume Mella, allo sbocco della Val Trompia. Il vecchio centro si è esteso in un primo tempo soprattutto fuori delle mura occidentali, fino alla sede ...
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