Federico Paolo Sclopis
Federico Paolo Sclopis di Salerano può essere considerato una delle voci più significative della cultura giuridica piemontese e italiana. La sua vasta produzione scientifica e l’impronta data al rinnovamento dell’impianto giuridico e istituzionale alla vigilia dell’Italia unita meritano una peculiare attenzione perché fanno del giurista subalpino una figura di spicco tra i costruttori del diritto pubblico e privato italiano e di una coscienza storico-giuridica nazionale anche in autonomia rispetto ai modelli d’oltralpe, di cui fu profondo conoscitore e ammiratore.
Sclopis nacque a Torino il 10 gennaio 1798, si laureò nel 1818 in utroque jure nella facoltà giuridica torinese e, dopo un breve periodo come applicato nella segreteria per gli Affari interni, entrò negli uffici della magistratura pervenendo al grado di avvocato generale nel Senato di Piemonte.
Estraneo all'ambiente universitario, fu notevole la sua opera come legislatore, politico, storico del diritto e organizzatore di cultura. Fu infatti uno dei membri più attivi della commissione preposta alla codificazione civile albertina e presidente della commissione per la riforma della facoltà di Giurisprudenza di Torino. Tenace assertore della politica legislativa in materia di codificazione, si trovò in polemica con Friedrich Carl von Savigny, di cui fu peraltro grande ammiratore e diffusore dell'opera in Piemonte e in Italia, tanto da essere considerato da Édouard-René Lefebvre de Laboulaye il rappresentante dell’ «école historique en Italie». Ispiratore dello Statuto albertino e artefice del suo preambolo, dal 1848 partecipò all'attività politica in qualità di guardasigilli nel primo ministero costituzionale (1848), di senatore del Regno (1849), di presidente del Senato (1863-64). Membro di numerose accademie italiane e straniere, in particolare fu presidente dell'Accademia delle scienze e della Deputazione di storia patria di Torino, socio nazionale dell'Accademia dei Lincei e membro dell'Institut de France. Morì a Torino l’8 marzo 1878.
Quello che caratterizza la sua insigne personalità è la comparazione nello spazio e nel tempo, diacronica e sincronica al contempo. Troviamo, infatti, nella sua produzione un interesse specifico per il confronto tra i diritti dei vari Paesi che contribuivano allora alla formazione del diritto nazionale codificato e del nascente costituzionalismo. Ma scopriamo altresì, nel suo apporto alla costruzione del diritto contemporaneo, una tensione verso la conoscenza del passato diretta a illuminare l’edificio del presente, un gioco continuo di connessioni in cui le ombre prevalgono sulle luci e in cui queste ultime offrono continue suggestioni rivelatrici.
Tutto questo è stato possibile anche per la sua opera di organizzatore di cultura, come dimostrano tra l’altro le sue carte conservate all’Accademia delle scienze di Torino, in cui si possono individuare i lavori preparatori di importanti iniziative legislative o scientifiche e il suo epistolario che documenta la posizione centrale da lui assunta nel pensiero giuridico europeo dell’Ottocento.
Prendiamo in esame alcuni degli elementi più significativi attraverso una rilettura di opere più o meno note e un riesame dell’attività di promotore della scienza giuridica, dato che le due componenti sono e restano strettamente connesse. Mi riferisco in particolare alla codificazione civile e alla formulazione del testo di alcuni istituti; ai modelli costituzionali e alla costruzione del moderno costituzionalismo; alla formazione del giurista e alla storia della scienza giuridica da Irnerio a Savigny; alla tradizione sabauda e all’emergere di una coscienza nazionale unitaria.
I saggi sulla codificazione mettono in luce l’impegno di Sclopis a favore della promulgazione dei codici e racchiudono l’essenza del suo pensiero. Il senso principale dei Discorsi, scritti tra il 1833 e il 1835, è quello di dare una base ideologica alla codificazione albertina che aveva subito proprio in quel periodo una battuta d’arresto. Solo se visti nella loro globalità, i Discorsi consentono di penetrare a fondo il pensiero dell’autore e dimostrano chiaramente il suo intento di far circolare in Italia il pensiero di Savigny. Sclopis, infatti, entra nel vivo della polemica sulla codificazione parafrasando nel quarto discorso il titolo dell’opuscolo savignyano, ma con una posizione contraria al pensiero di Savigny e favorevole alla codificazione (Della legislazione civile. Discorsi, a cura di G.S. Pene Vidari, 1996).
Però, se egli dimostra la vicinanza al modello francese che sarà l’archetipo della codificazione albertina, se ne distacca per taluni elementi che non si possono sottovalutare. Primo fra tutti la sua idea che il codice debba privilegiare l’attenzione ai principi generali del diritto e debba lasciare la regolamentazione di alcuni istituti al di fuori del testo normativo collocandola in una disciplina specifica. Esemplificativa la posizione nei riguardi di due istituti trascurati dal Code Napoléon, e oggi di viva attualità, quali il regime giuridico delle acque e la proprietà intellettuale.
Sclopis contribuisce personalmente non solo alla formulazione degli articoli relativi al regime giuridico delle acque, che furono tra i più discussi dalla commissione legislativa, ma anche e soprattutto all’approfondimento di alcuni tra quelli in cui si introdussero soluzioni che da un lato attingevano alla tradizione locale più antica, dall'altro lato erano largamente innovative rispetto alle altre legislazioni. In effetti, la normativa adottata nel codice albertino si segnalò subito per la particolare completezza rispetto al Code Napoléon e ottenne consensi tali da trovare piena adesione nella codificazione unitaria italiana e ancora in quella attuale, nonché in quelle di molti Stati europei e perfino latino-americani:
Le disposizioni del codice piemontese nella materia delle acque svelarono alle altre nazioni i progressi che eransi ottenuti in questa difficilissima parte della legislazione; e ne seguirono col comune plauso replicati saggi d'imitazione (Storia della legislazione italiana, 3° vol., 18642, p. 285).
A giudizio di Sclopis, per la libera circolazione delle acque erano essenziali tre istituti sorti nel periodo comunale in Lombardia e diffusisi nelle zone circonvicine: il diritto di passaggio delle acque su fondo altrui, la loro misura, il diritto di 'insistenza'. Va notato che il giurista subalpino, anche quando tratta dell'importanza di quest’ultimo e della sua mancata applicazione nel codice albertino, non lascia trasparire la sua inclinazione favorevole, facilmente rintracciabile nella difesa che ne aveva fatto durante i lavori preparatori della commissione legislativa. Tuttavia, l'istituto della 'insistenza' continuò a sopravvivere dopo l'emanazione del codice albertino, come Sclopis auspicava, perché venne, anche se assai sporadicamente, richiamato dalla giurisprudenza e inserito nel codice del 1865 (Moscati 1993, pp. 242-52).
Sul diritto d’autore, il contributo di Sclopis è stato determinante sia durante i lavori della Commissione sia in due scritti inediti di notevole valore contenutistico rivolti a definirne la natura e gli scopi. Infatti, a due anni dalla promulgazione del codice albertino, egli fece approfondite riflessioni sulla proprietà letteraria in occasione della convenzione austro-sarda, la prima delle convenzioni internazionali volte ad assicurare una sostanziale uniformità di disciplina nelle legislazioni di molti Paesi. Sclopis pertanto dà grande rilevanza al trattato tra il Piemonte e l’Austria, consapevole di essere di fronte a una svolta decisiva rispetto alla legislazione anteriore, di cui vede a un tempo le potenzialità e i limiti.
Secondo Sclopis, la formulazione dell’art. 440 del codice sabaudo relativo alla proprietà letteraria rispecchia chiaramente la sua stessa idea di codice civile come codice di principi, perché nel codice si afferma il principio e poi si rinvia alla legislazione speciale la sua disciplina. Sclopis è particolarmente favorevole alla proprietà letteraria e individua, nell’attività personale di creazione intellettuale e nell’originalità dell’opera, i fondamenti del diritto d’autore: ancora nel codice civile attuale e nella legge relativa oggetto del diritto d’autore sono «le opere dell’ingegno a carattere creativo» (Moscati 2009, pp. 751-60).
Sui modelli costituzionali, dopo una giovanile formazione fondata sul costituzionalismo inglese e francese, Sclopis, volendo accelerare gli sbocchi costituzionali per paura di eccessi rivoluzionari, interviene nella fase finale della realizzazione dello Statuto per riesaminare «più ponderatamente l’insieme dello Statuto prima di sottoporlo alla firma del Re» e apporta alcune correzioni significative al preambolo, secondo quanto riferisce un suo attento biografo (V. Sclopis 1905, pp. 8-9). Tuttavia, dai verbali del Consiglio di conferenza non traspare la consistenza dello specifico apporto fornito dal giurista subalpino alla carta costituzionale.
A questa carenza di notizie sopperiscono alcuni appunti inediti nei quali Sclopis redige un resoconto personale delle riunioni del Consiglio di conferenza e soprattutto fornisce un’analisi dello Statuto e della conseguente formazione del primo governo costituzionale sabaudo. Essi consentono di approfondire il suo pensiero in relazione ai contenuti della carta, in quanto il giurista subalpino, data la situazione europea, si appella all’ineluttabile necessità di concedere lo Statuto per il particolare collegamento, tanto più in quel momento storico, della dimensione politica con quella più strettamente istituzionale (Moscati 1985).
Quanto all’analisi vera e propria dello Statuto, Sclopis, dopo una riflessione sui modelli di riferimento, si sofferma su alcuni articoli per lui assai rilevanti, come quello relativo alla religione cattolica considerata la sola religione dello Stato, ma in un contesto di tolleranza nei riguardi della professione di altri culti; o come quello che caratterizza la monarchia costituzionale pura, che ritiene redatto sulla base dello Statuto portoghese del 1826, al quale aveva dedicato, in genere, un’attenzione tutta particolare. Quanto alla libertà di stampa, Sclopis sottolinea la «cura di coordinare la libertà della stampa coi riguardi dovuti ai Vescovi per rispetto alla sola religione dello Stato» (Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Patetta, Autografi Sclopis: Della introduzione del governo rappresentativo in Piemonte. Memorie storiche); inoltre fa presente che l’articolo sulla bandiera venne modificato subito dopo la promulgazione, fornendoci così il primo esempio del carattere di flessibilità, o per meglio dire di elasticità, dello Statuto stesso ancor prima della sua completa applicazione.
A fondamento dei suoi interessi costituzionali resta la sua posizione politica. Se egli si impegnò nella svolta costituzionale, questo avvenne probabilmente come riflesso della volontà di opporsi a eventuali eccessi democratici: il che spiega anche il suo successivo ritiro quando la situazione ebbe a mutare, tanto da essere considerato dalla «figura inflessibile» (Pene Vidari 1978, p. 13). Solo il 1848 è il momento di maggiore attività politica di Sclopis che aveva avuto da Carlo Alberto l’incarico di formare il primo ministero costituzionale, ma aveva rifiutato limitandosi ad assumere il dicastero di Grazia e Giustizia sotto la presidenza di Cesare Balbo ed era stato presidente della commissione incaricata di redigere la legge sulla stampa, sostanziando in questi impegni il momento di maggior legame con il sovrano (Patetta 1920-1921).
L’impegno di Sclopis per la riforma della facoltà giuridica torinese, in qualità di presidente della commissione nominata da Carlo Alberto nel 1846, è stato determinante per il graduale livellamento del divario esistente tra il mondo universitario legato alla pratica forense e quello delle accademie e dei centri alternativi di cultura orientati verso la ricerca scientifica. Il tutto attraverso un’analisi approfondita e rigorosa del ruolo e del modello delle università francesi e soprattutto di quelle tedesche, come sottolineano gli intensi rapporti con Karl Joseph Anton Mittermaier.
A questo grande lavoro per la formazione di una classe giuridica capace, nella prospettiva dell’imminente unificazione del Paese, si può ricollegare un ampio progetto di biografie di giuristi illustri. Va segnalata innanzitutto la biografia inedita di Irnerio, letta nel 1846 all’Accademia delle scienze di Torino. Questo interesse di Sclopis per una storia del Juristenrecht, non troppo consona alla sua mentalità, è certamente dovuto alla suggestione di Savigny e della sua opera storica. Lo scritto è inteso ad approfondire, attraverso una disamina delle fonti coeve a Irnerio e della storiografia basata soprattutto sulle opere di Mauro Sarti e di Savigny, la vita del giurista inserita nell’ambiente in cui si formò e si diffuse il suo insegnamento (Moscati 2001).
Inoltre, la biografia rappresenta una manifestazione degli interessi di Sclopis, già espressi in modo sintetico nel primo volume della Storia della legislazione apparso nel 1840, dove aveva dimostrato di conoscere assai bene il periodo della rinascita del diritto romano a cui aveva dedicato, oltre all’opera maggiore, anche alcuni scritti minori. Anzi, a suo giudizio, la persistenza in Italia del diritto romano nel periodo preirneriano e la minore influenza del diritto germanico che ne è conseguita ha fatto sì che nel nostro Paese «più presto che altrove sia risorta dalle tenebre la luce della civiltà che poscia rischiarò tutta l’Europa» (Storia della legislazione italiana, 1° vol., 18632, p. 28).
Anche la biografia di Savigny, redatta da Sclopis alla fine della vita, resta inedita e incompiuta. Essa si presenta come un profilo intellettuale articolato in tre fasi che corrispondono ai tre momenti basilari dell’attività scientifica di Savigny e si pone, per quanto attiene agli aspetti biografici, sulla medesima linea tracciata da altre biografie di Savigny scritte in Europa nello stesso periodo, anche se se ne distacca per l’originalità e l’apporto di taluni giudizi sulle opere, come, in particolare, il loro collegamento non temporale ma ideologico, secondo un giudizio che resta tuttora valido (Moscati 1984, pp. 203-68).
Anche se non conosceva bene la lingua tedesca, Sclopis mostra un interesse vivo e costante verso il mondo tedesco e il suo giurista più insigne. È a lui che si deve l’emergere dei rapporti tra alcuni studiosi piemontesi e tedeschi in relazione alla riscoperta e allo studio delle fonti giuridiche; è a lui che si deve, come si evince dalla corrispondenza con Savigny, il proposito di attribuire a Amedeo Peyron e a Carlo Baudi di Vesme il giusto peso per la scoperta dei frammenti del codice Teodosiano; è a lui che si deve l’intento di far penetrare il mondo giuridico tedesco in Italia.
Emerge anche dalla biografia la volontà di coinvolgere il parere autorevole di Savigny su alcune questioni giuridiche di particolare importanza. Mi riferisco alla discussione sul matrimonio civile e al fatto che per appoggiare le proprie tesi di giurista cattolico, Sclopis ritenne fondamentale il giudizio di un protestante che utilizzò in sede parlamentare per rafforzare il proprio assunto. O anche alle perplessità espresse sui codici dell’Italia unita perché riteneva svisata e, per alcuni versi, travisata l’ideologia della codificazione albertina, come emerge dalla biografia di Savigny che in più punti può essere considerata un’occasione per esprimere le proprie valutazioni del presente.
Quanto alla tradizione sabauda e all’emergere di una storia della legislazione unitaria, vorrei sottolineare il fatto che vari campi della storia giuridica sono stati arati da Sclopis prima dell’opera d’insieme, a cominciare dal mondo altomedievale che lo ha visto inconsapevole protagonista della cosiddetta questione longobarda cui ha dato un contributo primario (De’ Longobardi in Italia. Lezione, 1827). Come è noto, tale questione era nata in Italia negli anni Venti e coloro che l’avevano sollevata riflettevano i sentimenti e le suggestioni politiche di un gruppo di intellettuali particolarmente sensibili alle istanze patriottiche del Risorgimento. Al contrario degli altri protagonisti, Sclopis concentra l'attenzione sui fenomeni giuridici e sulla necessità di un’indagine sui fatti sociali e di costume e anticipa le posizioni che la storiografia successiva ha rivalutato sul piano metodologico, lasciando invece da parte l'interesse nazionalistico che ebbe a prevalere nel primo Ottocento.
Anche la Storia dell’antica legislazione del Piemonte tradisce la fedeltà alla tradizione sabauda nei secoli del Medioevo e nell’impostazione basata sullo studio delle fonti a cui Sclopis resta fedele in tutta la sua produzione, come dimostra, in particolare, l’impegno posto nell’edizione dei Monumenta historiae patriae (Romagnani 1985, pp. 283-90). Nell’opera maggiore, la Storia della legislazione italiana, apparsa ancora prima dell’unificazione del Paese e riedita dopo l’Unità, riemergono, si rielaborano e si ramificano elementi che gli erano propri: lo studio dell’evoluzione storica delle fonti giuridiche, il richiamo del nuovo, una raffinata predisposizione per una visione d’insieme, elementi che fanno di Sclopis, edito e inedito, una personalità di grande spicco nella nostra scienza giuridica a cavallo dell’unificazione del Paese.
Le carte di Federico Paolo Sclopis sono conservate, per lascito testamentario della moglie Isabella Avogadro, all’Accademia delle scienze di Torino. Altri documenti si trovano presso la Deputazione subalpina di storia patria sempre a Torino e nel Fondo Patetta della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Per l’elenco pressoché completo delle opere si veda A. Manno, L’opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino. Notizie di fatto storiche, biografiche e bibliografiche sulla R. Deputazione e sui deputati nel primo mezzo secolo dalla fondazione, Torino 1884, pp. 377-84.
Tra le opere principali:
De’ Longobardi in Italia. Lezione, Torino 1827.
Storia dell’antica legislazione del Piemonte, Torino 1833.
Della legislazione civile. Discorsi, Torino 1835.
Remarques sur le nouveau Code civil pour les Etats de S.M. Sarde, et sur quelques critiques dont il a été l’objet, Paris 1838.
Storia della legislazione italiana, 1° vol. e 2° vol., Torino 1840; 3° vol., Napoli 1845; 3 voll. Torino 1863-18642.
Sur la nouvelle édition du Code Théodosien, publiée par Charles de Vesme, Torino 1842.
Considérations sur les usages de l’Italie supérieure en matière d’irrigation, in Séances et travaux de l’Académie des Sciences morales et politiques, 1843, 4, pp. 289-307.
Recherches historiques et critiques sur l’Esprit des Lois de Montesquieu, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, s. II, 1858, 17, pp. 165-271.
Diario segreto (1859-1878), a cura di P. Pirri, Torino 1959.
Della legislazione civile. Discorsi, a cura di G.S. Pene Vidari, Torino 1996.
A. Manno, Carattere e religiosità a proposito di alcune memorie intime del conte Federigo Sclopis, Torino 1880.
V. Sclopis, Della vita e delle opere del Conte Federico Sclopis di Salerano, con cenni storici sulla sua famiglia, Torino 1905.
F. Patetta, Lettere di Carlo Alberto scritte durante la campagna del 1848, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, 1920-1921, 56, pp. 211-85.
A. Erba, L'azione politica di Federico Sclopis. Dalla giovinezza alla codificazione albertina (1798-1837), Torino 1960.
G.S. Pene Vidari, Federico Sclopis, «Studi piemontesi», 1978, 8, pp. 160-172.
L. Moscati, Federico Sclopis storico dei Longobardi, «Rassegna storica del Risorgimento», 1979, 66, pp. 259-76.
L. Moscati, Da Savigny al Piemonte. Cultura storico-giuridica subalpina tra la Restaurazione e l’Unità, Roma 1984.
L. Moscati, Modelli costituzionali nel pensiero di Federico Sclopis, «Clio», 1985, 21, pp. 563-81.
G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Torino 1985.
L. Moscati, In materia di acque. Tra diritto comune e codificazione albertina, Roma 1993.
L. Moscati, Sclopis di Salerano, Federico Paolo, in Juristen. Ein biographisches Lexicon, hrsg. M. Stolleis, München 1995, pp. 554-55.
L. Moscati, Un’inedita “Vita d’Irnerio”, in A Ennio Cortese, 2° vol., Roma 2001, pp. 416-24.
L. Moscati, Il caso Pomba-Tasso e l’applicazione della prima convenzione internazionale sulla proprietà intellettuale, in Mélanges en l’honneur d’Anne Lefebvre-Teillard, textes réunis par B. d'Alteroche, Paris 2009, pp. 747-64.