PASTORIS, Federico
– Nacque nel maggio del 1837 ad Asti, da Paolo e da Giulia Teresa Micheletti, figlia di Irene Lagrange, nipote del noto matematico. Suo nonno Carlo Luigi Pastoris, erede dell’antica famiglia oriunda di Cigliano (VC) che conta numerosi rami nobiliari, ottenne l’elevazione a contea del feudo di Casalrosso il 10 luglio 1773 (Spreti, 1935, p. 452).
Benché il padre volesse indirizzarlo verso studi di matematica, in continuità con eminenti membri della famiglia materna, Pastoris preferì dedicarsi alla pittura, seguendo le lezioni dell’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Enrico Gamba, dal quale prese l’interesse per la pittura di storia, orientandosi verso soggetti di genere medievale, come testimoniano le opere con cui esordì pubblicamente alle esposizioni della Promotrice di Torino del 1859 e del 1860, Un messaggio del secolo XV e Allevante, miniatore fiorentino del secolo XV.
Alla Promotrice torinese del 1861 espose Gloria Avvenire...!, un dipinto di genere che incorporava echi dell’immaginario della bohème francese. Più importante nell’evoluzione della personalità artistica di Pastoris fu tuttavia la presenza alla medesima mostra dei dipinti di Telemaco Signorini e Vincenzo Cabianca: schierandosi in loro favore, e dimostrando di comprenderne a fondo la poetica, Pastoris fu infatti tra i primi sostenitori del loro lavoro (Pastoris, 1861).
Il contatto con le sperimentazioni dei toscani portò l’artista ad interessarsi della pittura di paesaggio, divenendo una delle figure di spicco della cosiddetta “Scuola di Rivara” – insieme a Carlo Pittara, Alfredo D’Andrade, Vittorio Avondo, Enrico Reycend, Carlo Bertea e altri – che, tra il 1862 e il 1872, operò alcune delle principali sperimentazioni italiane sul vero. In questo contesto Pastoris si concedeva degli spazi di autonomia e libertà espressiva con dipinti che si caratterizzavano per una resa atmosferica netta e luminosa non immune dalle influenze di Bertea e Signorini. Ciononostante, in quegli anni, ad esclusione di Uno studio dal vero presente alla Promotrice di Torino del 1863, preferì esporre pubblicamente esclusivamente soggetti di genere, salvo tornare in maniera esaustiva sul paesaggio negli anni Ottanta, quando espose, sia alle rassegne torinesi sia a quelle genovesi, vedute eseguite in Liguria, come la Veduta di Bogliasco (1880) conservata al castello ducale di Agliè (TO).
Probabilmente tra il 1863 e il 1864, assieme a Pittara e Anatolio Scifoni, Pastoris soggiornò a Parigi per circa un anno, dove ebbe modo di ammirare e copiare le opere di Camille Corot e Constant Troyon (Stella, 1892, p. 336) e dove approfondì amicizie internazionali; nel settembre dello stesso anno si trovava, infatti, a dipingere con Frederic Leighton in Piemonte (Newall, 1996, p. 95) forse incontrato in tale circostanza.
Sempre nel 1864 espose a Torino In orazione (acquistato dal Municipio di Torino, ora presso la Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino [GAM]) e il Ritratto del barone Giovanni Plana (ripr. in Stella, 1892, p. 333), il noto matematico e astronomo, prozio di Pastoris da parte di madre, morto quell’anno. Nello stesso contesto il pittore scrisse una celebre lettera a favore del dipinto Altacomba di Antonio Fontanesi, che difendeva dai detrattori sottolineandone la forza dell’idea e del sentimento poetico (Pastoris, 1864).
In quel torno di anni, attraverso escursioni nei castelli piemontesi insieme agli amici pittori, Pastoris approfondì l’interesse verso i soggetti medievali ispirati alla storia locale. Fu probabilmente Gamba a introdurlo, almeno dal 1859, alla conoscenza dell’arte subalpina (Bernardi, 1934, p. 550), passione poi trasmessa agli amici del gruppo di Rivara. Frutto maturo di quelle esperienze fu I signori di Challant (1865, Torino, GAM), la sua opera più nota.
Il dipinto fu concepito in seguito ad una visita al castello di Issogne nell’agosto del 1865 con D’Andrade (conosciuto a Torino l’anno prima) e testimonia il passaggio dalla prima influenza di Gamba e dell’amico di questi, Leighton, a suggestioni nordeuropee sulla scia di Henri Leys e del primo James Tissot (Maggio Serra, 1981). L’opera unisce indagine storica medievale e soggetto di genere, che caratterizzano la cifra stilistica di Pastoris. Giovanni Camerana, amico intimo del pittore, dedicò all’opera nel 1867 la poesia Sul quadro “I signori di Challant”, di Federico Pastoris, mentre nel 1875 il drammaturgo Giuseppe Giacosa, anch’egli suo amico, gli dedicò il dramma storico Una partita a scacchi, che egli amava considerare il corrispettivo letterario del dipinto, sottolineando che si compiaceva «di chiamare Renato il tuo canuto castellano e Iolanda la sua bella e pietosa figliuola» (G. Giacosa, Teatro, I, Milano 1968, p. 53).
La rievocazione di un episodio legato alle vicende degli Challant e ambientato al castello di Issogne tornò ne Il ritorno di Terra Santa (acquistato nel 2009 dalla Regione Valle d’Aosta, Aosta, Antica Zecca), presentato all’Esposizione nazionale di Torino del 1880, che, per le dimensioni monumentali, l’elaborata composizione e la cura filologica nella ricostruzione storica degli ambienti, può essere considerato il punto di arrivo della sua parabola artistica.
Nel 1865 Pastoris fu a Roma dove ebbe l’opportunità di frequentare Mariano Fortuny – quasi certamente attraverso Avondo, che si trovava con lui, D’Andrade e Scifoni – e i cui echi si risentono nei soggetti di genere neorococò, alla Meissonier. Questo aspetto è evidente nei dipinti Battesimo di gala (Stella, 1892, pp. 335 s.) e I Bibliomani (1865, Milano, Pinacoteca di Brera), esposto a Milano nel 1866 e acquistato quell’anno dall’Accademia di Brera. Un dipinto dallo stesso titolo fu presentato nel 1867 all’Esposizione universale di Parigi e poi di nuovo alla Promotrice di Genova nel 1870.
Nel 1867 i rapporti di Pastoris con Firenze si rafforzarono, tanto da ricevere la proposta – tramite Signorini – di una collaborazione con il Gazzettino delle arti e del disegno in qualità di corrispondente, che non ebbe però seguito (Dini, 1975, pp. 36 s.). Lo stesso anno partecipò all’Esposizione della Promotrice fiorentina con un dipinto raffigurante «i curiali nella sala della loro preparazione» (Martelli, 1867, p. 322). In quegli anni, Pastoris continuò a dividersi tra pittura di paesaggio, più legata a ricerche di tipo realista, e soggetti di genere come Incamminiamoci, dipinto a Rivara nel 1869 ed esposto nel 1870 alla Promotrice di Torino, la cui esecuzione fu rievocata da Camerana nell’Album della pubblica Esposizione (Camerana, 1870) e verosimilmente legato ai versi A Federico Pastoris, dello stesso anno; il dipinto fu poi presente all’Esposizione nazionale di Parma e apprezzato in quella sede da Cristiano Banti, Adriano Cecioni e Signorini commissari della rassegna (Signorini, 1870).
Tra il 1868 e il 1869, momento in cui Torino fu epicentro della rinascita grafica originale italiana, Pastoris si avvicinò all’acquaforte. Contribuìattivamente a tale rinascita attraverso la collaborazione con l’Arte in Italia (1869-73) e come socio fondatore de L’Acquaforte, Società d’artisti italiani (1869-70) e, nel 1874, della società de Gli Acquafortisti.
Le incisioni di Pastoris nacquero sotto l’influsso di Fontanesi per poi aggiornarsi ad un gusto francese e corottiano, appreso nel soggiorno parigino. I temi delle acqueforti furono gli stessi di quelli trattati in pittura, spingendosi a volte fino alla traduzione dei dipinti, come Spiaggia verso Bordighera (pubblicata in L’Arte in Italia, luglio 1869, tav. 22), che ripropone con un accentuato chiaroscuro l’omonimo dipinto conservato alla GAM di Torino.
Nel 1876 Pastoris sposò Rosa Vicino, erede di una delle più importanti famiglie della borghesia finanziaria torinese, dalla quale ebbe due figli, Giulia e Federico Paolo. Negli stessi anni si affermò come membro di spicco nell’ambito della tutela, della conservazione e dell’istruzione torinese: tra il 1870 e il 1871 con Enrico Gamba, Andrea Gastaldi, Francesco Gamba e Vittorio Avondo, su incarico del ministero della Pubblica Istruzione, fece parte della commissione consultiva per i monumenti, all’Accademia Albertina; nel 1873 fu nominato soprintendente delle Scuole di disegno professionale di Torino, di cui si avvertiva la crescente importanza in relazione alla volontà di rilancio dell’industria artistica. In questa veste si prodigò nella diffusione dell’insegnamento del disegno fin dalle elementari, sviluppando poi le sue idee anche da un punto di vista teorico ne L’insegnamento del disegno a mano libera nelle scuole civiche di Torino, suscitando l’apprezzamento di Camillo Boito, il quale considerava il libro «il migliore fra tutti quelli ch’io mi conosca, italiani o stranieri» (Boito, 1902, p. 94). Nel 1883 Pastoris fu chiamato con D’Andrade e Avondo a far parte di una commissione ministeriale per il restauro di palazzo Madama.
L’apice della carriera pubblica di Pastoris arrivò nell’ultimo suo anno di vita, in occasione dell’Esposizione generale di Torino del 1884, con l’inaugurazione del borgo e della rocca medioevali nel parco del Valentino, costruiti per volere della sezione di storia dell’arte della rassegna.
Fece parte della commissione che lavorò alla progettazione e costruzione del complesso, occupandosi della direzione delle pitture e delle decorazioni; si adoperò, inoltre, non senza problemi e disaccordi – tanto da arrivare sul punto di abbandonare l’impresa – anche della ricostruzione filologica dei costumi per la cerimonia di inaugurazione del 27 aprile 1884. Ancora, fece parte della sottocommissione che si occupò della redazione del catalogo della sezione di storia dell’arte – scritto da Giacosa, D’Andrade e Pietro Vayra – e fu responsabile della parte grafica e pubblicitaria della sezione stessa.
In qualità di direttore delle pitture Pastoris si occupò di reperire esempi di decorazione in giro per il Piemonte e la Valle d’Aosta. Diresse, quindi, Giuseppe Rollini e Luigi Vacca nella redazione dei lucidi e della copia esatta degli affreschi originali che furono poi riprodotti nelle case e nel castello.
Le pitture decorative della rocca sono state riprese dai castelli di Fénis (il cortile è stato fedelmente riprodotto e decorato da Rollini), di Issogne (per alcune parti del cortile), di Strambino Canavese (soffitto della sala da pranzo, realizzato da Vacca) della Manta (nella stanza baronale sono stati riprodotti da Vacca i famosi affreschi di gusto cortese). La cappella ripropone invece gli affreschi di Giacomo Jaquerio nella sacrestia di S. Antonio di Ranverso (TO) da parte di Rollini. Pastoris disegnò, inoltre, il progetto per il tendone dipinto della sala da pranzo che nasconde la tribuna dei suonatori, realizzata da Vacca e tratta da miniature del romanzo medievale Livres du roy Modus et de la royne Ratio di Henri de Ferrières.
Morì a Torino il 24 ottobre 1884, pochi giorni prima della chiusura dell’Esposizione generale, a causa di una nefrite (Chirtani, 1884, p. 314 ). Il suo corpo riposa al cimitero Monumentale di Torino, in un sepolcro realizzato reimpiegando un sarcofago paleocristiano e due capitelli corinzi (Cantino Wataghin, 2013).
Scritti di Pastoris: La pace di Paquara, quadro ad olio del professore Enrico Gamba di Torino, in Album della pubblica Esposizione del 1860, Torino 1860, pp. 46-48; Il Mattino. Quadro a olio del signor Vincenzo Cabianca di Verona, in Album della pubblica Esposizione del 1861, Torino 1861, pp. 55-57; Episodio della giovinezza di Filippo Lippi, Quadro ad olio del signor C.F. Biscarra di Torino, in Album della pubblica Esposizione del 1862, Torino 1862, pp. 41-43; Altacomba. Quadro a olio del cavaliere professore Antonio Fontanesi di Reggio. Lettera al compilatore, in Album della pubblica Esposizione del 1864, Torino 1864, pp. 21 s.; Del Beato Angelico e del quadro del signor Michele Tedesco: prime ispirazioni artistiche di frate Giovanni da Fiesole, in Album della pubblica Esposizione del 1866, Torino 1866, pp. 37-40; La brezza marina (ricordo del golfo di Genova), quadro a olio del conte Giacinto Corsi, di Torino, in Album della pubblica Esposizione del 1867, Torino 1867, pp. 14 s.; Relazione del soprintendente alle Scuole Municipali di disegno al sindaco della Città di Torino, Torino 1877; Insegnamento del disegno a mano libera nelle scuole civiche di Torino. Corso progressivo, Torino 1884.
Fonti e Bibl.: G. Corsi, Gloria Avvenire! Quadro a olio del conte F. P. di Asti, in Album della pubblica Esposizione del 1861, Torino 1861, pp. 29-31; A. Benvenuti, I signori di Challant (fine secolo XV). Quadro a olio del conte F. P. di Asti, in Album della pubblica Esposizione del 1865, Torino 1865, pp. 35-37; D. Martelli, Della Esposizione della Società Promotrice di belle arti in Firenze, in Gazzettino delle arti e del disegno, I (1867), 41, p. 322; T. Signorini, Effemeridi artistiche. A proposito della mostra fiorentina di Belle Arti, lettera al conte F. P., in Rivista Contemporanea Nazionale Italiana, LVI (1869), 182, pp. 135-139; Id., Del Congresso e dell’Esposizione di Parma, in La Rivista Storica Europea, I (1870), p. 188; G. Camerana, Incamminiamoci (Costumi del Piemonte), quadro a olio del conte F. P., d’Asti, dimorante in Torino, in Album della pubblica Esposizione del 1870, Torino 1870, pp. 37-41; Catalogo ufficiale della Sezione Storia dell’arte. Guida Illustrata al Castello del secolo XV, Torino 1884, pp. 19, 74, 78, 81, 141; L. Chirtani, F. P., in L’illustrazione Italiana, XI (1884), 46, pp. 311-314, fig. 320; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte, Torino 1892, pp. 332-341 e passim; A. Frizzi, Borgo e Castello Medioevali in Torino, Torino 1894, pp. 3, 168, 206, 229, 282; C. Boito, Un vecchio corso elementare di disegno più nuovo che mai, in Arte italiana decorativa e industriale, XI (1902), 12, pp. 93-95; M. Bernardi, Carlo Pittara e la scuola di Rivara, in Pan, rassegna di lettere, arte e musica, II (1934), 8, pp. 548-552, 556, 562; Enciclopedia storico-nobiliare Italiana, a cura di V. Spreti, VIII, Appendice, II, Milano 1935, p. 452; P. Nardi, Vita e tempo di Giuseppe Giacosa, Milano 1949, pp. 162, 168 s., 207, 291; M. Bernardi - V. Viale, Alfredo D’Andrade, la vita, l’opera e l’arte, Torino 1957, pp. 25-27, 33-35, 42, 44 s., 73 s., 76; Lettere inedite dei macchiaioli, a cura di P. Dini, Firenze 1975, pp. 36 s., 162, 293 s.; G. Giubbini, L’acquaforte originale in Piemonte e Liguria, Genova 1976, pp. 62 s., 72-75, 79-81, 85, 223-236 e passim, tavv. IV, V; R. Maggio Serra, Ricognizioni ottocentesche sui cicli ad affresco del primo Quattrocento piemontese, in Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale (catal.), a cura di E. Castelnuovo - G. Romano, Torino 1979, pp. 325 s.; Ead., Uomini e fatti della cultura piemontese nel secondo Ottocento intorno al Borgo Medievale del Valentino, in Alfredo D’Andrade, tutela e restauro (catal.), a cura di M. G. Cerri - D. Biancolini Fea - L. Pittarello, Torino 1981, pp. 19, 29-32, 34 s., 37, 42; C. Bartolozzi, La Rocca e il Borgo Medievale di Torino (1882-1884). Dibattito di idee e metodo di lavoro, ibid., pp. 190 s., 193 nota 4; R. Maggio Serra, La pittura in Piemonte nella seconda metà dell’Ottocento, in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, I, Milano 1991, pp. 70 s., fig. 90; M. Perosino, ibid., II, Milano 1991, p. 954; E. Canestrini, in L’Ottocento: catalogo delle opere esposte. Galleria civica d'arte moderna e contemporanea, a cura di R. Maggio Serra, Milano 1993, pp. 165, 179 s., 193; C. Newall, in Frederic, Lord Leighton. Eminent Victorian Artist (catal.), a cura di S. Jones et al., New York 1996, p. 95; P. Dragone, Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1865-1895, Torino 2000, pp. 60 s, 65-68 e passim, figg. pp. 39, 41, 58, 116, 219, 351; E. Canestrini, ibid., pp. 351 s.; P.E. Boccalatte, La sezione di Storia dell’arte all’Esposizione di Torino del 1884, in Medioevo/Medioevi. Un secolo di esposizioni d’arte medievale, a cura di E. Castelnuovo - A. Monciatti, Pisa 2008, pp. 40, 48 s., 53; G. Cantino Wataghin, Il monumento funebre di F. P.: un esempio di reimpiego del secondo Ottocento piemontese, in Ars auro gemmisque prior. Mélanges en hommage à Jean-Pierre Caillet, a cura di C. Blondeau et al., Zagreb-Motovun 2013, pp. 39-46.