SCHIAVONI, Federico
– Nacque a Manduria, presso Lecce, il 6 ottobre 1810, figlio di Leonardo e di Anna Barci.
Ebbe la prima educazione scolastica a Lecce, compiendo poi gli studi di matematica a Napoli, presso la prestigiosa scuola privata di Salvatore de Angelis e di Francesco Paolo Tucci. Il 7 settembre 1832 fu ammesso come alunno nel Real Officio topografico della guerra, presso cui fu nominato ingegnere topografo ‘soprannumero’ dal 27 gennaio 1838, ingegnere di terza classe dal 4 ottobre 1839 e di seconda dal gennaio del 1845. Tra il 1844 e il 1846 prese parte ai lavori di triangolazione nella fascia costiera di Terra di Lavoro condotti dall’Officio; nel 1846 fu in Calabria, ove sostituì lo scomparso Francesco Fergola, e nel 1849 eseguì le osservazioni delle maree in Sicilia.
Succeduto nel 1851 a Fedele Amante nella carica di professore di astronomia e geodesia presso l’Officio, con nomina in ruolo nel gennaio del 1856, Schiavoni diffuse e approfondì nello Stato borbonico i nuovi metodi introdotti in Germania da Friedrich Wilhelm Bessel e Johann Jacob Baeyer. In particolare, progettò una triangolazione poggiata su due basi geodetiche, da misurare l’una nei pressi di Foggia, l’altra nella pianura di Catania: a tale scopo fece acquistare appositamente presso il costruttore Ertel di Monaco l’apparato di Bessel, la migliore apparecchiatura per la misurazione delle basi. Nel 1859, sperimentato il funzionamento dell’apparecchio, portò a termine il lavoro avviato a Foggia.
Il 29 ottobre 1860, con decreto del ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, divenne professore di geografia matematica e geodesia presso l’Università di Napoli e, dal 4 agosto 1861, anche presso il corpo di stato maggiore dell’esercito italiano, nel quale era confluito il Real Officio topografico come ‘sezione napoletana’, divenendone capo nel 1869.
Schiavoni scrisse un trattato dal titolo Principii di geodesia che vide tre ristampe dal 1863 al 1880. Lo studio fu considerato da Nicodemo Jadanza (1894) uno dei più importanti pubblicati in Italia su tale materia, specie per le inedite considerazioni sugli elementi dello sferoide terrestre. Vi erano inoltre trattati temi come la compensazione delle reti geodetiche, la determinazione della latitudine e dell’azimut attraverso osservazioni astronomiche, nonché la teoria generale delle carte geografiche.
Dal 1853 Schiavoni fu socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli e dal 1857 socio corrispondente del Real Istituto di incoraggiamento di Napoli. Nel 1865 fu chiamato a far parte della Commissione geodetica italiana, istituita inizialmente con il nome di Commissione italiana per la misura del grado; negli anni successivi fu nominato membro del Consiglio tecnico comunale di Napoli, del Consiglio della Scuola degli ingegneri di Napoli, della Giunta statistica municipale e, dal 1868, membro onorario della Società degli ingegneri di Torino. Nel 1872, con la nascita dell’Istituto topografico militare a Firenze, fu nominato geografo principale e, nel 1873, geografo capo, restando però a Napoli a dirigere la sezione napoletana dell’Ufficio di stato maggiore con l’incarico, tra gli altri, della carta delle province meridionali alla scala di 1:50.000.
Oltre al trattato citato, pubblicò numerosi altri studi, sia nel campo delle teorie geodetiche, sia in quello delle tecniche pratiche. Tra le pubblicazioni dell’Istituto topografico militare figurano le ricerche di Schiavoni relative allo strumento di Bessel e alle sue rettifiche, nonché alle misure, eseguite con lo stesso apparecchio, delle basi di Foggia, Napoli, Catania, Crati e Lecce (1859-72). Si segnalano inoltre i suoi studi sugli strumenti universali di Repsold e di Salmoiraghi e le indagini sulle variazioni di lunghezza delle basi per effetto delle escursioni di temperatura del suolo, sulle differenze di longitudine e sulla misura dell’arco meridiano europeo.
Riguardo ai lavori diretti da Schiavoni per la redazione della pianta di Napoli, incisa tra il 1872 e il 1880 alla scala di 1:2000, l’incarico di predisporre la rete geodetica di base gli fu assegnato nel dicembre del 1861 dalla commissione delle opere pubbliche del Comune, dovendo egli collaborare nell’opera con l’ingegner Luigi Giura (già direttore della Scuola di applicazione degli ingegneri e ministro dei Lavori pubblici durante il governo provvisorio di Giuseppe Garibaldi): si richiedevano precise osservazioni mareografiche lungo il litorale, allo scopo di avere un piano quotato il più esatto possibile attraverso punti di elevazione riferiti al livello medio del mare. Nel 1863 Schiavoni pubblicò in proposito l’opuscolo dal titolo Intorno a’ lavori geodetici nella città di Napoli eseguiti a richiesta del Municipio. Il rilievo interessò l’intero ambito comunale delimitato dal muro finanziere e fu composto da ventiquattro fogli incisi su rame delle dimensioni di 70×100 cm, più il quadro di unione alla scala di 1:8000.
La storia del progetto e della realizzazione della pianta, redatta insieme con gli ingegneri Cesare Firrao, Ercole Lauria e Raffaele Orsini, è stata analizzata per la prima volta da Giancarlo Alisio nel catalogo della mostra sulla cartografia napoletana dal 1781 al 1889, tenutasi a Napoli e Bari tra il 1983 e il 1984. Come l’autore segnala nel suo studio – ripreso da Leonardo Di Mauro un decennio più tardi in occasione della pubblicazione anastatica delle tavole – si trattava della più importante rappresentazione cartografica della città nel XIX secolo. Alisio sottolinea come la discussione sulla necessità della pianta fosse stata affrontata in Consiglio comunale nel maggio del 1864 dal relatore Lauria, al quale si deve anche la decisione del Consiglio direttivo dell’opera di adottare la scala di 1:2000. Solo nel 1870 vennero esposti i primi elaborati della pianta e, fino alla sua completa pubblicazione, «trascorsero diversi anni e infatti i fogli recano date che vanno dal 1872 al 1880» (Alisio, 1983, p. 41). Inoltre «il quadro d’unione fu inciso su una pietra calcarea già utilizzata sul retro per un’altra pianta. Sia i ventiquattro rami che la pietra si conservano presso l’Ufficio Tecnico del Comune...», anche se bisognosi di restauro (p. 44). L’autore conclude ricordando che «la resa grafica della planimetria fu perfetta, precisa in ogni dettaglio e all’altezza della tradizione cartografica napoletana; essa rappresenta un elemento di importanza fondamentale per la conoscenza della città negli anni che precedettero i lavori di risanamento e per le trasformazioni urbane allora in corso» (p. 45).
Nel rilievo erano ben evidenziati, tra gli altri dettagli, gli ingressi degli edifici con gli androni, i cortili e i corpi scala, la toponomastica e la denominazione degli edifici pubblici. Vi figuravano, per la prima volta, le opere eseguite sotto Ferdinando II di Borbone, tra cui il corso Maria Teresa (poi Vittorio Emanuele), la strada dei Fossi (oggi parte del corso Garibaldi) e quella sull’Arenaccia, nonché i primi significativi interventi del periodo postunitario, come il nuovo quartiere borghese a Chiaia, le opere lungo il litorale occidentale, la strada del duomo – rilevata in corso di completamento –, il nuovo quartiere Museo con la Galleria Principe di Napoli.
Lo stesso Alisio sostiene a ragione che si debba assegnare alla pianta il nome di Schiavoni, anziché quello di Adolfo Giambarba, erroneamente adottato nonostante il rilievo fosse stato pubblicato con l’esatta paternità già nel catalogo della mostra di topografia napoletana allestita presso l’Archivio di Stato di Napoli nel 1930. L’ingegnere Giambarba, direttore del 1° Ufficio tecnico del Comune, proprio partendo dalla pianta di Schiavoni fece eseguire nel 1889 il rilievo in 220 fogli alla scala di 1:200 necessario per la progettazione degli interventi di sventramento previsti per il risanamento della città a seguito dell’epidemia colerica del 1884.
Il 4 maggio 1879, Schiavoni fu collocato a riposo e anche la sezione napoletana dell’Ufficio di stato maggiore cessò di esistere. Lasciato dunque l’Istituto topografico militare, egli continuò a insegnare presso l’università fino al 1888, lavorando ancora alle applicazioni della teoria delle misurazioni geodetiche e topografiche: suo è il progetto di un ‘metroscopio’, una sorta di nuovo ingegnoso telemetro.
Coniugatosi il 26 gennaio 1843 con Giulia Aurineta e padre di un figlio maschio e di quattro femmine, fu insignito di prestigiose onorificenze, tra cui la croce di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1861) e il titolo di cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia (1868).
Morì a Napoli il 5 marzo 1894.
Opere. Tra le principali pubblicazioni scientifiche: Progetto di una livellazione geodetica fra il Mar Tirreno e l’Adriatico, Napoli 1850; Considerazioni intorno al modo di determinare la deviazione locale del filo a piombo e l’errore che essa introduce nella misura della latitudine astronomica e dell’azimut, Napoli 1851; Principii fondamentali intorno alla misura di una base geodetica, Napoli 1856; Confronto tra la base geodetica di Napoli e quella di Castelvolturno, Napoli 1863; Intorno a’ lavori geodetici nella città di Napoli eseguiti a richiesta del Municipio, Napoli 1863; Principii di geodesia, Napoli 1863; Intorno la misura dell’arco meridiano europeo, Napoli 1866; Relazione intorno allo studio di maree compiuto sul litorale di Napoli per dedurre il livello medio del mare, Napoli 1867; Sul coefficiente di temperatura e sulla lunghezza della tesa inviata a Berlino, Napoli 1867; Pensieri sul modo di ottenere la differenza di longitudine tra due luoghi, dove manca il collegamento elettrico ma esiste reciproca visione, in Atti dell’Accademia Pontaniana, 1881, vol. 14, pp. 215-217; Investigazioni sulle variazioni di lunghezza di una base geodetica per effetto delle temperature del suolo, Napoli 1883.
Fonti e Bibl.: P. Riccardi, Cenni sulla storia della geodesia in Italia dalle prime epoche fin oltre alla metà del secolo XIX, II, Bologna 1883, p. 117; N. Jadanza, F. S., necrologia in Atti dell’Accademia Pontaniana, 1894, vol. 24, pp. 1-5; Id., Il professore ingegnere F. S.: commemorazione letta nell’adunanza del 9 novembre 1894, in Atti della Società degli ingegneri e degli architetti in Torino, Torino 1895, p. 11; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani 1904, pp. 974 s.; A. Mori, La cartografia ufficiale in Italia e l’Istituto Geografico Militare, Roma 1922, pp. 142-160, 170; F. Amodeo, Vita matematica napoletana. Studio storico, Napoli 1924, pp. 304-307; L. Carnera, S. F., in Enciclopedia Italiana, XXXI, Roma 1936, p. 88; G.C. Alisio, La pianta di Napoli (1872-1880), in Cartografia napoletana dal 1781 al 1889, a cura di G.C. Alisio - V. Valerio, Napoli 1983, pp. 41-48; L. Di Mauro, La pianta S. in 24 fogli. Erroneamente nota come Pianta Giambarba, Roma 1992; V. Valerio, Società, uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d’Italia, Firenze 1993, pp. 415-418.