DELLA ROVERE, Felice
Figlia naturale di Giuliano Della Rovere, nacque, stando almeno alle indicazioni del Litta, da Lucrezia Normanni poi sposa di Bernardino De Cupis o Coppi da Montefalco. Fino all'ascesa del padre al soglio pontificio con il nome di Giulio II (1503) visse presumibilmente a Savona, donde si attendeva il suo arrivo a Roma dagli inizi del 1504; lo sbarco ad Ostia e l'ingresso nella città avvennero nel giugno della stesso anno.
Falliti diversi progetti matrimoniali, il 24 maggio 1506 sposò Giovanni Giordano Orsini, capo del ramo dei signori di Bracciano, vedovo della figlia naturale del re Ferdinando di Napoli, Maria Cecilia di Aragona. Giulio II proibì solennità publiche, in quanto non voleva che si ripetesse lo scandalo dei matrimoni della figlia di Alessandro VI; le feste nuziali si svolsero a Bracciano.
La D. ebbe quattro figli - Francesco, Girolamo, Giulia e Clarice - dei quali dopo la morte del marito, avvenuta nel castello di Vicovaro nel 1517, fece istanza di essere nominata tutrice e curatrice, ottenendola con riconoscimento papale (breve di Leone X del 1° marzo 1518), a patto di conservare lo stato vedovile.
I due maschi contesero a lungo con Napoleone - figlio di primo letto di Giovanni Giordano che, per favorire la D. e i suoi figli, era stato investito in minore età del titolo di abate di Farfa, perdendo così molti diritti sul patrimonio avito - per la spartizione dei beni familiari. La contesa si concluse con la morte violenta di Napoleone ad opera di Girolamo. Le fonti e i documenti ci testimoniano il favore del quale i due fratelli godettero presso i papi che si succedettero sul soglio pontificio vivente la D.: ne sono prove eloquenti, tra l'altro, un breve del 1528 di Clemente VII nel quale questi prometteva di contraccambiare con affetto paterno verso Girolamo la grande pietà e sottomissione della D. verso la S. Sede e la grazia concessa nel 1535 da Paolo III allo stesso Girolamo per l'assassinio del fratellastro. Per quanto concerne Giulia e Clarice, svanita l'ipotesi di imparentamento con la casa d'Este accarezzata grazie all'appoggio di Isabella d'Este marchesa di Mantova, la prima fu data in sposa a Pietro Antonio Sanseverino - per lo zio del quale la D. aveva ottenuto la nomina cardinalizia (1521) suscitando il malcontento del figliastro Napoleone che la desiderava per sé -, e la seconda a Luigi Carafa.La personalità della D. emerge con un certo spessore dalle testimonianze contemporanee quale mediatrice tra la figura paterna e alcuni personaggi di rilievo, in particolare gli esponenti della famiglia Orsini. Nel 1509, ad esempio, favorì la pacificazione tra questi ultimi e Giulio II: infatti, dopo l'adesione del papa alla Lega di Cambrai, gli Orsini erano stati assoldati da Venezia contro il papa stesso. Anche dopo la morte di Giulio Il il iuo nome viene citato nelle fonti in occasione di alcuni eventi di rilievo - le trattative per la restituzione del Ducato di Urbino a Francesco Maria Della Rovere, il sacco di Roma, l'impresa di Carlo V contro Firenze e Perugia - insieme con quello di importanti personaggi.
Il versamento di somme di denaro ai papi, per lo più in cambio di speciali favori, l'acquisto di terre, la rivendicazione di diritti alla morte del marito, l'aspirazione al possesso di Pesaro - assegnato invece da Giulio Ii al nipote Francesco Maria - sono prove dell'abilità nella tutela dei suoi interessi e di quelli dei figli.
Per quanto concerne le sue relazioni con il mondo della cultura e dell'arte, sappiamo dalle lettere dell'ellenista Scipione Forteguerri (Carteromaco) al Manuzio che ella chiedeva insistentemente copie di libri latini e volgari. Fu celebrata nei versi di alcuni poeti contemporanei, quali Paolo Nomentano, Pier Francesco Giustolo da Spoleto e il greco Manilio Rallo. Nel Cortegiano (l. III, cap. xlix) Castiglione ricorda la forza d'animo mostrata dalla D. in occasione di un inseguimento per mare da parte di navi del nemico del padre, Alessandro VI, mentre navigava alla volta di Savona. Ammirazione per le doti della D. espresse anche lo scultore Giovanni Cristoforo Romano, uno degli interlocutori del Cortegiano,definendola fra l'altro "de gentile ingegno e dedita a lettere e a le antichità".
Il Litta ritiene che la morte della D dovette verificarsi non molto tempo dopo la dettatura della sua volontà testamentaria, che risalirebbe al 27 sett. 1536, data l'assenza di notizie successive.
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