FEGATO (XIV, p. 971)
Patologia. - La patologia epatica ha raggiunto un grande risultato con l'identificazione della "epatite epidemica" o "ittero infettivo" o "virus-epatite".
Fino dal 1624 sono note epidemie di ittero ad evoluzione benigna, particolarmente frequenti durante le guerre. Le osservazioni raccolte durante la seconda Guerra mondiale su vastissime epidemie (42.000 casi nell'Africa Settentrionale, 78.000 in Scandinavia, ecc.) hanno consentito di riconoscere la natura infettiva, epidemica, contagiosa della malattia, che è dovuta ad un altro virus, fino ad oggi sconosciuto. Il virus entra nell'organismo per la via digestiva con gli alimenti inquinati, oppure anche per la via nasofaringea, infettata dalle gocciole di saliva emesse con la tosse e lo sternuto dai malati. La prima fase è febbrile, con segni generici e generali (febbre, dolori epigastrici, vomito, stipsi). Dopo qualche giorno la febbre cede e compare l'ittero, che dura 10-15 giorni. Complessivamente, la malattia occupa in media 50 giorni.
Il virus è presente nel sangue, nella bile, nel muco nasofaringeo, nelle urine, nelle feci: lo hanno dimostrato le prove di trasmissione artificiale interumana, fatte in soggetti prestatisi volontariamente. La malattia è benigna; la guarigione è di solito completa e definitiva, e lascia immunità. I morti oscillano intorno all'1-4 per mille.
La mancanza di un animale da esperimento recettivo per lo sconosciuto ultravirus ne ha impedito l'identificazione vera e propria, perciò è difficile stabilire i rapporti che legano l'epatite epidemica a un'epatite molto affine, che compare talvolta (6-7% dei casi) dopo trasfusione di siero, di plasma, di sangue umano. Questa speciale forma di epatite, chiamata "epatite post-trasfusionale", costituisce un appannaggio dell'uso di campioni di plasma umano prelevati da grosse raccolte, composte col plasma di molti donatori. Se uno solo di essi è vettore del virus, tutta la massa plasmatica diviene infettante. Nella prassi di guerra fu molto utile disporre sul campo di battaglia di plasma umano secco, rigenerabile e trasfusibile al momento dell'uso. Tale plasma secco si rivelò però talvolta latore di questo virus, affinne a quello dell'epatite epidemica spontanea, che provocò dopo tre mesi di latenza un'epatite molto simile a quella "epidemica", di solito anch'essa benigna, benché con mortalità un po' più elevata.
Da queste osservazioni e da altre accidentali è nato il concetto di epatite "da siringa" e cioè trasmessa con siringhe o aghi accidentalmente contaminati con gli sconosciuti virus epatotropi.
Ha assunto recentemente molta importanza l'atrofia epatica acuta, che, come è noto fino dal 1845, può concludere qualsiasi epatopatia. Il fegato in breve tempo (talvolta in 24-48 ore), si atrofizza quasi tutto e il soggetto muore col noto quadro dell'insufficienza epatica acuta.
In varî luoghi, e tra l'altro a Basilea nel 1946, a varese nel 1946, a Roma nel 1946 e 1947 sono comparsi piccoli, circoscritti episodî pseudoepidemici, al massimo con una dozzina di casi mortali, per atrofia epatica acuta; queste manifestazioni pseudoepidemiche di atrofia epatica vennero indicate col nome nuovo e immaginoso di "morbo giallo", il quale crea confusioni con la febbre gialla, la leptospirosi itteroemorragica, l'epatite epidemica e l'epatite post-trasfusionale.
Si tratta di manifestazioni sempre molto circoscritte, note da almeno 30 anni. È arduo dire se intervenga in esse il virus dell'epatite epidemica o quello dell'epatite post-trasfusionale o un altro virus affine o se l'esito in atrofia acuta del fegato sia dovuto invece ad un terreno organico particolarmente labile. Nulla è noto di preciso sui caratteri di questo supposto e non dimostrato virus mortale; in mancanza di un animale da esperimento adatto, la sua grande virulenza ha impedito che esso fosse sperimentato sull'uomo, come invece è stato fatto con i virus "benigni" dell'epatite epidemica e dell'epatite post-trasfusionale.
La patologia epatica ha compiuto grandi progressi anche verso le identificazioni dei fattori indispensabili per il mantenimento del normale trofismo epatocellulare. La metionina e la colina si sono dimostrate indispensabili per prevenire e curare il patologico ingrassamento (steatosi) del fegato, punto di partenza di più complesse e gravi lesioni. Il ratto bianco (molto simile all'uomo sotto l'aspetto nutritivo ed epatico), se è tenuto a dieta priva di questi fattori, presenta nel corso di alcuni mesi prima un imponente accumulo di grassi nel fegato e poi un danno epatico evolutivo, che raggiunge aspetti molto simili a quelli della comune cirrosi epatica umana.
Anche la patologia epatica spontanea umana, soprattutto in climi tropicali e in popolazioni sottoposte a diete povere e inadeguate, conosce episodî pseudoepidemici di epatopatie per lo più infantili, molto simili a quelle indotte sperimentalmente nel ratto con diete adatte, ed è possibile che il danno epatico da carenza renda meno resistente il fegato anche all'azione degli specifici virus dell'epatite e faciliti così l'evoluzione maligna (verso l'atrofia epatica acuta) o la cronicizzazione del danno.
Bibl.: C. Frugoni, M. Coppo, L'epatopatia acuta benigna, Roma 1945; id. id., l'epatite epidemica, Roma 1946; M. Coppo, Eziologia dell'epatite cron., in Clinica Nuova, 1948; id., I lipotropici della terapia, in Il Fracastoro, 1948; C. Campana, G. Gualandi, I lipotropici, in Omnia Medica, 1947.