BIELLA, Felice (Felicino)
Nacque probabilmente a Milano (i contemporanei - Ligari, Bartoli - lo definiscono "pittor milanese") nel 1702. Risulta attivo tra Lombardia e Piemonte, come "pittore architetto" - cioè autore di quadrature e decorazioni - a partire dal 1741. Negli anni intorno al 1760 è sicuramente domiciliato a Milano, nella parrocchia di S. Pietro all'Orto (cfr. il Carteggio ligariano). Secondo l'antica letteratura morì nel 1786.
Poche delle molte decorazioni pittoriche che il B. dovette eseguire ci sono rimaste documentate; di queste la più antica, e la più nota, è la decorazione del santuario di Vicoforte presso Mondovì, ma in essa non sono certi i limiti del suo intervento. Egli compare una prima volta nel santuario nel 1741, tra gli aiuti di Giuseppe Galli Bibiena, chiamato ad eseguire le quadrature della cupola, dopo che erano state cancellate quelle di Andrea Pozzo. Nel 1745 il B. ritornava da Milano a Vicoforte quale compagno del "figurista" Mattia Bortoloni, sempre per dipingere nella cupola (dal 1746) e nell'abside (commissione 12 dic. 1748). Fece anche (Viale, Mallé) gli affreschi decorativi nel refettorio del convento e nell'atrio (1752), e più tardi (1777) decorò le tribune che precedono le due cappelle a lato dell'abside (decorate in seguito dai figli del B., Carlo e Giovanni). La tradizione ha sempre riconosciuto nel B. il principale autore delle pitture ornamentali di Vicoforte, anche della grandiosa cupola (che il Berra invece riferisce nella quasi totalità al Bibiena, come comproverebbero i pagamenti); opinione che era già dei contemporanei (cfr. Ligari, lettera del 9 maggio 1753: "...[il B.] ha dipinto tutta la chiesa della Madonna di Mondovì...").
Nel 1753 il B. è in trattative per dipingere con il "figurista" Cesare Ligari nella chiesa di S. Paolo a Como, ma non si hanno notizie dell'effettiva esecuzione dei lavori (il Ligari, nello stesso anno, rinunciava all'incarico). Nel 1759 risultano ultimati gli affreschi della Madonna delle Grazie a Lodi, dei quali al B. spettano soprattutto quadrature del coro, con la finta cupola (Robba). Il linguaggio dell'artista si è fatto più svelto e leggiadro; tale andamento è riconfermato dagli affreschi nella parrocchiale di Domaso (Como), che vanno sicuramente riferiti al B. sulla fede delle inedite lettere di Cesare Ligari. La commissione per quest'ultimo complesso è posteriore al 1762; le figure del Ligari, alle quali il B. eseguì il contorno decorativo, sono datate 1768. Poiché le finte architetture e gli ornati floreali che decorano tutta la chiesa sono evidentemente della stessa mano, il ciclo di Domaso risulta, alla stato attuale delle conoscenze, l'opera più brillante del B., assai vicina, nel tono, alle decorazioni "minori" di Mondovì. Il Ligari appoggiava più tardi la candidatura del B. per affreschi nella parrocchiale di Chiavenna, probabilmente non mai eseguiti, garantendo della qualità del quadraturista in base all'eccellente prova che l'artista aveva dato a Domaso.
Il Bartoli vedeva ornati a fresco del B. nella chiesa pavese di S. Carlo, poi distrutta; né tracce identificabili si rinvengono di quelli che, ancora con il Bortoloni, l'artista eseguì - sempre secondo il Bartoli - nel santuario torinese della Consolata (nella volta e in due cappelle). A Milano gli si attribuiscono le decorazioni a fresco nel primo piano del palazzo vescovile (Romanini).
L'apporto del B. al definirsi del linguaggio decorativo barocchetto tra Piemonte e Lombardia è di notevole importanza; i contemporanei non gli risparmiavano, ampi elogi. Partito dalle premesse plastico-illusionistiche di scuola pozzesca e bolognese (di cui riflessi evidenti si rinvengono nella bella cupola di Mondovì, quando si voglia attribuirla pressocché totalmente al B.), egli giunge a una spiritosa levità di stile, svincolata da intenti naturalistici e costruttivi, che coincide - nell'opera di Domaso - con quanto veniva facendo in quegli anni il miglior quadraturista rococò della Valtellina, G. Coduri. È probabile che costui abbia guardato al B., come anche Giovan Battista Longone, operoso sulla metà del secolo tra Milano e Pavia: ma un giudizio sui reciproci scambi fra tutti questi artisti non può venir formulato con certezza, per carenza di dati cronologici.
I figli del B.,Carlo (o Carlo Giuseppe) e Giovanni, pittori, decorarono nel 1782-83, le due cappelle (di S. Giuseppe e di S. Francesco di Sales) fiancheggianti l'abside nel santuario di Vicoforte presso Mondovì. Carlo, che fu anche architetto, diresse l'esecuzione degli stucchi, ad opera del luganese Antonio Garzia, nella cappella di S. Giuseppe (1782), dove eseguì l'altare in marmi policromi (1782-83).
Fonti e Bibl.: Sondrio, Museo valtellinese di storia e arte: Carteggio ligariano, lettere di C. Ligari 9 maggio 1753 (a N. Paravicino, Como) 30 maggio 1753 (al sig. Lavizario, Como), s. d. (al sig. Zaoletti, Chiavenna), s. d. (a F. Biella, Milano), 16 giugno 1762 (al prevosto di Domaso),Lodi, Bibl. laudense: ms. XXIV A7, A. Robba,Diario,ad annum 1759; Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 138 s., 184 s.,ad vocem Bortoloni Mattia; II, ibid. 1966, pp. 505 s., ad vocem Galli Bibiena Giuseppe (per Carlo e Giov., I, p. 139); F. Bartoli,Notizia delle pitture…, I, Venezia 1776, pp. 11-13, 74; II, Venezia 1777, p. 6; C. Danna-G. C. Chiechio,Storia art. del Santuario di Mondovì, Torino 1891, p. 317 e passim; G. Ferrari,La scenogr., Milano 1902, pp. 145-285; V. Viale,La pitt. in Piemonte nel Settecento, in Torino, 1942, n. 9 (settembre), p. 17; L. Berra,L'Assunta del Santuario della Madonna di Mondovì a Vico, in Arte cristiana, XXXVIII (1951), 1-2, pp. 14 s.; N. Carboneri,S. Galeotti, Venezia 1955 p. 21; A. M. Romanini,La pittura milanese nel XVIII sec., in Storia di Milano, XII, Milano 1959, p. 749; R. Bossaglia,Riflessioni sui quadraturisti del Settecento lombardo, in Critica d'arte, XII (1960), pp. 377, 381, 386 s.; L. Mallé,Le arti figurative in Piemonte, Torino 1962, p. 84.