CARENA, Felice
Pittore, nato a Torino il 13 agosto 1880, vivente a Firenze, ove insegna pittura all'Accademia di belle arti. Alunno di G. Grosso all'Albertina di Tonno, a vent'anni esordì con l'Annunciazione. Vinto nel 1906 il pensionato di Roma, due anni dopo eseguiva i Viandanti (Museo civico di Udine), ove rivelava una decisa ispirazione agli spiriti e alle forme di E. Carrière, mentre lo interessavano, per il colorismo, il Böcklin, l'Anglada, il Klimpt. Queste diverse esperienze nella ricerca di una personalità, apparvero nella mostra individuale della XI biennale veneziana (1912), ove il ritratto della baronessa Ferrero segnava un punto d'arrivo, mentre specialmente negli studî di nudo, nei bambini, nelle nature morte, al severo chiaroscuro del Carrière si sostituiva un cromatismo sensuale e musicale, tutto sfumature e richiami, che diventava quasi scopo a sé stesso. Rappresentano questo momento dell'arte del C. anche la Madre (Galleria nazionale di arte moderna in Roma), La Madonna (Museo Revoltella di Trieste) e l'autoritratto (Galleria degli Uffizî). Ma il C. non si arrestò sulla china del colore per il colore; si rinnovò sui post-impressionisti, e specialmente nel Medico di campagna e in alcune nature morte (Galleria capitolina) apparvero la predilezione per le sagome nette e squadrate, la fattura disadorna e quasi brutale.
Dopo la guerra, nei Contadini al sole (Museo civico di Torino), nei Contadini, nel Porcaro, fu evidente la voluta ricerca di una linea compositiva e d'un equilibrio di masse; finché nel 1922, a Venezia, la Quiete (prima redazione, nella galleria Ricci Oddi di Piacenza) costituiva a un tempo un epilogo delle passate esperienze e l'inizio di una nuova maniera, rivelatasi appieno nella mostra individuale della XV biennale veneziana (1926) in un magnifico complesso di opere. In alcune di esse (Gesù deposto, Pellegrini d'Emmaus, Gli apostoli della Galleria d'arte moderna di Firenze) l'artista aveva ripreso umanamente i massimi temi della pittura antica; in altre (seconda redazione di Quiete, della collezione Gualino, Susanna, della Galleria nazionale di Roma, e specialmente Serenità, della raccolta Bastianelli) aveva raggiunto la conquista della realtà, trasfigurata in un vasto ritmo di bellezza, e con un ritorno al colore, lungi però da ogni pericoloso edonismo.
Ma il C. non si accontentò del successo; da una composizione curata, non senza classiche reminiscenze, dalla fattura tendente al piacevole, passò all'immediatezza della visione e dell'esecuzione, specialmente nella Scuola, che ottenne nel 1929 il primo premio Carnegie e fu acquistata per la Galleria d'arte moderna di Pittsburg. Oltre le citate, altre opere sue si conservano nelle rammentate gallerie e in quelle di Venezia, di Genova e di Palermo.
Bibl.: U. Ojetti, F.C., in Ritratti d'artisti italiani, II, Milano 1923, pp. 140-145; A. Maraini, F.C., Milano 1930 (con bibliografia); M. Sarfatti, Storia della pittura moderna, Roma 1930, pp. 122-123.