PACCES, Federico Maria
PACCES, Federico Maria. – Nacque a Napoli il 15 ottobre 1903 da Adolfo, militare di carriera, e da Camilla Borbonese.
A sedici anni aderì ai Fasci italiani di combattimento, il movimento fondato da Benito Mussolini a Milano il 23 marzo 1919. Iscritto nel 1920 al Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Torino, conseguì la laurea in scienze economiche e commerciali l’8 aprile 1927 (99 su 110), con una dissertazione in diritto industriale, Il conferimento dell’industria in società, seguita da una tesi in ragioneria (Osservazioni sulla contabilità di operatori in borsa) e da una seconda in politica economica (Sul diritto di sconto nelle borse e suo principio informatore).
Nel 1929 avviò la realizzazione del progetto di una scuola per l’insegnamento tecnico a distanza, l’Istituto aziendale italiano, che traeva ispirazione dalle scuole per corrispondenza americane. Con questa iniziativa, maturata dal suo vissuto di studente lavoratore e del tutto innovativa per l’ambiente italiano, cominciò il suo percorso sulla formazione manageriale e sulla trasmissione del sapere tecnico-scientifico, che egli stesso contribuì in prima persona a ridefinire con l’inserimento, nel 1933, del corso di tecnica aziendale nell’ambito accademico e della Scuola superiore di studi corporativi di Pisa.
Nel 1930 fondò la rivista Ratio e tre anni dopo pubblicò per l’Istituto aziendale italiano Aziendaria, termine con cui traduceva il concetto di management inteso come insieme di tecniche e prescrizioni di gestione e amministrazione dell’azienda. Aderiva ai principi del taylorismo e dello scientific management con una visione funzionalistica dell’azienda, basata su una divisione rivisitata delle funzioni aziendali in gestionali, amministrative, revisionali e ragionieristiche, per le quali proponeva tecniche conoscitive diverse. Distingueva, inoltre, funzionalmente anche il concetto di azienda da quello di impresa, poiché reputava quest’ultimo inadeguato a spiegare la complessità del fenomeno aziendale altrimenti ridotto agli aspetti più prettamente proprietari e d’intrapresa economica. Secondo Pacces, una rigorosa concettualizzazione di azienda presupponeva la definizione di un sistema produttivo che, nella fase di maturità del capitalismo, tendeva a comporsi di elementi istituzionali diversi, non sovrapponibili né riducibili alla unica figura economica del proprietario-imprenditore.
Con le sue idee Pacces contribuì alle esperienze innovative dei Collegi professionalizzanti istituiti presso la Scuola normale di Pisa negli anni di Giovanni Gentile e del Collegio Mussolini di scienze corporative. A quell’epoca, ai vertici dell’ambiente accademico pisano aveva acquisito grande influenza e prestigio uno degli esponenti più autorevoli del regime, Giuseppe Bottai, professore di diritto corporativo e ministro delle Corporazioni dal settembre 1929 al luglio 1932. Il progetto dell’Ateneo pisano prevedeva di trasformare il vecchio collegio in un istituto di diritto corporativo. Sebbene la scuola finisse per essere identificata all’esterno con gli orientamenti idealistici gentiliani, promossi in particolare da Ugo Spirito, tuttavia vi era una varietà di approcci metodologici al suo interno. La volontà di favorire gli orientamenti corporativi più radicali portò, nel 1933, alla chiamata di Pacces al corso di tecnica aziendaria: una titolatura assolutamente nuova nell’accademia italiana.
Pacces aveva sviluppato una linea interpretativa che identificava nella programmazione corporativa dell’attività aziendale il superamento del tradizionale meccanismo di regolazione del mercato basato sull’adeguamento di domanda e offerta nella formazione dei prezzi. Nel dicembre 1933 Bottai – alla cui rivista, Critica Fascista, Pacces collaborava con articoli e recensioni – presentò l’incarico conferito allo studioso come lo sviluppo di una precisa opzione ideologico-culturale nell’ambito corporativo: la sua tecnica aziendale veniva infatti considerata uno degli esperimenti più avanzati di sviluppo dei dettami corporativi applicati al rapporto fra prezzi e salari.
Il 15 febbraio 1938 Pacces prestò giuramento come professore incaricato presso la facoltà di economia e commercio di Torino; secondo vincitore di concorso, il 1° dicembre successivo fu nominato professore straordinario di tecnica industriale e commerciale presso lo stesso Ateneo.
Intanto, dal matrimonio con Carla Costa della Torre (1932) erano nate in quegli anni tre figlie (Donatella, Simonetta, Adria) il quarto figlio (Luca) venne alla luce all’inizio del 1940.
Divenuto professore ordinario il 1° dicembre 1941, nel gennaio 1943 fu nominato direttore del settimanale Il Commercio. Esperienza breve, chiusa alla fine dell’estate per il precipitare della situazione politica e militare, riuscì nondimeno a promuovere la circolazione delle informazioni economiche e la discussione su temi di grande interesse. In settembre, dopo l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati e la nascita della Repubblica sociale di Salò, Pacces si allontanò da Torino rinunciando a esercitare le sue funzioni accademiche. Rientrato successivamente nel capoluogo piemontese su richiesta del rettore per riprendere l’insegnamento, ne fu impossibilitato per l’ostilità del governo repubblichino (anche a motivo della sua affinità politica con Bottai) e la minaccia di mandato d’arresto, del quale – come osservava in una memoria del 9 marzo 1946 per il nuovo rettore dell’Ateneo torinese – «non stetti ad aspettare l’esecuzione» (Archivio storico dell’Università di Torino, f. Federico Maria Pacces.). Fece perciò ritorno a Roma, dove la famiglia Pacces viveva dal 1935.
Nella confusa e drammatica situazione di quegli anni, il ministero dell’Educazione nazionale lo aveva nominato proprio rappresentante in seno alla Commissione distrettuale per i professionisti di razza ebraica presso la Corte d’Appello di Torino (ibid., Lettera del ministero dell’Educazione nazionale, 4 novembre 1944).
Tornato a Torino alla fine della guerra, nel giugno 1945, si trovò ad affrontare il procedimento di epurazione e la sospensione dall’insegnamento universitario; solo quando la Sezione speciale di epurazione del Consiglio di Stato, presso cui aveva presentato ricorso, dichiarò estinto il procedimento nell’aprile 1948, potè riprendere il suo posto presso la facoltà di Economia e commercio.
Nel 1946 intanto, insieme a un gruppo di economisti particolarmente attivi nel dibattito del dopoguerra, fu tra i fondatori del quotidiano 24 Ore, che intaccò il monopolio de Il Sole (col quale si sarebbe fuso nel 1965).
I primi progetti del nuovo quotidiano erano stati abbozzati durante la guerra, negli ambienti legati al Partito d’Azione e all’antifascismo da esponenti del mondo politico, economico e accademico come Libero Lenti, Roberto Tremelloni e Ferdinando Di Fenizio. L’idea era quella di creare un quotidiano capace di porre problemi e soluzioni e di riaccendere così la discussione nel paese. Pacces e Piero Colombi, esperto di finanza e ideatore del Taccuino dell’azionista, entrarono nel gruppo qualche tempo dopo. Pacces, infatti, nei primi mesi del 1946 aveva rilevato a Torino il settimanale Il Commercio col proposito di trasformarlo in quotidiano; la sua iniziativa ebbe modo di convergere così con quella del gruppo milanese e il primo numero del 24 Ore, diretto da Pacces fino al 1948, vide la luce il 12 settembre 1946.
All’inizio degli anni Cinquanta fu chiamato a collaborare al quotidiano romano di Renato Angiolillo Il Tempo, presso la cui redazione si era ricostituito un gruppo di ex allievi della Scuola corporativa e di intellettuali già collaboratori di Bottai (come Andrea Billi). La rete relazionale, tessuta alla Scuola corporativa e al Collegio Mussolini, favorì la ricomposizione dei legami con quella componente dell’ambiente politico ed economico che rivendicava alla Scuola pisana elevata qualità scientifica, una certa spregiudicatezza e libertà nel dibattito interno.
Con la riassunzione in servizio presso l’Ateneo torinese, Pacces riprese anche gli studi economico-amministrativi. Nel 1951 pubblicò La produzione, concentrando la riflessione soprattutto sulla produzione industriale quale elemento peculiare dell’economia moderna.
Iniziò allora una serie di viaggi di studio e professionali all’estero: nel 1951 fu in Cile e Brasile; nel 1952 in Messico e USA in missione per conto del ministero degli Affari Esteri e dell’Istituto di credito per il lavoro italiano all’estero. Nel 1955 si recò nuovamente in Cile per realizzare progetti e trattative a favore dell’emigrazione italiana in America latina.
Nel 1957 fondò il Collegio Pareto e la Scuola d’applicazione di economia e tecnologia industriale, entrambi nell’ambito dell’Università di Torino. Il primo aveva il compito di seguire la didattica a distanza, mentre alla Scuola, che aveva fra i suoi finanziatori i principali enti e istituti di credito cittadini, afferiva la formazione d’aula. Nel 1960 essa prese la denominazione di Scuola d’applicazione di amministrazione caratterizzandosi per un ampio respiro culturale e scientifico che anticipava in sostanza l’ordinamento del 1963, e per sviluppare competenze adeguate alle moderne problematiche dell’amministrazione d’impresa.
Pacces aveva promosso, nel 1956, il Centro di documentazione, ricerche e relazioni industriali – divenuto in seguito CERIS e parte del CNR – finalizzato allo studio dell’economia applicata e dell’impresa, promotore di numerose ricerche sull’organizzazione industriale. Tre anni dopo fondò la rivista L’impresa che fu la prima esperienza di marketing dell’università italiana. Con i suoi assistenti Giovanni Zanetti, Enrico Filippi e Gian Maria Gros Pietro, che avrebbero raggiunto posizioni di altissima responsabilità nella struttura economica del paese, esplorò anche le possibilità offerte dal mercato della consulenza d’impresa. Intuendo con largo anticipo la necessità di percorsi formativi diversi da quelli accademici offerti dagli atenei italiani per la formazione dei quadri intermedi delle aziende, promosse il ricambio dei ceti dirigenti dell’industria, reputato un fattore indispensabile per il progresso economico e culturale del paese. Pensava che solo un’università che avesse previsto l’attivazione di più livelli formativi avrebbe potuto rispondere efficacemente alla domanda di un mercato del lavoro in espansione e diversificato; allo scopo non solo inventò – con grande anticipo – percorsi formativi di due anni ma intuì anche la necessità di professionalizzare i corsi attirando docenti provenenti dal mondo dell’impresa, oltre che dall’accademia. I corsi per la formazione dei quadri divennero così parte integrante del suo progetto formativo.
Nella Prolusione svolta per l’inaugurazione dell’anno accademico 1960-61 dell’Università di Torino, La formazione universitaria dei quadri dirigenti per l’industria, Pacces palesava come la sua riflessione si fosse ormai orientata verso la formazione professionale dell’imprenditore; una scelta, questa, che implicava il superamento di quella visione generalista e non professionalizzante evocata e difesa da gran parte del mondo accademico. Il modello era per molti aspetti quello americano: «Al giorno d’oggi, per avere successo negli affari, un diploma universitario vale più d’una grossa fortuna. Il giudizio non è nostro: è il giudizio del Business americano sulle scuole americane di amministrazione industriale. Cioè sul prodotto di quelle scuole» (La formazione universitaria dei quadri dirigenti perl’industria, Discorso pronunciato il 10 novembre 1960 per l’inaugurazione dell’a.a. 1960-61 dell’Università di Torino, p. 1). In tale processo formativo, i docenti dovevano fornire le cognizioni, strumenti e informazioni che avevano un peso crescente nel condizionare le decisioni dell’imprenditore.
Il 3 dicembre 1963 l’Università di Torino riconobbe la Scuola di amministrazione industriale, intitolata a Vittorio Valletta, come scuola diretta a fini speciali e facente parte della facoltà di economia e commercio. Con il trasferimento della Scuola in una sede autonoma esterna alla facoltà (in via Ventimiglia), l’istituto raggiunse il massimo sviluppo nell’anno accademico 1968-69. Ma i fermenti della contestazione studentesca e sociale lambirono anche la Scuola. Intanto, le crescenti frizioni con gli organismi accademici riducevano gli spazi di autonomia gestionale che Pacces era riuscito, sino ad allora, ad assicurare; e ciò anche a motivo degli assai modesti contributi di parte privata e industriale. Nel novembre 1973 Pacces si dimise dalla cattedra di tecnica industriale e commerciale. Nel 1974 la Scuola assunse l’odierna denominazione di Scuola di amministrazione aziendale, unica business school italiana a far parte integrante dell’ordinamento universitario.
Pacces morì, dopo una lunga malattia, il 12 aprile 1976 a Torino
Tra le sue opere: Aziendaria: studi e battaglie, Torino 1933; Nostro tempo della rivoluzione industriale: la rivoluzione continua, prolegomeni ad un’economia dell’azienda industriale, l’impresa industriale nel sistema capitalistico, Torino 1939; La produzione, Torino 1951; I sistemi d’impresa, Torino 1974.
Fonti e Bibl.: G. Sapelli, Organizzazione lavoro innovazione industriale nell’Italia tra le due guerre, Torino 1978, pp. 201-206, 260; P. Bairati - S. Carruba, La trasparenza difficile. Storia di due giornali economici: Il Sole e 24 Ore, Palermo 1990, p. 306; M. Rozzarin, F.M. P. e la Scuola di amministrazione industriale,in Scuole di management. Origini e primi sviluppi delle business schools in Italia, a cura di G. Gemelli, Bologna 1997, pp. 107-144; A. Mariuzzo, Scuole di responsabilità. I Collegi nazionali nella Normale gentiliana (1932-1944),Pisa 2010, pp. 129-131, 182, 212.