SANSEVERINO, Federico
SANSEVERINO, Federico. – Nacque attorno al 1462 da Roberto Sanseverino e dalla sua seconda moglie Elisabetta da Montefeltro, figlia naturale del duca di Urbino Federico da Montefeltro.
Diversamente dai fratellastri Giovan Francesco, Galeazzo, Gaspare e Antonio Maria, che sulle orme del padre scelsero la carriera militare al servizio degli Sforza, Federico optò per la vita ecclesiastica.
In ricompensa dei servigi offerti al Papato dal padre Roberto, Sisto IV lo nominò vescovo di Maillezais, sulla costa atlantica del Regno di Francia, fin dal novembre 1481. A differenza del padre, entrato a servizio dei veneziani, Sanseverino preferì riconciliarsi con il duca di Milano Ludovico Sforza (detto il Moro), di cui divenne un fedele collaboratore. Grazie alle pressioni di quest’ultimo e del fratello cardinale Ascanio, ottenne la porpora cardinalizia nell’estate 1489. Si trattò però di una ‘creazione segreta’, la cui pubblicazione ufficiale dipendeva da complessi giochi di equilibrio diplomatico tra le diverse potenze della penisola e che perciò Federico attese invano per oltre tre anni.
A compromettere, per qualche tempo almeno, le sue ambizioni ecclesiastiche furono, da un lato, i rapporti divenuti tesi tra Roma e Milano e, dall’altro, la diffidenza degli ambienti curiali nei suoi confronti per la fama di uomo mondano, dedito ai piaceri, alla caccia e alle armi, più che alla preghiera.
Alla morte di Innocenzo VIII (luglio 1492) Federico poté recarsi a Roma, scortato dal fratello Gaspare e da un gruppo di armati, per esigere la sua ammissione al Sacro Collegio e la partecipazione al conclave. Assunto il titolo di cardinale di S. Teodoro, si inserì in Curia nell’influente partito di Ascanio Sforza, intenzionato a scongiurare l’elezione di Giuliano Della Rovere, a vantaggio di Rodrigo Borgia (papa Alessandro VI). Nei primi anni del pontificato borgiano, Sanseverino mantenne un profilo autonomo dai suoi antichi protettori Sforza, mettendosi a servizio della politica del papa, con l’ambizione di promuovere un riavvicinamento tra gli Aragona e il re di Francia Carlo VIII. In occasione della discesa in Italia dei francesi, nell’autunno del 1494, si adoperò da mediatore tra Alessandro VI e Carlo VIII, in virtù dei suoi legami con la Milano degli Sforza; tuttavia, nel dicembre 1494, quando gli eventi presero una piega negativa per il Papato, il pontefice scelse di incarcerare i cardinali Sforza e Sanseverino come ritorsione nei confronti dell’alleanza franco-milanese, ma fu poi costretto a ricorrere a loro per organizzare l’entrata nella città eterna delle truppe francesi.
Dopo la conquista del Regno di Napoli da parte del re, Sanseverino mutò indirizzo, in linea con l’evoluzione di Ludovico il Moro, e sostenne una coalizione antifrancese di tutti gli Stati italiani. Nel maggio 1495 ricoprì per breve tempo la carica di capitano delle genti d’arme della Chiesa. Negli anni successivi, riprese a gestire i rapporti tra la corte di Francia e la Curia e fu impegnato nell’opera di pacificazione tra le famiglie Orsini e Colonna, con il proposito di tenere sotto pressione Alessandro VI. Si sforzò di allontanare il papa dall’alleanza con il re di Spagna, a tutela dell’autonomia del ramo regnicolo della sua famiglia.
La seconda discesa dei francesi in Lombardia, nell’estate 1499, spinse Sanseverino a tornare in patria per partecipare alla difesa del ducato. In quell’occasione i rapporti non sempre idilliaci con il Moro conobbero un momento di distensione e gli consentirono di prendere possesso delle abbazie di Morimondo e S. Vittore. A inizio settembre, seguì il duca sconfitto nella precipitosa fuga verso le terre imperiali, ma nel febbraio 1500 fu egli stesso a guidare, con il fratello Galeazzo e con il cardinale Sforza, le truppe milanesi alla riconquista di Milano. Venne poi inviato dal duca presso Massimiliano d’Asburgo con 40.000 ducati per sollecitare la sua discesa in Italia a difesa del potere sforzesco. Il tracollo definitivo delle truppe ducali lo spinse a restare alla corte imperiale. Dopo effimeri tentativi di organizzare una controffensiva con il sostegno di Massimiliano, nel settembre del 1500 optò per una riconciliazione con Luigi XII. Recatosi alla corte di Francia, ottenne l’immediata conferma dei suoi benefici ecclesiastici e fu accolto dal potente cardinale Georges d’Amboise.
Tra il 1496 e il 1498 era stato amministratore apostolico del vescovato di Thérouanne; dal 1° luglio 1497 aveva ricevuto il vescovato di Vienne, il cui possesso gli fu a più riprese contestato e di cui poté godere pienamente soltanto a partire dal 1505, dopo una complessa vicenda giudiziaria; vi rinunciò nel gennaio 1515 in favore del nipote Alessandro. La riconciliazione con Luigi XII gli permise peraltro di recuperare le entrate delle sue abbazie cremonesi, cadute sotto controllo veneziano.
Divenne presto un uomo di fiducia di Luigi XII, che lo adoperò come pedina sullo scacchiere italiano: nel marzo 1501 si recò a Milano per tentare di pacificare la popolazione con i nuovi dominatori, prima di proseguire per Forlì, dove si incontrò con Cesare Borgia, e infine per Roma dove assunse la protezione degli affari regi in Curia. Ebbe un ruolo centrale nel riavvicinamento dei fratelli Galeazzo e Antonio Maria con Luigi XII nell’autunno 1502, e nella gestione delle relazioni tra il Papato borgiano e il re. Il deteriorarsi dei rapporti tra Alessandro VI e Luigi XII lo spinse ad allontanarsi momentaneamente da Roma, per farvi ritorno in occasione dell’elezione di Pio III, nell’estate del 1503.
Sotto Giulio II ottenne nel 1505 la diocesi di Novara, ebbe un ruolo di mediatore tra Orsini e Colonna, tra il nuovo papa e Cesare Borgia, ma soprattutto tra la Curia e la corte regia: nel 1507 si recò a Genova e poi a Milano al seguito di Luigi XII. Elemento di frizione con Giulio II furono il possesso dell’abbazia di Chiaravalle, che il re gli aveva destinata, e la fedeltà alla Francia nel momento in cui il papa si riconciliò con Venezia nel febbraio 1510. I rapporti con il pontefice si incrinarono ulteriormente fino a costringerlo a raggiungere Milano con gli altri cardinali francesi, disobbedendo agli ordini papali. Dopo sfortunati tentativi di riappacificare il papa e il re, Sanseverino fu tra i principali promotori del concilio scismatico riunitosi una prima volta a Pisa nell’autunno 1511; per conto del concilio si recò alla corte di Massimiliano d’Asburgo al fine di ottenere il sostegno imperiale all’iniziativa conciliare.
Nell’aprile 1512, «coperto dal capo insino a’ piedi d’armi lucentissime» (Guicciardini, 1971, p. 1032), in qualità di legato di Bologna a nome del concilio, partecipò personalmente alla vittoriosa battaglia di Ravenna; nelle settimane successive completò la conquista della Romagna e accarezzò il progetto di scendere verso Roma per deporre Giulio II con il sostegno degli Orsini. Fu invece costretto a ripiegare in Lombardia e infine in Francia. La scelta in favore dello scisma gallicano gli costò nel gennaio 1512 la scomunica e la destituzione da cardinale da parte di Giulio II, che ridistribuì i suoi numerosi benefici ad altri prelati.
Una svolta si ebbe con l’ascesa sul soglio pontificio di Giovanni de’ Medici, che durante la battaglia di Ravenna era stato suo prigioniero, ma con il quale esisteva un’antica amicizia. Nell’estate del 1513 il papa accettò di reintegrarlo nel S. Collegio, costringendolo però a umilianti cerimonie di pentimento e a una pubblica abiura del concilio pisano. Egli poté così riprendere il suo tradizionale ruolo di rappresentante degli interessi francesi in Curia, collaborando con gli ambasciatori del re. Nel luglio del 1515 venne incarcerato per una notte in Castel Sant’Angelo a seguito di un fatto di sangue commesso da un suo familiare, ma fu poi prontamente perdonato dal papa. Accolse con gioia la notizia del trionfo del re di Francia Francesco I a Marignano e partecipò da protagonista agli incontri di Bologna nel dicembre 1515 tra il papa e il giovane re, prima di seguire quest’ultimo a Milano.
Il 10 agosto 1516 si spense a Roma; imponenti funerali furono celebrati a Milano, alla presenza del maresciallo di Francia Giovan Giacomo Trivulzio.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 632, 1637, 1639; Archivio di Stato di Milano, Archivio ducale, visconteo-sforzesco, Potenze estere, Roma, 100-130; Archivio segreto Vaticano, Obligationes Communes, 10-11; Libri Annatarum, 37. Sonetti in suo onore in Bologna, Biblioteca universitaria, ms. 430, 3: F. degli Ubaldini, Cronica bolognese. Nel 1511 venne pubblicata a Milano la sua Responsum Federici Sanseverini diaconi cardinalis tituli sancti angeli ad summum pontificem: & Collegium reuerendissimorum dominorum cardinalium super citatione que ab eis dicitur emanasse.
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