Felci ed Equiseti
Le più antiche piante terrestri di ambienti umidi e ombrosi
Felci ed Equiseti sono tra le prime piante adattate alla vita sulla terraferma grazie a una serie di geniali 'invenzioni' evolutive. Esse hanno radici, fusto, foglie e vasi conduttori, ma non fanno fiori né frutti, presentando un tipo di riproduzione ancora legato all'ambiente acquatico. Fanno parte delle Pteridofite, antichissima divisione vegetale risalente all'Era Paleozoica. I carboni fossili usati come combustibili derivano proprio dalla trasformazione di immense foreste di Felci ed Equiseti
È noto che la vita si è sviluppata nell'acqua: è lì che si sono evolute le prime forme viventi. Milioni di anni passano dalle prime cellule fino ai primi organismi eterotrofi e altri ne trascorrono ancora prima di arrivare agli autotrofi. Altri milioni di anni e, sempre nell'acqua dei mari, compaiono i primi animali e le prime piante. L'evoluzione, tra soste e riprese, prosegue il suo instancabile lavoro ed ecco che, quando l'atmosfera esterna è abbastanza ricca di ossigeno, alcuni viventi si affacciano timidamente sulla superficie terrestre uscendo dalla culla liquida che li ha protetti per tanto tempo.
Nonostante i vantaggi dell'ambiente acquatico (abbondante cibo, facilità di movimento, temperatura né troppo calda né troppo fredda anche ai poli) circa 400 milioni di anni fa i viventi hanno cominciato a cercare altro e sono usciti dall'acqua iniziando la conquista della terraferma. C'erano immensi spazi vuoti da occupare, ma le cose non furono così semplici e da subito il far west paleozoico si rivelò un osso duro, anche senza i Pellirosse.
Parlando di piante, la prima urgenza di quelle che abbandonavano le acque fu quella di proteggersi dal calore del sole e dalla perdita d'acqua per traspirazione, grazie allo sviluppo di un'epidermide costituita da cellule compatte e ispessite. Per assicurarsi un sostegno, poter crescere in altezza e resistere al vento, acquistano fibre robuste ed elastiche riunite in fasci che formano tubi legnosi che collegano la parte inferiore della pianta con quella superiore, in modo da permettere la salita dell'acqua e delle sostanze nutritive assorbite dal suolo, su su, fino alla cima degli alberi, che sono tra le prime forme vegetali ad affermarsi. Si formano inoltre tre parti importantissime: la radice che àncora la pianta al suolo da cui preleva acqua e sali minerali, il fusto per sostenerla e permetterne lo sviluppo verso l'alto, le foglie, ampie superfici verdi adatte a raccogliere l'energia luminosa e a scambiare i gas con l'aria (vapor acqueo, ossigeno e anidride carbonica). Così l'organismo vegetale è attrezzato per diffondersi sulle terre emerse. I primi sono i muschi, veri anfibi del regno vegetale, che in parte vivono sulla terra, sui sassi, sui tronchi, ma sempre in ambiente umido, vicino all'acqua a cui sono legati per la riproduzione. Poi si evolvono le Pteridofite ( termine greco che significa "piante a forma di ala") di cui fanno parte Equiseti e Felci che, come i muschi, rimangono legate all'acqua per quanto riguarda la fase riproduttiva, ma che sviluppano all'interno del fusto robusti vasi con cui possono trasportare le sostanze dal terreno, in alto, fino alle fronde.
È tale il successo evolutivo delle Pteridofite che ben presto (si fa per dire, sono sempre milioni di anni) vaste regioni si coprono di foreste di Felci, di Equiseti, di Sigillarie, di Lepidodendri, di Calamites: questi ultimi sono tre generi di alberi giganteschi ormai estinti. In seguito a mutamenti totali e catastrofici della superficie terrestre, queste foreste vennero ricoperte da spessi strati di terreno, rimanendo sepolte per tempi lunghissimi. Nella loro tomba, senza ossigeno e in presenza di microrganismi particolari, i tessuti di queste antiche foreste si carbonizzarono, cioè le loro molecole persero tutte gli elementi tranne il carbonio costituente le catene organiche: più il carbone è antico più elevata la sua componente in carbonio e più il combustibile è di qualità. Il carbon fossile più antico e più pregiato è l'antracite, di cui sono ricchi gli USA, la Russia, l'Inghilterra e la Cina in particolare. I suoi giacimenti hanno almeno 300 milioni di anni, il tempo che è trascorso dalla fine del periodo Carbonifero, chiamato così perché è allora che si svilupparono le grandi foreste di Pteridofite che hanno poi dato origine ai carboni fossili.
La classe delle Felci (Filicinae) è ricca di piante dalle forme eleganti e leggiadre. Presentano foglie ampie e finemente suddivise, che ricordano le penne degli uccelli, dette fronde. Amano l'ombra e l'umidità e si trovano in tutte le regioni della Terra, soprattutto ai tropici. Qui vivono sia forme nane di pochi millimetri sia felci arboree alte fino a 20 m come Alsophila crinita dell'Isola di Ceylon. Questa felce ha un fusto lignificato grande all'incirca come un braccio umano e in cima presenta un ciuffo di foglie lunghe oltre 3 m. Dalle nostre parti vive la felce maschio usata come pianta medicinale, la felce reale, grande e maestosa, dalle fronde lunghe fino a 2 m, la lingua cervina, dalle foglie con margine e lamina interi, la ruta di muro, una piccola felce che vive aderente ai vecchi muri o ai tronchi. Qualche volta capita di vedere la superficie di piccoli stagni o di fontane poco curate ricoperta da un tappeto di minuscole foglioline lobate, di solito si tratta della felce marsilea detta anche quadrifoglio acquatico, che fa parte delle ormai rare felci acquatiche.
Gli Equiseti (Equisetinae) sono piante antiche quanto le felci, ma hanno un aspetto strano, inconfondibile, di cui ci parla anche il loro nome comune che è coda di cavallo, traduzione italiana del termine equiseto: infatti in latino equus vuol dire "cavallo" e saeta "pelo, crine". In primavera spunta dal terreno un fusto verde, cavo all'interno e alto circa 20 cm, che porta sottili rami anch'essi verdi e tutti uguali, disposti a intervalli regolari in circolo come i raggi di una ruota. Tra maggio e giugno spunta su un ramo laterale un secondo fusto rossastro, più alto e terminante con una specie di pannocchia (strobilo) su cui si trovano le spore, cellule riproduttive equivalenti ai semi: quando queste cadono a terra, germinano dando origine a una nuova piantina.
Le spore di equiseto, viste al microscopio, ci offrono uno spettacolo favoloso: la 'danza delle spore'. Esse terminano con sottili appendici che, quando l'aria è secca, sono avvolte a spirale intorno alla spora stessa, mentre, se c'è un po' di umidità, si distendono, favorendo così la diffusione della spora che viene come lanciata con una fionda. Mettendo le spore di equiseto su un vetrino in una goccia d'acqua e guardando al microscopio, si vede che esse cominciano a muoversi al ritmo del respiro dell'osservatore, in quanto la variazione di vapore acqueo contenuto nel respiro stesso ne fa distendere e allungare le appendici. In natura questo geniale adattamento permette non solo alle spore di diffondersi ma anche di legarsi tra loro in gruppi, il che ne facilita la germinazione.
Se al botanico interessano tutte le parti dell'equiseto, l'erborista preferisce quella verde, date le sue proprietà curative dovute a sostanze dal forte effetto diuretico e ai sali minerali di cui è ricca.
Nel linguaggio botanico una comune felce o un comune equiseto si chiamano sporofiti, cioè "organismi portatori di spore". A primavera inoltrata, se guardiamo la pagina inferiore della fronda di una felce, notiamo piccole lenticchie color ruggine (i sori) poste in file parallele e in cui si trovano le spore. Queste, cadute a terra, germinano dando origine a un organismo diverso dallo sporofito, che viene chiamato protallo, minuscolo organello, nascosto nel terreno alla base della pianta. Sul protallo si sviluppano due tipi di organi diversi: gli anteridi, che producono le cellule sessuali maschili, e gli archegoni, che producono quelle femminili. Nell'ambiente umido del terreno ‒ ecco perché l'acqua è necessaria ‒ le cellule maschili e femminili s'incontrano e avviene la fecondazione: si formerà così una nuova pianta, cioè un nuovo sporofito.
Si può notare, però, quanto sia complicato e delicato questo tipo di riproduzione, detto alternanza di generazione, e come sarebbe più semplice se il protallo con gli anteridi e gli archegoni si sviluppasse sullo stesso sporofito. È proprio ciò che avviene nelle piante superiori, le Angiosperme, in cui compare il fiore. Nelle Angiosperme protallo è diventato il fiore con stami e polline ( parte maschile ) insieme a ovario e ovuli (parte femminile), permettendo a queste piante un successo clamoroso sia in natura sia tra gli esseri umani: chi, infatti, non ama i fiori?