ANERIO, Felice
Romano, figlio di Maurizio cantore nella Cappella papale e sonatore presso la Congregazione dell'Oratorio. La data approssimativa della sua nascita, posta dal Fétis verso il 1560, non è inverosimile, essendo sicura la sua partecipazione alla stessa Cappella papale come sopranista fra il 1575 ed il 1579, donde passò a S. Luigi dei Francesi. Fu scolaro di Giovan Maria Nanini, fondatore del primo istituto musicale aperto in Roma, nel 1571, e maestro di un numeroso gruppo di compositori, che diedero lustro e carattere alla scuola romana. Nel 1585 l'Anerio pubblicò la sua prima opera: un libro di Madregali spirituali a cinque voci, nel quale vien chiamato "Maestro di cappella del Collegio dell'Inglesi in Roma". Eguirono poi le stampe di un libro di Canzonette a quattro, che ebbe parecchie edizioni, e di due libri di madrigali, l'uno a cinque voci, del 1587, l'altra a sei, del 1590. Ma già nell'anno prima di questo, il nome dell'Anerio era cominciato ad apparire nelle raccolte madrigalesche accanto a quelli dei più insigni maestri del tempo suo, Palestrina compreso: nelle Gemmae, pubblicate a Norimberga, nelle Gioie stampate a Venezia e in Ghirlanda di fioretti apparsa a Roma. Delle Gioie, anzi, lo stesso Anerio aveva curata l'edizione, facendo cadere la scelta dei madrigalisti sopra "diversi eccellenti musici della Compagnia di Roma". Formò, questa Compagnia, il primo nucleo dell'istituzione romana ancor oggi esistente col nome di Accademia di S. Cecilia; e quando nel giugno 1584 venne istituita, ne fecero parte le personalità più spiccate del mondo musicale romano, non escluso qualche maestro venuto di fuori. Ne erano membri, oltre l'Anerio, Bellasio, Crivelli, Dragone, Giovanelli, Griffi, Locatelli, Macque, Malvezzi, Marenzio, i due Nanini, Palestrina, Quagliati, Roi, Soriano, Stabile, Troiano, Zoilo; ma il posto più eminente fra costoro l'ebbe il primo, come risulta dalla dedica dello stesso Anerio a Pietro Orsini, vescovo di Spoleto: "la felice protettione di V. S. Ill.a mi ha fatto elegere indegno Maestro di cappella di così degna Compagnia". Ciò spiega perché, malgrado l'ostilità dei cantori del papa e senza aver per anco data alle stampe nessuna ragguardevole opera musicale chiesastica, l'Anerio, anche con l'aiuto del cardinale Aldobrandini, sia stato nominato poche settimane dopo la morte del Palestrina, cioè il 3 aprile 1594, successore di lui nella carica di Capellae apostolicae compositor.
A titolo di riconoscenza verso Clemente VIII, F. Anerio dedicò a questo papa il primo Libro di mottetti ad otto voci, apparso due anni dopo la sua elevazione a compositore della Cappella apostolica, seguito da un secondo Libro nel 1602 e dai Responsorî nel 1606, ultima sua pubblicazione di musiche chiesastiche. Non si deve però credere che l'attività dell'Anerio come compositore si sia ridotta solo alle citate stampe musicali. Allorché il duca Giovanni Angelo di Altemps nipote del cardinale Marco Sittico, ereditato nel 1594 il palazzo posseduto in Roma dallo zio, ne fece un luogo di convegno dei maestri romani, l'Anerio venne nominato maestro della Cappella ducale per la quale compose gran copia di musiche chiesastiche rimaste inedite, ora formanti la collezione Altemps. Queste musiche, con molte altre dello stesso genere conservate manoscritte negli archivî romani, fecero anzi a lungo ritenere che l'Anerio fosse da considerare soltanto compositore liturgico.
Ora sta di fatto che la fama di questo puro polifonista nello stile vocale trova la sua più solida base nelle opere di carattere religioso. Giacché, anche se esse non posseggono la profondità e la capacità di elevazione mistica di quelle migliori del Palestrina, possono tuttavia vantare una grande soavità, frutto anch'essa del processo di purificazione stilistica rischiarata da nuovi raggi d'armonia che portò all'ultimo grado di perfezione l'arte contrappuntistica delle sole voci. Lo stesso Anerio aveva osservato questa qualità distintiva del suo stile, quando, nella dedica dei primi suoi mottetti dichiarava dover essere grato a Clemente VIII per l'amore dimostrato alle arti e particolarmente alla musica. Così alcune delle sue opere chiesastiche appaiono veramente degne della scuola dalla quale provengono e del tempo in cui furono scritte: una Messa a quattro voci, Veni sponsa Christi, è sembrata all'Ambros tale da stare alla pari con quella dello stesso nome scritta dal Paleforma un bell'ornamento della Musica divina edita dal Proske.
Però, nell'atmosfera umanistica in cui viveva e con l'esempio di tanti altri maestri, anche l'Anerio non sdegnò, come già si è visto sopra, di cimentarsi nel campo della composizione profana. Lo spingevano a farlo i contatti con la nobiltà romana, che frequentò nelle ospitali ville di Frascati, specialmente in quella di Mondragone, che dopo essere stata luogo di riposo preferito da Gregorio XIII era divenuta proprietà del duca Giovanni Angelo Altemps. Così, se i libri di madrigali dell'Anerio non sono numerosi, le sue composizioni madrigalesche penetrano nelle collezioni di varî autori, disseminatevi in buon numero ed ispirate a quella stessa Musa pastorale che allora dava alla luce, nel melodramma, il più maturo suo frutto. Persino i madrigali spirituali di F. Anerio palesano quest'influsso, a giudicare da taluni loro capoversi: Ardendo mi consumo, Fortunati pastori, Chiedei piangendo; e certamente dalla composizione in stile madrigalesco di questi testi, la cui forma sonora attinge al clima spirituale del Tasso e del Guarino, deve aver ricevuto impulso lo stile suavius penetrato nelle opere chiesastiche dello stesso maestro.
Uno degli ultimi atti della vita dell'Anerio fu di avere apposto il proprio nome, accanto a quello del Soriano, alla famosa edizione medicea del Graduale, la cui revisione si volle tenacemente attribuire al Palestrina. Si deve però escludere che l'Anerio abbia potuto vedere compiuta la stampa del secondo volume, perché, prima che questa fosse finita, spirava il 28 settembre 1614.
Bibl.: F. X. Maberl, in Kirchenmusik. Jahrbuch, 1903; L. Torri, in Rivista mus. ital., XXI; A. Cametti, Nuovi contributi alle biografie di Maurizio e Felice Amerio, in Riv. mus. ital., XXII.