TJUTREV, Fedor Ivanovič
Poeta russo, nato a Ostug, nel governatorato di Orlov, il 18 dicembre 1803, morto a Carskoe Selo il 27 luglio 1873. Dal suo precettore, S. E. Raič, il giovinetto Tj. apprese ad amare Orazio e ad avere in grande rispetto le viete forme poetiche e stilistiche del'700 russo: ne risentirono, e non poco, i suoi primi versi. Ma nell'università di Mosca, che cominciò a frequentare all'età di 15 anni, Tj. mostrò anche interesse per le nuove correnti poetiche, rappresentate allora da Zukovskij e dalla poesia tedesca. A questa lo avvicinò definitivamente il lunghissimo soggiorno a Monaco, dove egli si recò, in servizio diplomatico, nel 1822 per restarvi, con poche interruzioni (verso la fine del 1837 fu trasferito, come primo segretario di legazione, a Torino; ma, allontanatosi, senza permesso, dal suo posto, dovette abbandonare la carriera diplomatica), fino al 1845. A Monaco conobbe, fra altri, Schelling e Heine (di cui fu il primo traduttore russo); e a fargli stringere rapporti di amicizia con l'aristocrazia della capitale bavarese contribuirono molto i suoi due matrimonî: prima con la contessa Bothmer, morta tragicamente nel 1838, e poi con la baronessa Pfeffel.
Ritornato in Russia, riebbe un posto nella burocrazia; scrisse alcuni interessanti saggi politici di carattere antirivoluzionario e conservativo (La Russie et la Révolution, 1849; La Question Romaine et la Papauté, in Revue des Deux Mondes, 1850); fu per alcuni decennî, per il suo conversare colto e brillante, ospite graditissimo dei salotti pietroburghesi; ebbe un ultimo grande amore, ma, in fondo, visse sempre più triste, più solitario, sempre meno capace di superare in sé, e sublimare, il proprio isolamento.
Eppure, era stata proprio questa capacità di astrarre dal mondo contingente, di sentir confluire in sé, e disperdervisi, le crepuscolari, indistinte voci della natura, che aveva improntato di sé la parte migliore della poesia di Tj., fino da quel primo gruppo di liriche che nel 1836 Puškin pubblicò nel suo Sovremennik (Contemporaneo). Erano accenti completamente nuovi per la poesia russa, intessuti, con un tocco delicatissimo, di accordi silenziosi, d'impressioni paesistiche vaghe e lievi, di meditazioni in cui poche parole fissavano l'ineffabile. Tra il 1840 e il 1850, la vena poetica di Tj. andò rapidamente inaridendosi. Ma, dopo questo decennio di stasi, egli riprese a poetare, in parte apportando nuove variazioni ai motivi già svolti, in parte introducendo, nella propria lirica, argomenti nuovi: politici e sociali. Le poesie di questo gruppo hanno scarso valore, quando a Tj. si affacciano argomenti occasionali; quando invece la materia poetica gli è data da intime visioni della Russia esaltata, allora, in una solenne semplicità di ritmi, il poeta ritrova tutta la purezza della sua arte. Rivalutato, verso la fine del secolo, dopo un lungo periodo d'incomprensione, dai poeti e critici simbolisti, Tj. è tuttora considerato uno dei più grandi lirici russi.
Ediz.: La migliore edizione completa delle poesie di Ti. è ora quella curata da G. Čulkov (con introd. di D. D. Blagoj), Mosca-Leningrado 1933; per le opere in prosa bisogna consultare qualcuna delle edizioni anteriori, per es., quella di A.N. Majkov, Pietroburgo 1886, o quella di P.V. Bykov, ed. Marks.
Trad. metriche dî alcune liriche del Tj. di A. Gandolfi, Lirici russi, Lanciano s. a.
Bibl.: I. S. Aksakov, Biografia F. d. Tj., Mosca 1886; R. F. Brandt, F. I. Tj. i ego poezija (F. I. Tj. e la sua poesia), in Izvestija dell'Accademia di Pietroburgo, vol. XVI, 2-3 (1911); S. Franck, Das kosmische Gefühl in T.s Dichtung, in Zeit. f. slav. Phil., III, 1926.