TESIO, Federico
– Nacque il 17 gennaio 1869 a Torino, figlio di Luigi, avvocato, e di Margherita Scaravaglio.
Rimasto presto orfano di entrambi i genitori, dal 1880 la sua nuova casa divenne il Real collegio di Moncalieri. Qui completò gli studi ginnasiali e liceali con il massimo dei voti. Tra i docenti, a rappresentare il principale punto di riferimento per Tesio, instillandogli una passione sviscerata per la scienza, l’osservazione dei fenomeni naturali e il metodo sperimentale, fu il barnabita Francesco Maria Denza.
Forte quindi di una cultura eclettica, dotato di una particolare sensibilità artistica e creativa, e animato soprattutto da un irrefrenabile desiderio di scoperta, dopo aver svolto il servizio militare nel 18° reggimento di Cavalleria di Piacenza e maturato così una prima forte intesa con il cavallo, scelse di dedicarsi ai cimenti della pista, dove debuttò come gentleman rider a Roma, il 10 maggio 1891, in sella a Paphos, e in particolare ai viaggi. India, Cina, Giappone, Argentina, Stati Uniti e Canada: queste furono le principali tappe dell’itinerario di Tesio, che concepì il viaggio non solo o tanto come un’esperienza personale fine a se stessa, un rito di passaggio e una moda legata al gusto per l’esotico, quanto piuttosto come un’utile occasione di studio e scoperta attorno al suo principale motivo d’interesse: il cavallo (Ferrucci, 2004, pp. 61-76).
In quest’ottica assunse un particolare rilievo l’esperienza vissuta nel 1892 in Patagonia dove, viaggiando tra il Rio Negro e il Rio Chubut, all’interno di una carovana composta da due uomini e quaranta cavalli, ebbe modo di compiere interessanti osservazioni di ordine naturalistico, meteorologico, antropologico ed etologico, messe poi a disposizione della Società geografica italiana (Bollettino della Società geografica italiana, XXIX, 1892, pp. 800 s., XXX, 1893, pp. 729-741), e soprattutto di scoprire, grazie alla speciale relazione coltivata con gli equini al seguito, i loro ‘segreti’. Di qui dunque l’acquisizione di un inestimabile patrimonio di nozioni, su cui Tesio, non a caso soprannominato «mago» da Indro Montanelli (2004, p. 5), fu poi in grado di costruire le proprie fortune.
Nella storia mondiale dell’ippica, Tesio è stato il primo turfman a vivere la propria passione per il cavallo e le corse, che all’epoca costituivano per i nobili e i principali protagonisti del circuito internazionale un mero passatempo e una moda chic, come una vera e propria attività economica e mercantile, da strutturare in modo scientifico e alimentare con il continuo studio, finalizzato alla produzione di reddito e profitto.
Ispirata a questi principi ebbe così inizio nel 1897 la vera attività imprenditoriale di Tesio che, avendo aperto la sua prima scuderia nel marzo del 1891 – scegliendo il bianco con croce rossa di s. Andrea, a istoriare una giubba destinata a diventare celebre in tutto il mondo e a essere tuttora presente sulle nostre piste –, decise di aprirne un’altra con Lydia Flori di Serramezzana, sposata il 29 gennaio 1898.
A consolidare quest’unione contribuì poi, tra il 1898 e il 1900, il duro lavoro che culminò nella realizzazione a Dormelletto, sul lago Maggiore, della tenuta di Dormello, vero e proprio quartier generale dell’allevamento di Tesio, che ne fece una struttura modello.
Nati sulle sponde del Verbano, i purosangue pronti a iniziare la carriera agonistica venivano poi dirottati a Barbaricina (Pisa) dove, dapprima agli ordini di Luigi Regoli e poi, dal 1912, sotto la diretta supervisione di Tesio, ora anche nelle vesti di trainer, venivano preparati ad affrontare i cimenti della pista.
Su basi così solide molto rapidamente giunsero allora le prime gioie classiche. Ma la vera consacrazione nazionale arrivò solo nel 1911, anno del primo trionfo nel Derby italiano di galoppo, con Guido Reni. Di qui dunque l’ascesa ai vertici della classifica italiana dei proprietari e degli allevatori da parte del ‘mago di Dormello’ che, tra il 1919 e il 1923, vinse cinque edizioni consecutive del Derby e colse soprattutto, grazie a Scopas, il primo prestigioso successo internazionale: la coppa d’oro di Maisons-Laffitte.
Questa serie di affermazioni contribuì allora a farne un’autentica personalità, utile anche sul piano politico e propagandistico per il nascente regime. Insignito della croce di guerra, per aver svolto con onore i compiti assegnatigli al fronte, sul Piave, s’iscrisse al Partito nazionale fascista il 1° marzo 1924.
Ma se fino a quel momento per Tesio vincere premi era risultato quasi sempre agevole, ora, per via soprattutto della concorrenza delle scuderie di Giuseppe De Montel, di Luchino Visconti e dei fratelli Mario e Vittorio Crespi, titolari della Razza del Soldo, iniziò a diventare sempre più difficile, con inevitabili conseguenze sul piano finanziario. Basti pensare all’ammontare delle vincite di scuderia, che passarono infatti da 3.762.000 lire, cifra record del 1925, alle 726.050 del 1929, mentre sul fronte allevatoriale, tra il 1926 ed il 1929, il gettito scese da 302.940 a 146.355 lire.
Per uscire da questa difficile congiuntura, si rivelò decisivo l’incontro con il marchese Mario Incisa della Rocchetta, destinato a diventare, fino alla fine dei suoi giorni, socio appassionato e partner attivo, all’interno della nuova formazione, costituita all’inizio del 1932: la scuderia Tesio-Incisa, che debuttò vincendo subito il Derby, con la cavalla Jacopa Del Sellaio. Per Tesio, designato dal ministro dell’Agricoltura e Foreste, Giacomo Acerbo, all’interno del consiglio direttivo dell’UNIRE (Unione Nazionale Incremento Razze Equine), il nuovo organismo preposto al coordinamento del comparto ippico, questo trionfo coincise con la definitiva resurrezione e l’inizio di un’inarrestabile ascesa. Grazie alla disponibilità di nuovi terreni della famiglia Incisa nella zona dell’Olgiata, a nord della Capitale, vennero infatti a crearsi migliori condizioni di lavoro per Tesio che, durante i mesi invernali, poté trasferire molti dei suoi cavalli nella tenuta del socio, immersa nel clima romano, meno umido e più mite di quello di Dormello.
Di qui il riassetto delle attività, strutturate su Dormello, Barbaricina, l’Olgiata e infine anche Trenno (San Siro), e un ulteriore impegno sul fronte della ricerca scientifica. La scuderia Tesio-Incisa divenne così quella invincibile armata meglio nota col nome di Razza Dormello Olgiata, destinata a produrre campioni che hanno fatto la storia del galoppo mondiale. Nel 1934 in particolare Tesio trovò il suo anno di grazia, riuscendo a pianificare la geniale unione tra Nogara e Pharos, da cui nel 1935 sarebbe nato Nearco, e a far nascere El Greco, ‘nonno’ materno di Ribot.
Su queste ottime basi si giunse all’exploit di Donatello II che Tesio, in perfetta coerenza con l’approccio pragmatico e imprenditoriale seguito sin dagli esordi, decise di vendere nel 1937, per l’allora cifra record di 43.500 sterline. Ma solo con il 1938 si arrivò all’effettiva apoteosi per Tesio e per l’ippica italiana, grazie alle ineguagliabili performance di Nearco, ceduto per ben 60.000 sterline all’allibratore inglese Martin Benton, dopo aver vinto tutte le classiche italiane e soprattutto il GP di Parigi.
In questo clima di estasi collettiva, Cavalli e corse definì non a torto Nearco «il cavallo del secolo» (29 giugno 1938), preludendo in qualche modo a quelli che sarebbero stati, Oltremanica, i risultati conseguiti anche da riproduttore. Al culmine della fama raggiunta e del prestigio internazionale maturato a beneficio del Paese e del regime, il 9 agosto 1939, dopo essere già stato insignito dei titoli di cavaliere ufficiale e commendatore dell’Ordine della corona d’Italia, Tesio fu nominato senatore del Regno.
Non fu certo il nuovo ruolo politico a distoglierlo dalla missione ippica. A rendergli difficile la vita, rischiando peraltro di far morire di fame tutti i cavalli da corsa fermi ai box, furono semmai lo scoppio della guerra, la caduta di Benito Mussolini, l’occupazione nazista e la nascita della Repubblica sociale italiana (RSI). Davvero decisivo si rivelò allora il ruolo di Tesio, che riuscì dapprima a limitare per pochi mesi, tra l’inverno del 1942 e la primavera del 1943, la sospensione delle corse e poi a intavolare delle fruttuose trattative con gli occupanti nazisti, cui le autorità saloine, del tutto disinteressate alle sorti dell’ippica, delegarono la questione. In cambio di una cessione a titolo pressoché gratuito di alcuni dei migliori purosangue di sua proprietà, tra cui Bellini, Ettore Tito, Pilade, Dossa Dossi e Jacopa del Sellaio, e di altri cavalli appartenenti alle scuderie più quotate, ottenne infatti il quotidiano approvvigionamento di biada, fieno e paglia per tutte le scuderie e gli allevamenti, sia di trotto sia di galoppo, e il regolare svolgimento delle corse. Tesio, in qualità di commissario del Jockey club per l’Alta Italia, ottenne inoltre che le scuderie di San Siro non potessero essere teatro di requisizioni o scorribande da parte sia dei repubblichini sia dei tedeschi che, a loro volta, non avrebbero potuto costringere all’arruolamento o all’internamento nei lager il personale ippico in attività.
La sopravvivenza dell’intero circuito ippico italiano alla barbarie nazifascista si deve dunque in gran parte a Tesio, che della sua condotta durante gli anni della RSI è sempre stato fiero, giungendo a considerarla una prova inconfutabile della dedizione alla patria, per cui la nuova Italia democratica avrebbe dovuto essergli grata. Per questo visse molto male la decisione di dichiararlo decaduto dalla carica di senatore per aver mantenuto il fascismo e resa possibile la guerra, sia con i voti, sia con azioni individuali, fra cui propaganda dentro e fuori il Senato, assunta il 25 luglio 1945 dall’Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo. Inascoltati rimasero gli argomenti sviluppati nella memoria difensiva prodotta prima della Camera di consiglio da Tesio, che volle insistere sulla natura tecnica e apolitica dell’attività svolta in Senato, sull’ottenimento del laticlavio per veri meriti professionali e sull’unanime riconoscimento della bontà del suo operato. A sostegno delle sue tesi produsse un documento del 17 marzo 1945, nel quale il comando militare zona Ossola del CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) definiva di interesse nazionale e quindi inviolabile l’allevamento di Dormello; allegò un estratto del verbale della riunione del Jockey Club del 14 giugno 1944, contenente la dichiarazione di unanime approvazione del lavoro svolto durante la guerra e la ratifica della sua nomina a commissario dell’ente; e da ultimo, per dimostrare l’apprezzamento espressogli anche dalle truppe americane entrate a Milano, raccontò delle continue visite a Dormello di soldati appassionati di ippica e della richiesta, da parte del colonnello Madden, di un articolo per la rivista americana di settore, Blood Horse, allegando il numero su cui era uscito il pezzo a sua firma (The principles of breeding, 1945, vol. 43, n. 22, pp. 824-826).
Ma questo non bastò a evitargli la condanna e il temporaneo sequestro di conti correnti e titoli finanziari, contro cui reagì immergendosi nel lavoro. Vennero così alla luce, tra il 1946 e il 1947, le sue opere fondamentali: Tocchi in penna al galoppo, condensato di aneddoti e ricordi di mezzo secolo di attività, e Purosangue animale da esperimento, contenente la summa scientifica del ‘mago di Dormello’. E fu soprattutto concepita l’unione tra Tenerani e Romanella, destinata a generare il mitico Ribot, di cui Tesio non riuscì a seguire il debutto ufficiale, il 4 luglio 1954 a San Siro.
Morì il 1° maggio 1954 a Milano.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio ordinario, 540243; Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo, UA 155 12/193; si veda la scheda personale pubblicata sul sito del Senato, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/ cf491b6bb00c0941c1257114003827fa/a7ac138 a543af3784125646f0060f9a6?OpenDocument, da cui si accede anche al fascicolo personale e alla sua attività svolta in qualità di senatore.
I. Gemignani, Darwinismo e Mendelismo. In margine alla conferenza di T., in Cavalli e corse, 15 maggio 1940; L. Gianoli, Ritratto di F. T., in Pirelli. Rivista bimestrale di informazione e di tecnica, V (1952), 1, pp. 32 s.; M. Incisa della Rocchetta, I Tesio. Come li ho conosciuti, Milano 1979; K. McLean, T. Master of matings, Cammeray 1984; L. Valdisseri, C’era una volta la Dormello Olgiata, in Corriere della sera, 24 agosto 1992; F. T.: un grande proprietario e allevatore italiano, a cura di R. Bassani, Venezia 1997; M. Fossati, Quel gentiluomo di nome T., l’uomo che fabbricava purosangue, in la Repubblica, 7 giugno 2004; Id., La magia di T. che salvò la cavallina, ibid., 12 dicembre 2004; F.J. Mitchell, Racehorse breeding theories, Neenah 2004, pp. 75-81; I. Montanelli, T., Monticiano 2004; F. Varola, Il mito di T., Monticiano 2004; G. Degli Albizi, F. T. e la razza Dormello Olgiata, Milano 2009; E. Landoni, U.N.I.R.E. l’ippica italiana: una difficile impresa per il fascismo, Milano 2010; O. Guerrieri, I torinesi, Vicenza 2011; E. Landoni, F. T.: la scheda, in La Gazzetta sportiva, 22 settembre 2013; Id., Lezione T. sessant’anni dopo, in Trotto&Turf, 24 maggio 2014.