ARGENTI, Felice
Nato a Viggiù (Varese) il 2 marzo 1802 da Davide e Marianna Ganna, compì i primi studi a Milano, entrando poi come praticante nella ragioneria della Mensa arcivescovile.
Non ancora ventenne aderì alla carboneria, ai cui ideali rimase fedele tutta la vita e di cui fu attivo propagandista e organizzatore. Accorse in Piemonte al primo scoppio dei moti del 1821, prendendovi parte come ufficiale (con brevetto scritto dal Santarosa). Fallita l'insurrezione s'imbarcò per Tarragona (Spagna), di lì passò a Malaga - dove fu soccorso da Gabriele Albinola, ricco commerciante di vini e zio dell'amico e compaesano Giovarmi Albinola -, a Cadice, poi all'Avana, dove restò un mese, e nella capitale del Messico, dove prese parte a una cospirazione repubblicana contro l'imperatore Iturbide. Alla fine del 1822si imbarcò per Filadellia; rimastovi fino al maggio 1823, passò nuovamente a Malaga, per poi rientrare nel settembre clandestinamente nel suo paese, da Ligometto (Mendrisio). Per sfuggire all'arresto di cui gli era giunta voce, e che gli fu intimato il 5 ott. 1823, dapprima si rifugiò in Svizzera; rimpatriato, il 3 genn. 1824 fu arrestato a Como. Sottoposto a procedimento davanti alla Commissione speciale il 6, fu prosciolto, ma posto sotto vigilanza speciale di polizia.
Nel 1826 era in Svizzera, poi a Trieste, dove fondò una vendita carbonara; nel 1827 si trovava a Livomo, alternandosi tra questa città e Genova fino all'agosto 1828. Si recò in seguito a Buenos Aires e a Rio de Janeiro, per ragioni commerciali; con l'appoggio della carboneria americana ottenne la nomina a console generale dell'impero brasiliano a Livomo, ma all'esercizio della carica si oppose il governo austriaco. Dopo una permanenza per malattia a Milano, dall'ottobre 1829 all'aprile 1830 stette a Genova; qui l'A. introdusse nella carboneria Giovanni Albinola, che fu affiliato nel luglio. Scoppiata in Francia la rivoluzione del luglio 1830, l'A. fu a Parigi dall'ottobre, inviato dalla Commissione esecutiva della carboneria per l'Italia come "grande anfitrione". A Parigi partecipò assiduamente al Comitato degli esuli italiani e strinse contatti con C. A. Bianco, L. Porro-Lambertenghi, E. Misley e altri. Alla vigilia della prima spedizione di Savoia (febbraio 1831), fu a Lione, poi a Marsiglia, per accompagnare il Misley, che cercava di raggiungere Massa e Carrara; fallito questo tentativo per il divieto francese, da Tolone passò in Corsica, dove nella prima quindicina di marzo Mazzini, Bianco, La Cecilia, l'A. stesso e altri progettavano una spedizione. Il 16 marzo 1831 s'imbarcò a Bastia su un battello da pesca, per raggiungere Bologna e partecipare al moto romagnolo; erano con lui dieci compagni: F. Venturi, E. Soragni e V. Gamberini, ravennati; G. Mollica, bolognese; A. Bendandi, forlivese; A. Venturi, di Russi; M. Ferretti, di Bazzano; A. Cucci, napoletano; R. Lironi, comasco; A. Davila, di Aiaccio. Sbarcati il 18 tra Viareggio e Pietrasanta, si inoltrarono sulle montagne del Lucchese, ma il giorno seguente furono arrestati nel dintorni di Stazzema, sulle Apuane, in territorio toscano. Mentre i compagni, dopo brevi formalità, furono rilasciati con l'obbligo di abbandonare il granducato, l'A., dopo essere passato per le carceri di Pisa, Livorno e Firenze, il 18 aprile fu consegnato al commissario di polizia austriaco Bolza.
Il governo di Vienna stava indagando sull'attività rivoluzionaria dell'A., dopo le delazioni di Rairnondo Doria, gran maestro della carboneria spagnola e rappresentante in Genova di quella italiana (fatte poco dopo la partenza dell'A. per Parigi nell'ottobre 1830)e dopo che una lettera dell'Albinola per l'A. a Parigi, datata da Viggiù il 18 genn. 1831(che doveva essere impostata nel Canton Ticino), era invece stata fatta pervenire alla Direzione generale della polizia austriaca a Milano. Fra l'altro, nella lettera, l'Albinola accennava a manoscritti dell'A., di propaganda politica, che furono oggetto di un interrogatorio dell'A. stesso - 3 luglio 1831 - durante l'istruttoria. Vi si affermava che il miglior governo era quello repubblicano, si esortava all'indipendenza italiana dallo straniero, proclamando che baionette e politica austriaca erano il maggior ostacolo alla libertà.
Tradotto l'Albinola a Milano nefle carceri di S. Margherita, il 30 marzo 1831si era aperta un'inquisizione per delitto di alto tradimento contro l'Albinola stesso, l'A., Camillo d'Adda, Andrea Spinola, la Belgioioso e altri (primo processo della Giovine Italia).
Nelle carceri di Milano l'istruttoria durò dall'aprile 1831 al luglio 1833. L'A., che ebbe oltre cinquanta interrogatori, si difese presentando la sua partecipazione ai moti del 1821 come una scappata giovanile e asserendo che gli spostamenti dal 1826 in poi erano stati fatti per ragioni commerciali; quanto alle notizie di cui risultava a conoscenza, sarebbero state dovute a casuali informazioni di terzi.
Benché l'attività rivoluzionaria dell'A. risultasse provata dal dibattito, il relatore della causa P. Zaiotti non poté chiederne la condanna a morte perché tale era stata la condizione di consegna posta dal governo toscano. Il 16 luglio 1833 dal tribunale criminale fu condannato al carcere duro a vita, da espiarsi in fortezza; modificata la pena in condanna a morte dalla Corte d'appero di Milano il 25 settembre, il 29 genn. 1834 fu commutata dal Senato di Verona in 20 anni di carcere duro allo Spielberg. L'A. vi giunse il 25 sett. 1834; liberato il 28 nov. 1835 dall'indulto di Ferdinando I e portato al castello di Eggenberg a Gradisca il 29 febbr. 1836, il 10 agosto fu deportato per gli Stati Uniti sul brigantino "Ussaro", con P. Borsieri, l'Albinola, G. Castiglia, F. Foresti e altri, arrivando il 16 ottobre a New York. Qui l'A. si stabilì, impiegandosi presso una importante casa commerciale, la "Brown & Broths"
Uno scorcio della vita quotidiana dell'A. in questi anni, pur se a tinte caricate per amor d'effetto e per una certa antipatia, lo offre il Borsieri in una lettera da Filadeffia del 31 maggio 1838a Costanza Arconati (v. R. U. Montini, Vita americana di P. Borsieri, in Rass. stor. del Risorgimento, XLI [1954], pp. 474 s.).
Nel 1848 abbandonò tutto per accorrere in Lombardia e partecipare al moto insurrezionale, arrivando, però, dopo il fallimento della rivoluzione. Volle rivedere il suo paese, ma riconosciuto dovette fuggire e a stento raggiunse il Canton Ticino. Dalla Svizzera, per il Belgio e l'Inghilterra, ritornò a New York, restandovi fino al settembre 1850, quando partecipò al pranzo offerto dagli esuli G. Avezzana, Q. Filopanti, Foresti e altri in onore di Garibaldi, arrivato nell'agosto. Si trasferì a S. Francisco (California), dove visse prima in floride condizioni economiche, titolare della banca "Felix Argenti & Comp.", poi proprietario di una grande azienda laniera, in seguito travolto da rovesci.
Morì a S. Francisco nel 1861 e fu sepolto nel cimitero di Laurent Hill il 20 marzo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Buon Governo, Polizia, Segrete, 1831, n. 17; Arch. di Stato di Milano, Processi Carbonari, cart. 106, Processi Albinola, A., ecc.;Ibid., Presidenza di Governo - Atti segreti, cart. LX; Arch. di Stato di. Torino, Gabinetto di Polizia, Divisione di Novara, a. 1836, cart. I, fasc. 752; Ibid., Processi Politici 1830, cart. II, fasc. I; Ibid., Processi Politici 1831-35, cart. V, fasc. 22 bis; F. Confalonieri, Memorie e lettere, a cura di G. Casati, II, Milano 1890, pp. 155, 232; G. Sforza, La Rivoluzione del 1831 nel ducato di Modena, Roma-Milano 1909, passim; Ediz. naz. degli scritti... di G. Mazzini, V, pp.40 s.; XXXIII, p. 82; LIII, p. 298; A. Sandonà, Contributi alla storia dei processi del Ventuno e dello Spielberg, in Il Risorg. ital., IV, 1 (1901), pp. 39-55; R. Zagaria, Un mazziniano rinnegato, in Rass. Stor. del Risorgimento, V(1918), pp. 436, 441, 457; A. Luzio, G. Mazzini carbonaro, Torino 1920, pp. 37, 57, 60, 225 s., 287; E. Kers, La detenzione dei martiri dello Spielberg e la loro deportazione in America, in Società Naz. per la Storia del Risorg. Ital., Atti del XII Congresso (Torino 17-19 ott. 1924), Casale 1925, pp. 103-27 (utilizza documenti dell'Arch. di Stato di Trieste); G. Leti, Carboneria e massoneria nel Risorgimento italiano, Genova 1925, p. 204; A. Codignola, La giovinezza di G. Mazzini, Firenze 1926, p. 156; L. Gasparini, L'angelo del Castello di Eggenberg, in Riv. d'Italia, XXXI, 4 (1928), p. 571 e passim (utilizza parte delle "lettere dall'America degli Esiliati" del Museo del Risorg. di Milano); F. Caravatti, Un martire viggiutese dello Spielberg, F. A., nel centenario del suo processo, Varese 1932; I processi spielberghiani, a cura di R. U. Montini - I fogli matricolari dello Spielberg, a cura di A. Zaniboni, Roma 1937, pp. 125-128, 214 s.; E. Michel, Esuli italiani in Corsica (1815-61), Bologna 1938, pp. 63 ss.; S. Mastellone, G. Mazzini e la Giovine Italia, II, Pisa 1960, pp. 66 nota, 226.