TEDESCHINI, Federico
– Nacque il 12 ottobre 1873 ad Antrodoco (all’epoca in provincia dell’Aquila, oggi di Rieti), in seno a una famiglia agiata. Era il secondogenito dei quattro figli nati dal matrimonio tra Patrizio Tedeschini e Rosa Serani. È poco convincente che fosse il nipote del cardinale Giuseppe D’Annibale, come risulta da alcune fonti.
Nel 1884 Tedeschini entrò nel seminario diocesano di Rieti, e cinque anni dopo nel pontificio seminario romano, da cui passò l’anno successivo al seminario Pio. Ordinato sacerdote il 25 luglio 1896, dal 1898 fu teologo della cattedrale di Rieti. Nel 1900 venne chiamato in Vaticano come minutante della Segnatura di Stato, alle dipendenze del cardinale Giacomo Della Chiesa, di cui conquistò la fiducia. Il 6 novembre 1903 papa Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto) lo nominò cameriere segreto, e nel 1908 prelato di Sua Santità. Dal 20 ottobre dello stesso anno fu cancelliere dei Brevi apostolici, ufficio al quale diede un nuovo ordinamento.
Della Chiesa, asceso il 3 settembre 1914 al soglio pontificio con il nome di Benedetto XV, nominò segretario di Stato il cardinale Domenico Ferrata e, il 24 settembre, Tedeschini come sostituto: quest’ultimo mantenne l’incarico anche quando, morto di lì a poco Ferrata, gli subentrò il cardinale Pietro Gasparri. Intanto, il 13 novembre Tedeschini era stato nominato consultore del S. Uffizio.
Assistente ecclesiastico della Società della gioventù cattolica italiana dal 1911 al 1921, durante il primo conflitto mondiale Tedeschini istituì l’ufficio dei prigionieri e delle vittime di guerra.
Il 31 marzo 1921 Benedetto XV lo nominò nunzio apostolico in Spagna e il 30 aprile arcivescovo titolare di Lepanto. Il 5 maggio 1921 ricevette l’ordinazione episcopale dallo stesso pontefice e il 1° giugno giunse a Madrid, dove il 9 presentò le credenziali al re Alfonso XIII.
Nel Paese iberico Tedeschini restò come nunzio fino al 16 dicembre 1935 (data in cui venne resa pubblica la sua nomina a cardinale, che era stata decisa, con la formula in pectore, il 13 marzo 1933), poi come pronunzio fino alla nomina del suo successore, il 4 giugno 1936. Considerata la consuetudine della S. Sede di sostituire i propri rappresentanti in occasione di significativi mutamenti politici, la sua nunziatura fu inusualmente lunga: passò per la monarchia parlamentare, la dittatura del generale Miguel Primo de Rivera y Orbaneja (1923-30), i brevi governi di transizione di due militari, il generale Dámaso Berenguer y Fusté (1930-31) e l’ammiraglio Juan Bautista Aznar Cabañas (1931), e infine i convulsi anni della Seconda Repubblica (1931-36), giungendo fin quasi allo scoppio della guerra civile (17-18 luglio 1936).
A Madrid, Tedeschini stabilì subito rapporti di stima e collaborazione con Ángel Herrera y Oria, direttore del principale quotidiano cattolico, El debate, ed eminente figura del laicato cattolico, con il quale avviò il progetto delle Juventudes católicas (Watanabe, 2003, pp. 105 s.; Montero, 2008). Durante la sua nunziatura consacrò ventidue vescovi, si trovò al centro di polemiche e dovette anche misurarsi con inimicizie durevoli. Anzitutto quella con Leopoldo Eijo y Garay (vescovo della diocesi di Madrid-Alcalá de Henares dal luglio del 1923), le cui entrature presso la Corte lo sovraesposero a detrimento delle prerogative del primate (Rodríguez Lago, 2012). Poi con lo stesso primate, Pedro Segura y Sáenz, referente delle correnti integraliste.
Di fronte alle spinte autonomiste provenienti dalla Catalogna, Tedeschini considerò inizialmente inutile «resistere a siffatte aspirazioni» (Archivio segreto Vaticano, da ora in poi ASV, Archivio della Nunziatura di Madrid, da ora in poi ANM, b. 837, f. 358), per poi allinearsi alle posizioni centraliste di Madrid. In seguito alle pressioni della dittatura di Primo de Rivera sulla S. Sede affinché sconfessasse le tendenze nazionaliste del clero catalano, il papa ordinò a Tedeschini di compiere una visita apostolica alle diocesi della Catalogna. Il nunzio la realizzò nella primavera del 1928, concludendola con una relazione sostanzialmente incline alle posizioni del governo e molto critica della condotta del cardinale Francesc Vidal i Barraquer, punto di riferimento del catalanismo ecclesiastico (Corts i Blay, 2010).
La proclamazione della Repubblica (14 aprile 1931) inaugurò una nuova stagione anche per la nunziatura di Tedeschini. Da quel momento in avanti cercò di salvare il salvabile delle posizioni della Chiesa di fronte alle politiche laicizzatrici della classe politica ascesa alla guida del Paese; si adoperò per convincere un episcopato e un mondo cattolico tradizionalmente monarchici ad accettare il nuovo regime e, nel contempo, dovette difendersi dagli attacchi dei settori integralisti guidati da Segura, che, considerando troppo arrendevole la condotta del nunzio, propugnavano lo scontro frontale con i poteri costituiti. Per quasi sei anni Tedeschini svolse una costante azione di delicata e discreta mediazione, per la quale ebbe dalla sua parte, accantonate le incomprensioni sulle vicende catalane, Vidal ed Herrera, mentre individuò quali interlocutori nel governo, almeno inizialmente, i cattolici Niceto Alcalá Zamora y Torres e Miguel Maura Gamazo, rispettivamente presidente e ministro degli Interni del governo provvisorio, oltre al ministro di Stato (cioè degli Esteri), l’anziano leader radicale Alejandro Lerroux García.
Nella primavera del 1931, quando le autorità repubblicane espulsero dal Paese il vescovo di Vitoria, Mateo Múgica Urrestarazu, ingiustamente ritenuto avverso alla Repubblica, e Segura, la cui ostilità al nuovo regime era invece conclamata, Tedeschini protestò per la sorte dei due ecclesiastici, ma distinguendo la posizione di Múgica da quella di Segura, sul quale inviò a Roma rapporti molto negativi, così duri da indispettire alcuni cardinali della Curia, che manifestarono apertamente la loro opinione nelle sedute della Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari del 1° giugno e del 3 e 15 settembre 1931. Quando le elezioni legislative e costituenti del 28 giugno 1931 diedero la vittoria schiacciante a socialisti, radicali e repubblicani, Tedeschini spiegò a Eugenio Pacelli (allora segretario di Stato e futuro papa Pio XII) che la sconfitta dei candidati cattolici era dovuta a vari fattori: l’identificazione del cattolicesimo con la monarchia, la mancanza di organizzazioni elettorali cattoliche, l’assenza di un’Azione cattolica degna di questo nome, la presenza nella Chiesa spagnola di un forte settore integralista; ma la causa principale fu da lui indicata nell’allontanamento dal popolo di un clero collocato dalla parte dei ceti più abbienti (Segreteria di Stato, Sezione per i rapporti con gli Stati, Archivio storico, Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari, Spagna IV, pos. 787, b. 133, ff. 11-19). Quando, nell’autunno del 1931, si svolse il dibattito sulla futura Costituzione, Tedeschini si adoperò inutilmente affinché gli articoli 3 e 24 (art. 26 nel testo definitivo), considerati lesivi degli interessi della Chiesa, fossero modificati. E lo stesso fece dopo l’approvazione della Costituzione al fine di temperarne le leggi applicative, in particolare durante la discussione della Ley de Confesiones y Congregaciones religiosas, poi votata dalle Cortes (il Parlamento) il 17 maggio 1933 (ASV, ANM, b. 924, ff. 111-132 e b. 926, ff. 147-460), a pochi giorni dalla promulgazione dell’enciclica Dilectissima nobis, con cui il papa Pio XI (Achille Ratti) stigmatizzò le politiche laicizzatrici della Repubblica.
Dopo la vittoria dei partiti di centrodestra nelle elezioni del novembre del 1933, nel cui programma c’erano la soluzione del problema religioso e la riforma costituzionale, Tedeschini si adoperò, d’intesa con il presidente della Repubblica Alcalá Zamora, per giungere alla normalizzazione dei rapporti tra Chiesa e Stato. Ma il negoziato, benché contasse sul convinto sostegno del nunzio, di Vidal e di Herrera, e benché dal dicembre del 1933 dalla guida del Paese fossero escluse le forze politiche di sinistra, si risolse in un nulla di fatto per il prevalere delle posizioni integraliste, che trovarono una sponda nello stesso pontefice.
Dopo che venne resa nota la sua nomina a cardinale, il governo conferì a Tedeschini l’onorificenza della Gran cruz de Isabel la Católica. Poi, il 21 dicembre 1935, con una solenne cerimonia il capo dello Stato, Alcalá Zamora, impose a Tedeschini la berretta cardinalizia.
All’indomani delle elezioni che il 16 febbraio 1936 videro la vittoria del Fronte popolare, Tedeschini redasse per la segreteria di Stato un rapporto su Luis de Zulueta y Escolano, proposto dal nuovo governo come ambasciatore in Vaticano, rapporto che ne favorì il gradimento da parte della S. Sede (ASV, ANM, b. 900, ff. 32-37). Elevò poi varie proteste per le manifestazioni anticlericali che ebbero per bersaglio uomini e beni della Chiesa.
Tracciando un bilancio della sua nunziatura in Spagna, il periodo più documentato della sua biografia, occorre riconoscere che Tedeschini trasmise alla S. Sede puntuali informazioni sulla vita ecclesiale e politica del Paese iberico. Capì più la prima, di cui mise a fuoco le antiche incrostazioni legittimiste e integraliste, le movenze di un clero dal basso profilo culturale e pastorale, le resistenze a scendere in campo di un laicato cattolico consapevole. Comprese meno le dinamiche politiche e sociali, enfatizzando il pericolo massonico e comunista, sottovalutando il radicamento dei nazionalismi catalano e basco, ai quali fu ostile per spontanea assimilazione della visione nazional-cattolica della storia spagnola e perché li giudicò divisivi dei cattolici sul piano elettorale. Intervenne sistematicamente presso le autorità civili per protestare contro norme, decreti e leggi ritenuti lesivi dei diritti della Chiesa. Nella concezione dell’autorità ecclesiastica del tempo in una nazione cattolica come la Spagna, la Chiesa aveva dei diritti che solo la confessionalità dello Stato poteva garantire. Venuti questi a cadere con la Costituzione del 1931, che peraltro aveva negato l’origine divina del potere e introdotto la libertà di coscienza, si trattava dunque di ripristinarli: ma accettando quanti e quali compromessi? Nessuno, secondo Segura e i circoli integralisti. Pochissimi (e facendo in modo che non apparissero come tali), secondo il papa e Pacelli. Quelli necessari a evitare la fossilizzazione della frattura e la radicalizzazione del conflitto anticlericale, secondo Tedeschini, che agì con l’intento di attenuare le tensioni tra le autorità ecclesiastiche e quelle civili.
Anche se la divergenza tra i due non fu conclamata, progressivamente sempre più diversa da quella di Tedeschini fu la linea di Pio XI, che privilegiò l’intransigente difesa dei diritti della Chiesa (contribuendo così a gettare benzina sul fuoco), attraverso varie decisioni: la scelta dell’integralista Isidro Gomá y Tomás come arcivescovo di Toledo (1933), la citata enciclica Dilectissima nobis, la volontà di far fallire il negoziato del 1993-34 per un modus vivendi tra Chiesa e Stato, l’elevazione di Gomá alla porpora cardinalizia (1935) e la scelta di Toledo come unica sede primaziale. Con Vidal, Tedeschini fu il simbolo della linea che nella Chiesa venne sconfitta. Ovvio che la sua linea fosse stigmatizzata da quanti pensavano che lo scontro con le istituzioni laiche repubblicane fosse il modo migliore per testimoniare la propria fede nella ‘tesi cattolica’. Per ostacolare Tedeschini e danneggiarne l’immagine, essi ricorsero a ogni mezzo, senza che gli fossero risparmiate illazioni sulla moralità della sua vita privata. Un’arma, occorre aggiungere, che anche Tedeschini utilizzò contro Segura.
Tedeschini visse gli ultimi anni del soggiorno in Spagna come «un continuo purgatorio» (ASV, ANM, b. 902, f. 412) e abbandonò Madrid assai amareggiato, lasciandosi dietro l’acredine degli ambienti integralisti, monarchici, carlisti e portando con sé un giudizio assai negativo sul clero spagnolo. Rientrato a Roma, nella plenaria della Congregazione dei seminari del 15 febbraio 1938, convocata per valutare i risultati della visita apostolica ai seminari spagnoli del 1933-34, usò parole taglienti nei riguardi del clero spagnolo, accusandolo di aver divorziato dalla società e di essere anche causa di quanto con la rivoluzione gli si era riversato contro (Informe de la visita apostolica..., 2006, pp. 496 s.). In precedenza si era espresso contro il riconoscimento de jure del governo del generale Francisco Franco Bahamonde nelle plenarie della Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari del 17 dicembre 1936 e del 14 giugno 1937, mentre in quella del 28 dicembre 1938 il suo voto fu contro la concessione a Franco del previlegio della presentazione dei vescovi e la richiesta di considerare ancora vigente il concordato del 1851.
Sono assai scarse le notizie di cui disponiamo sugli ultimi vent’anni della vita di Tedeschini, che fu titolare della chiesa di S. Maria della Vittoria a Roma dal 18 giugno 1936 al 28 aprile 1951, poi vescovo suburbicario di Frascati.
Dagli Acta apostolicae sedis si apprende che fu nominato: il 7 luglio 1936 membro della Congregazione ceremoniale; il 17 luglio del tribunale della Segnatura apostolica; il 15 novembre della Commissione pontificia per l’interpretazione autentica del codice di diritto canonico; il 28 agosto 1937 della Congregazione dei seminari e delle università degli studi; il 25 febbraio 1938 datario di Sua Santità; il 14 e 31 marzo 1939 rispettivamente arciprete della basilica Vaticana, prefetto della Congregazione della reverenda Fabbrica di S. Pietro e membro della Commissione cardinalizia per l’amministrazione dei beni della S. Sede; il 17 novembre 1939 membro della congregazione dei Riti; il 19 gennaio 1951 protettore della Società sacerdotale della S. Croce e dell’Opus Dei; nell’ottobre dello stesso anno legato pontificio a Fatima, dove chiuse le celebrazioni dell’anno santo.
Nel luglio del 1952 tornò in Spagna, come delegato del pontefice al XXXV Congresso eucaristico internazionale di Barcellona, che inaugurò solennemente nella cattedrale della città con un discorso apologetico del cattolicesimo spagnolo, non del tutto in sintonia con le sue precedenti convinzioni. Nel 1954 presiedette, come legato papale, il V Congresso eucaristico nazionale e mariano del Perù. L’anno successivo presiedette le celebrazioni nel santuario di Burmola a Malta, in occasione delle solenni celebrazioni per la festività dell’Immacolata Concezione.
Alla fine del giugno del 1957 consacrò la città di Frascati e tutta la diocesi tuscolana al Sacro Cuore di Gesù.
Partecipò al conclave che nel 1958 elevò al soglio pontificio, con il nome di Giovanni XXIII, il cardinale Angelo Roncalli.
Afflitto da un tumore all’intestino, si spense a Roma il 2 novembre 1959, nel palazzo della Dataria apostolica.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Archivio della nunziatura di Madrid, bb. 778-965; Església i Estat durant la Segona República espanyola, 1931-1936. Arxiu Vidal i Barraquer, a cura di M. Battlori - V.M. Arbeloa, I-IV, Barcelona 1971-1991; La II República y la Guerra civil en el Archivo secreto vaticano, a cura di V. Cárcel Ortí, I, 1, Documentos del año 1931 (febrero-julio), Madrid 2011, I, 2, Documentos del año 1931 (agosto-diciembre), 2011, III, Documentos de los años 1933 y 1934, 2014, IV, Documentos de los años 1935 y 1936, 2016.
V. Cárcel Ortí, Instrucciones del cardenal Gasparri al nuncio Tedeschini en 1921, in Revista española de derecho canónico, 1991, n. 131, pp. 455-482; J.C. Watanabe, Confesionalidad católica y militancia política. La Asociación católica nacional de propagandistas y la Juventud católica española (1923-1936), Madrid 2003; F. T. Il cardinale, la sua città (1873-1959). Atti del Convegno di studi, ... 2003, a cura di I. Tozzi, Antrodoco 2004; Informe de la visita apostólica a los seminarios españoles en 1933-1934, a cura di V. Cárcel Ortí, Salamanca 2006; V. Cárcel Ortí, La nunciatura de F. T. en Madrid durante la Monarquía (1921-1931), in Archivum historiae pontificiae, 2007, vol. 45, pp. 97-184; F. Montero, La ‘nueva’ Acción católica de Ángel Herrera durante la II República, in La Acción católica en la II República, a cura di F. Montero, Alcalá de Henares 2008, pp. 19-42; R. Corts i Blay, L’informe final de la visita apostolica de 1928 del nunci T. a Catalunya, in Analecta sacra tarraconensia, 2010, vol. 83, pp. 485-757; V. Càrcel Ortí, La Repubblica spagnola nel diario del nunzio T. (1931-1936), in Archivum historiae pontificiae, 2012, vol. 50, pp. 95-140; J.R. Rodríguez Lago, La batalla eclesial por Madrid (1923-1936). Los conflictos entre Eijo Garay y F. T., in Hispania sacra, LXIV (2012), pp. 205-222; R. Trullén Floría, Religión y política en la España de los años treinta. El nuncio F. T. y la Segunda República, Zaragoza 2012; J.R. Rodríguez Lago, Las claves de T.: la política vaticana en España (1921-1936), in Historia y política, 2017, n. 38, pp. 229-258.