ACCORAMBONI, Felice
Figlio terzogenito di Gerolamo, nacque a Gubbio nella prima metà del sec. XVI. Studiò a Padova negli anni intorno al 1540: egli stesso ricorda come suoi maestri il matematico F. Delfino e il famoso anatomista A. Vesalio. Nel settembre 1561 seguì Pio IV a Perugia in qualità di aiutante di Camera. Sacerdote, fu abate di Costacciaro, presso Gubbio, ma rifiutò la dignità episcopale, più volte offertagli.
Fornito di una solida preparazione filologica, nel 1590 pubblicò a Roma, dedicandolo a Sisto V, un commento ad Aristotele, Galeno e Teofrasto dal titolo: Interpretatio obscuriorum locorum et sententiarum omnium operum Aristotelis, et praecipuorum dubiorum, quae in singulis eius libris moueri solent, ex eius verbis, vel validis rationibus declaratio, quae ab aliis interpretibus vel non tacta, vel non adamussim explanata sunt, et omnium ferme controversiarum, quae versantur inter Platonicos, Galenum et Aristotelem examinatio. Et de fluxu et refluxu maris brevis tractatus. His additur non paucarum sententiarum difficilium Theophrasti in libris de Plantis explanatio; et in librum Galeni de Temperamentis Annotationes; nec non et literae multarum deprauationum emendationes, ex antiquissimis Graecis manuscriptis Codicibus depromptae. Al termine dell'opera (p. 819) egli scrive di aver ultimato il suo commento ad Aristotele, dopo quattro anni di lavoro, all'età di trentatrè anni e tre mesi, ma di aver dovuto rinviare la sua pubblicazione fino ad allora perché impedito da molte cure familiari e tormentato da molte disgrazie.
Scolaro del Vesalio, l'A. è nettamente antigalenista nei commenti alle opere biologiche di Aristotele. Nel commento al De anima, combatte l'alessandrismo richiamandosi spesso ad Averroè: tra l'altro sostiene che per Aristotele l'intelletto è separato dal corpo "quoad essentiam" e separabile da esso "quoad operationem" (p. 596, 610), che l'intelletto possibile è sostanza e non semplice potenza dell'anima (p. 601), che l'intelletto agente è parte dell'anima e non Dio (p. 607).
L'opera fu ristampata a Roma nel 1600, e quindi sempre a Roma nel 1603, e nel 1604 col titolo Vera Mens Aristotelis, id est lucidissima et eruditissima in omnia Aristotelis opera explanatio, ecc.
Secondo il Mazzuchelli, l'A. si sarebbe dilettato anche di poesia, pubblicando rime in varie raccolte.
Morì a Roma, probabilmente verso la fine del sec. XVI, e fu sepolto nella chiesa di S. Margherita in Trastevere.
Bibl.: L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae, I, Fulginiae 1658, p. 103; J. J. Manget, Bibliotheca Scriptorum Medicorum, I, Genevae 1731, p. 4; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 1, Brescia 1753, p. 80; D. Gnoli, Vittoria Accoramboni, Firenze 1890, p. 15;B. Capogrossi Guarna, Ricordi storici della famiglia Accoramboni, Roma 1896, pp. 61-62; R. Pirotta-E. Chiovenda, Flora romana, Roma 1900, p. 69; G. Moroni, Diz. di erudizione stor. ecclesiastica, XCVII, p. 180; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, LV, p. 124 (due lettere dell'A. al conte G. G. Trissino, del 30 nov. 1549 e dell'8 febbr. 1550, che contengono notizie sulla morte di Paolo III e pronostici sull'esito del conclave).