FEDRA (Φαίδρα; Phaedra)
Figlia di Minosse e di Pasifae, moglie di Teseo. Invaghitasi del figliastro Ippolito seguace di Artemide e da questi respinta, si uccide lasciando scritta contro di lui l'accusa di seduzione. Il mito fu più volte rappresentato; Polignoto raffigurò F. nella scena dell'Oltretomba che dipinse nella Lesche degli Cnidî a Delfi (Paus., x, 29, 3); Concio di Gaza (156, Boiss.) descrive una pittura ove si vedeva F. scrivere la lettera d'amore. Per quanto riguarda i monumenti figurati superstiti, vi è una pittura su marmo da Ercolano che rappresenta una scena teatrale, ed in essa si è voluto riconoscere una scena del secondo Ippolito di Euripide. Una raffigurazione sicura di F. è nel gruppo di pitture da Tor Marancia (Biblioteca Vaticana) con eroine di miti erotici: F. vi è rappresentata nell'atto di uccidersi (III sec. d. C.).
La figura di F. nel mito di Ippolito si trova in varie pitture parietali, una delle quali dalle Terme di Tito, le altre distaccate da edifici di Pompei. I momenti più salienti del mito sono raffigurati su numerosi sarcofagi, sia a causa della grande popolarità che aveva il mito di Ippolito, sia perché esso si adattava bene, per il suo simbolismo, a figurazioni funerarie. La fonte per l'iconografia delle diverse scene è, al parere del Robert, il secondo Ippolito di Euripide, ed i, sarcofagi sono stati raggruppati in varie classi, secondo le scene che riproducono ed il loro schema. Ma non abbiamo in realtà delle rigide suddivisioni, ed i varî schemi vengono liberamente trattati, fusi e variati secondo il particolare gusto dei singoli artisti. F. è di regola rappresentata seduta, o consunta d'amore o in atteggiamento maestoso, spesso con espressione appassionata, circondata da ancelle o isolata in un padiglione. La sua confessione ad Ippolito è per lo più resa attraverso una lettera che la nutrice consegna ad Ippolito, oppure che legge a E. quasi per ricevere approvazione del suo contenuto. Ippolito mostra il proprio sdegno alla rivelazione amorosa. La scena, con varianti di posizione si trova su mosaici (tra cui ricorderemo quello di Salona, di Antiochia e di Sheikh Zueda [Egitto] di periodo postcostantiniano), sarcofagi (tra cui quello di Agrigento e di Leningrado), pitture, per lo più provenienti da Pompei, e stucchi (dalla Domus Aurea e dalla Basilica presso Porta Maggiore). Non mancano relazioni, per quanto esteriori e di contenuto puramente iconografico, tra le pitture ed i sarcofagi, e spesso ciò ha fatto pensare ad una comune fonte di ispirazione, a qualche opera d'arte, probabilmente pittorica, di età ellenistica. Cronologicamente i sarcofagi si susseguono dal II al IV sec. d. C. Lo schema iconografico della morte di F. come appare su un coperchio di specchio da Pompei, è stato adottato anche in rilievi funerarî, su lèkythoi o su stele, di privati: la più notevole tra le stele è quella recentemente rinvenuta a Taso. Il Devambez avanza l'ipotesi che l'archetipo possa essere un rilievo coregico.
Monumenti considerati. - Per l'interpretazione dubbiosa del passo di Pausania riguardante la pittura di Polignoto: A. Kalkmann, in Arch. Zeit., lxi, 1883, c. 37 ss. Pitture da Tor Marancia: B. Nogara, Le Nozze Aldobrandine, Milano 1907, tav. xxxvii. Mosaici da Salona: R. Egger, Forsch. in Salona, ii, p. 34, fig. 3; da Antiochia: D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, p. 71 ss.; da Sheikh Zueda: J. Clédart, in Ann. Serv. Ant. Ég., xv, 1915, p. 15, tav. iii. Sarcofagi: di Agrigento: C. Robert, Sarkophagreliefs, iii, tav. xlvii; di Leningrado: id., tav. xlviii. Stucchi: della Domus Aurea: G. E. Rizzo, Pitt. ell. rom., p. 18, tav. xxxi; della Basilica pitagorica presso Porta Maggiore: Mon. Ant., xxxi, 1926-7, c. 722, f. 18. Coperchio di specchio: A. Ippel, in Bull. Ant. Besch., xxxix, 1954, p. 20 ss. Stele da Tarso: P. Devambez, in Bull. Corr. Hell., lxxix, 1955, p. 121 ss.
Bibl.: J. Overbeck, Schriftq., n. 1050; I. Ilberg, in Roscher, III 2, cc. 2220 ss., s. v. Phaidra; Wotke in Pauly-Wissowa, XIX, 1938, c. 1551 s., s. v. Phaidra; C. Robert, Sarkophagrel., III, p. 169 ss.; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947, p. 71 ss.; A. Ippel, Eine Phädragruppe, in Bull. Ant. Besch., XXXIX, 1954, p. 20 ss.