SANUDO (Sanuto), Federico
SANUDO (Sanuto), Federico. – Nacque a Venezia il 28 settembre 1533, secondogenito di Marcantonio e di Caterina Venier di Agostino.
Non si sa quali studi abbia compiuto il giovane Sanudo, il cui nome non compare nei registri dell’Università di Padova, tuttavia suo padre, agiato esponente di famiglia filopontificia, lo fornì di una buona cultura, come testimonia il futuro cardinale Agostino Valier, che nel dialogo Donatus sive de Ambitione, steso nell’ottobre del 1555, lo colloca fra gli «optimos adulescentes» veneziani.
Nel marzo del 1558 sposò Elisabetta Gussoni di Giacomo e qualche mese dopo iniziava la carriera politica con il saviato agli Ordini per il semestre ottobre 1558-marzo 1559, che replicò per lo stesso periodo nel 1559-60. Dopo questo promettente avvio, però, Sanudo dovette ripiegare su magistrature minori a causa della presenza nel Collegio dello zio Pietro, divenuto capofamiglia dopo la precoce scomparsa di Marcantonio. Il 19 luglio 1562, venne pertanto eletto ufficiale alle Cazude, quindi (26 ottobre 1563) provveditore sopra gli uffici di Cipro, provveditore alle Pompe (22 ottobre 1565), provveditore al Cottimo di Damasco (23 giugno 1567), provveditore di Comun (23 settembre 1568) e savio alle Decime (26 luglio 1570). In seguito, ebbe cariche di rango senatorio: dal 2 aprile 1571 fu per un anno savio alla Mercanzia, quindi provveditore sopra Ospedali (14 marzo 1572); poi nuovamente savio alla Mercanzia dall’8 aprile 1574 al 30 settembre dello stesso anno e ancora dall’11 ottobre 1574 al settembre del 1575 e nel 1575-76.
La morte di Pietro, avvenuta nel 1573, dischiuse a Sanudo l’accesso al Collegio, pertanto il 26 marzo 1575 venne eletto savio di Terraferma sino al 31 ottobre; fu poi provveditore sopra i Confini dal 16 gennaio 1576, carica che condivise per qualche tempo con quella di provveditore e revisore sopra le Spese superflue, cui fu eletto il 29 ottobre 1576.
La carriera proseguì densa di incarichi che si succedettero senza soluzione di continuità, ma senza mai pervenire all’ambito superiore delle ambascerie; egli infatti non uscì mai fuori dei territori della Serenissima, forse perché impegnato nella sua attività commerciale, che peraltro ebbe termine attorno al 1580, a causa della forte inflazione che nella seconda metà del Cinquecento condizionò pesantemente l’economia veneziana.
Ricoprì ancora il saviato di Terraferma nel primo semestre degli anni 1577-78 e per il secondo semestre del 1581 e 1582, assumendo nei restanti mesi altre cariche: fu infatti nuovamente provveditore e revisore sopra le Spese superflue dal 19 ottobre 1577 al 18 ottobre 1578; censore per un anno dal 26 gennaio 1579; revisore sopra i conti delle Procuratie per due anni (eletto il 12 luglio 1578); quindi, il 17 aprile 1580, entrò a far parte del Consiglio dei dieci e qualche mese dopo (31 luglio) accettò la nomina a podestà e capitano di Crema.
Raggiunse la sede alla fine del 1580, portando a termine la riforma dell’ospedale dei poveri di Rivolta, le cui entrate erano oggetto di malversazioni e ruberie. Un anno dopo, nell’ottobre del 1581, fu chiamato a far parte nuovamente del Consiglio dei dieci, carica che ricoprì anche l’anno successivo. Il 24 gennaio 1582 fu eletto provveditore in Zecca e qualche mese più tardi (4 agosto) provveditore sopra i Beni comunali; il 6 novembre dello stesso anno divenne savio del Consiglio fino a tutto marzo del 1583.
Un mese dopo, il 26 aprile, fu eletto capitano di Brescia, ove rimase fino al settembre del 1584, occupandosi delle strutture difensive e dei rifornimenti di salnitro per le artiglierie. Fu poi savio del Consiglio dal 15 dicembre dello stesso 1584 sino al marzo del 1585, per poi passare (28 aprile) consigliere ducale per il sestiere di Cannaregio, carica che avrebbe ricoperto ancora, sempre per un anno, dal 20 dicembre 1587 e dal 22 dicembre 1591.
Incessante, nello scorcio della sua esistenza, il succedersi delle cariche, delle quali si fornisce qui la data di elezione delle principali portate a termine: savio del Consiglio (ottobre 1586); governatore sopra Ori e monete (23 aprile 1587); membro del Consiglio dei dieci (6 settembre 1587); provveditore sopra le Fortezze (3 febbraio 1589), savio del Consiglio nel secondo semestre di quell’anno, incarico cumulato con quello, non meno prestigioso, di riformatore dello Studio di Padova (1° settembre 1589), che a sua volta venne parzialmente a sommarsi – le cariche erano compatibili – con un nuovo capitanato (29 settembre 1589), che nella circostanza ebbe Padova come sede. Lì Sanudo dovette affrontare la spinosa questione che opponeva il neonato ‘Controstudio’ dei gesuiti con l’antica università. Al termine del mandato, divenne ancora savio del Consiglio dal dicembre del 1591 al marzo successivo, dopo di che, il 14 maggio 1592, fu eletto tra i quattro ambasciatori di ubbidienza per l’elezione al soglio pontificio di Clemente VIII. Alla decisione del Senato probabilmente non fu estranea la posizione conciliante tenuta da Sanudo il 19 agosto 1588, allorché si discusse l’ennesima richiesta pontificia di ottenere la libera navigazione nell’Adriatico. Si fermò a Roma dal 10 al 29 ottobre; l’estradizione di Giordano Bruno e la questione degli uscocchi costituivano problemi spinosi, ma con gli Aldobrandini il patriziato lagunare era in ottimi rapporti e i quattro poterono rientrare a Venezia decorati del titolo di cavaliere.
Fu quindi eletto sopraprovveditore alle Biave il 14 novembre e provveditore alle Pompe il 2 dicembre dello stesso 1592, quindi savio del Consiglio per il primo semestre del 1593, per poi divenire soprintendente alle decime del clero il 17 luglio.
Neppure riuscì a iniziare concretamente quest’ultimo compito, perché la morte lo colse a Venezia il 6 agosto 1593, dopo venticinque giorni «di dolori colici et febre».
Scrisse – probabilmente fra il marzo e l’ottobre del 1575 – una Guerra col Turco 1570 (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., VII.86 [= 8028], cc. 142r-275v) in cui difende le ragioni che spinsero Venezia alla pace separata del 1573 («Necessità, et non volontà haveva mosso li Padri a trattar, e concluder la pace», Raines, 2006, p. 152); tuttavia, rispetto ad altri che si occuparono del conflitto, Sanudo appare più equilibrato e Marco Foscarini non mancò di elogiarne lo stile.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscell. Codd. I, St. veneta 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, VI, p. 563; Segretario alle voci, Elez. Maggior Consiglio, regg. 4, cc. 14, 26, 28, 99, 199; 5, cc. 11, 27, 212; 7, cc. 1, 3, 173; Segretario alle voci, Elez. Pregadi, regg. 4, cc. 12 s., 21 s., 49, 53, 58, 61, 74, 76; 5, cc. 6-11, 120, 128, 149, 155 s.; 6, cc. 1, 3, 4, 30 s., 52, 60, 75, 87, 112; Capi del Consiglio di Dieci, Lettere di rettori, Brescia, b. 24, nn. 126, 131-134, 146, 152; Crema, b. 67, nn. 92-103; Padova, b. 85, nn. 32-33; Dieci savi alle decime. Redecima del 1582, b. 163/739; Provveditori alla Sanità, Necrologi, reg. 825, sub 6 agosto 1593; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. It., VII.830 (= 8909): Consegi, cc. 42, 98, 119, 129, 266.
E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, IV, Venezia 1834, p. 416; VI, 1853, p. 636; M. Foscarini, Della letteratura veneziana ed altri scritti intorno ad essa, Venezia 1854, pp. 304 s.; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, XIII, Podestaria e capitanato di Crema, a cura dell’Istituto di storia economica dell’Università di Trieste, Milano 1979, pp. LIV, 81; G. Cozzi, Stato e Chiesa: vicende di un confronto secolare, in Venezia e la Roma dei Papi, Milano 1987, pp. 13 s., 18, 21; D. Raines, L’invention du mythe aristocratique. L’image de soi du patriciat vénitien au temps de la Sérénissime, I-II, Venezia 2006, pp. 152, 161 s., 318; E. Patrizi, Pastoralità ed educazione. L’episcopato di Agostino Valier nella Verona post-tridentina (1565-1606), I, Vita e azione pastorale, Milano 2015, p. 43.