NEGROTTO CAMBIASO, Federico
NEGROTTO CAMBIASO, Federico. – Nacque a Cavi di Lavagna (Genova) il 28 febbraio 1876 da Giuseppe e da Francesca Larco.
Di famiglia patrizia genovese, dopo aver frequentato le elementari nel prestigioso Collegio Carlo Alberto di Moncalieri, a partire dal 1889 proseguì gli studi presso la R. Accademia navale, uscendone nel 1895 con il grado di guardiamarina. Partecipò quindi alle prime imprese coloniali in Africa orientale e nel 1900 fece parte del corpo di spedizione italiano inviato in Cina a reprimere la rivolta dei Boxer. Nominato nel 1907 ufficiale d’ordinanza da Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, duca degli Abruzzi, nel 1909 lo seguì nella spedizione esplorativa del Karakorum che raggiunse quota 7493 m, mai toccata prima di allora, anche se fallì nel tentativo di raggiungere la cima del K2. Compilò nell’occasione le carte topografiche dei luoghi d’esplorazione.
Prese quindi parte alla guerra italo-turca del 1911-12 e durante la prima guerra mondiale prestò servizio in Marina come capitano di vascello dapprima sulle corazzate Dante Alighieri e Andrea Doria, poi sui cacciatorpedinieri Pilade Bronzetti e Vincenzo Giordano Orsini, e fu decorato con la medaglia di bronzo e la croce di guerra. In quegli anni risiedette anche a Livorno per occuparsi degli studi del principe Aimone di Savoia-Aosta, duca di Spoleto, allora iscritto all’Accademia navale.
Sposato con Marozia, dei principi Colonna, ebbe due figli: Battina, nel 1913, e Aimone nel 1918. All’inizio degli anni Venti si recò in Somalia, ancora a fianco del duca degli Abruzzi, in qualità di consigliere della neonata Società agricola italo-somala (SAIS), la maggiore ditta a gestione privata presente nella colonia. Iscritto al Partito nazionale fascista sin dal 15 aprile 1922, quindi membro del Consiglio federale del fascismo genovese dal febbraio 1927, nel luglio di quell’anno fu nominato segretario federale di Genova con il compito di procedere nell’opera di ‘normalizzazione’ del partito, allontanando dalla dirigenza i vecchi squadristi e gli elementi più estremisti. Conservò questa carica fino al 1929.
Nell’estate del 1929 fu chiamato alla presidenza del Consorzio autonomo del porto di Genova. In questo ruolo − che coprì sino al giugno 1942 − promosse tutta una serie di importanti opere al fine di ampliare la superficie del porto e di modernizzarne la struttura.
I lavori spaziarono dalla costruzione della diga Principe Umberto, del molo Costanzo Ciano, dei cinque sporgenti del bacino 28 ottobre, di un quarto bacino di carenaggio e dell’aeroidroporto di Sestri, alla trasformazione del ponte Andrea Doria e della stazione marittima, destinata in quegli anni ai grandi transatlantici, dal taglio della testata del Molo vecchio allo sbancamento della collina di San Benigno per il recupero di nuove aree. Venne inoltre incoraggiata la presenza in porto di soggetti imprenditoriali privati − dall’Ansaldo alle Acciaierie di Cornigliano, dalla Permolio alla società Magazzini del Molo vecchio e alla società Cantieri del Tirreno − e furono acquistate nuove attrezzature meccaniche, mentre rimasero sulla carta alcuni importanti progetti di collegamento del porto con i grandi spazi della pianura padana. Non mancarono comunque i problemi a causa della contrazione dei traffici conseguente alla crisi economica del 1929, dei danni provocati alle attrezzature portuali dalla tromba d’aria dell’agosto 1935, del grande flusso di coloni in partenza per la Libia e, nella seconda guerra mondiale, a seguito del blocco navale attuato dagli Alleati e della necessità di sgomberare il porto. Sul fronte del lavoro favorì la fusione delle compagnie portuali, ridimensionò il numero dei lavoratori e istituì la Cassa generale per la mutualità.
Parallelamente procedeva anche la sua carriera politica. Membro del direttorio genovese del partito, in occasione delle elezioni plebiscitarie del 1934 fu inserito nella lista nazionale fascista ed entrò in Parlamento. Confermato anche nel 1939 nella Camera dei fasci e delle corporazioni, in qualità di rappresentante dei datori di lavoro nel Consiglio delle corporazioni del mare e dell’aria, restò in carica fino allo scioglimento dell’assemblea avvenuto nell’estate del 1943, dopo la caduta di Mussolini.
Nel frattempo, il 14 novembre 1932 aveva assunto anche la presidenza della Società di navigazione Italia, che accorpava le Flotte riunite, la Cosulich navigazione, il Lloyd sabaudo e la Navigazione generale italiana, cioè le principali imprese armatoriali del paese. Guidò la società sino al luglio 1944: nei primi anni la sua principale preoccupazione fu quella di acquistare le navi necessarie per l’esercizio delle linee dirette nelle due Americhe e delle rotte verso il Nord Europa, mentre con l’ingresso dell’Italia in guerra i problemi si moltiplicarono, tra danneggiamenti e requisizioni di navi, l’assistenza ai marittimi e ai loro famigliari, il trasferimento fuori Genova degli uffici amministrativi.
Nel 1933, alla morte di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, era diventato presidente sia della SAIS sia della Società saccarifera somala. Nel 1939 aveva infine assunto la presidenza del Consiglio d’amministrazione dell’Ansaldo, carica che mantenne sino al giugno 1944. Si trattò di un periodo particolare nella storia dell’azienda che in un breve arco di tempo vide moltiplicare le commesse statali e triplicare il numero dei propri dipendenti a causa della guerra. Questa crescita repentina impose, naturalmente, una radicale riorganizzazione del lavoro e della produzione.
Finita la guerra, si ritirò dalla vita attiva. Morì a Cremona il 21 maggio 1967.
Il fratello Lazzaro (1874-1943) seguì invece la carriera diplomatica e fu, tra l’altro, ambasciatore italiano al Cairo negli anni a cavallo della prima guerra mondiale.
Fonti e Bibl.: Il marchese F. N.C., in Bollettino del Consorzio autonomo del porto di Genova, XXVI (1929), 10, pp. 721 s.; E. Savino, La nazione operante, Novara 1937, p. 429; La nomina dei consiglieri nazionali della Camera dei fasci e delle corporazioni, in Il Giornale di Genova, 10 marzo 1939; Il generale Pasciuto succede all’ammiraglio N.C., in Il Corriere mercantile, 2 giugno 1942; C. Sertorio, Il patriziato genovese. Discendenza degli ascritti al Libro d’oro nel 1797, Genova 1967, pp. 247-249; M. Pasolini, F. N.C., Ravenna 1971; Il Parlamento italiano 1861-1988, XII, Il regime fascista 1929-1938, Milano 1990, p. 604; M.E. Tonizzi, Merci, strutture e lavoro nel porto di Genova tra ’800 e ’900, Milano 2000, p. 27; D. Cabona - G. Massardo, Il Consorzio autonomo del porto di Genova. La storia, Cinisello Balsamo 2003, pp. 76 s.; G. Carozzi, Il porto in tasca, Cinisello Balsamo 2003, pp. 46-53; S. Antonini, Storia della Liguria durante il fascismo, IV, L’età aurea del regime, Genova 2008, pp. 26, 66, 181; F. Alberico, Le origini e lo sviluppo del fascismo a Genova. La violenza politica dal dopoguerra alla costituzione del regime, Milano 2009, pp. 153, 260, 262, 264 s., 273.