GAGLIARDO, Felice
Nacque a Gerace (ora in provincia di Reggio di Calabria), probabilmente nel 1577, secondo quanto egli stesso dichiarò durante una sua deposizione in carcere. La sua singolare figura di astrologo e negromante s'intreccia con quella di Tommaso Campanella, con il quale condivise la carcerazione prima a Castelvetere (oggi Caulonia, dove quest'ultimo venne rinchiuso a seguito della rivolta scoppiata in Calabria del 1599), e quindi a Napoli.
La rivolta calabrese del 1599 nasceva dall'aspettativa coltivata fortemente dal Campanella dell'avvento di significativi rivolgimenti sociali e religiosi. Lo scopo della congiura contro le autorità ecclesiastica e spagnola era quello di instaurare una repubblica teocratica di spirito comunitario. Nell'agosto del 1599, in seguito alla denuncia di alcuni congiurati, il complotto venne scoperto e represso e tutti i sospettati furono arrestati; contro di essi venne istituito immediatamente un processo per ribellione ed eresia.
A Castelvetere il G. si trovava carcerato per una rissa scoppiata con alcuni parenti (conclusasi a pistolettate), ma anche perché accusato di diversi episodi di banditismo accaduti nella provincia di Reggio, nonché di stregoneria. Nel settembre di quello stesso anno il G. entrò in contatto col Campanella (arrestato il 6) e con Cesare Pisano, un altro dei partecipanti alla ribellione. Nel novembre 1599 furono tutti trasferiti a Napoli, nelle carceri del Castel Nuovo, dove rimasero per più di tre anni, durante i quali per un certo tempo il G. fu compagno di cella del Campanella.
Il rapporto tra i due non risulta essere del tutto chiaro, anche perché si intreccia da una parte con la particolare situazione del Campanella in carcere, di autoesaltazione spirituale culminata nella cosiddetta pazzia (quella che invece l'Amabile ritiene essere un misto di simulazione e di "soperchierie"); dall'altra con le diverse e spesso contraddittorie dichiarazioni del G. e di altri (frutto anche delle torture subite in varie riprese da parte dei giudici inquisitori), attraverso le quali ciascuno cercava di scaricare sugli altri il sospetto d'eresia
Probabilmente il Campanella deve aver rivelato al G. la propria dottrina naturalistica e occultistica (come lo stesso G. riferirà ai giudici poco prima della sua condanna a morte) nonché il rifiuto del soprannaturale miracolistico. Il G. per conto suo, facendo tesoro di tali insegnamenti, procedette in carcere a riti evocatori di spiriti, comunicando al Campanella i risultati di tali evocazioni, che avrebbero avuto il significato di una rapida liberazione. Nelle carte processuali, pubblicate dall'Amabile, il G. dichiarò invece essere stato il Campanella l'autore di tali pratiche occulte, scaricando su lui l'accusa di avere insegnato dottrine irreligiose.
Resta il fatto che durante la carcerazione napoletana il G. continuò i propri studi e pratiche di negromanzia, in collaborazione con altri carcerati, tra cui Orazio di Santa Croce.
A seguito di una perquisizione, nel suo letto vennero trovate carte e libri di negromanzia, reperti che lo portarono a subire un secondo processo nel 1602, che durò due anni. Inoltre il G. venne accusato da un altro dei congiurati calabresi, frate Pietro Ponzio, di professare "dottrine irreligiose" (come la liceità di rapporti sessuali tra parenti stretti e la superiorità dell'insegnamento di Mosè a tale riguardo rispetto alla religione cristiana).
In carcere tuttavia il G. non si occupò solo di attività esoteriche, ma si mise a comporre poesie e canti in dialetto calabrese (alcune sono conservate tra i fascicoli del processo). Uscito dal carcere nel 1605 (con l'assoluzione per quanto riguardava l'accusa di irreligiosità), vi ritornò l'anno successivo per subire un ennesimo processo, questa volta per omicidio.
Condannato a morte, fu decapitato il 21 luglio 1606, a Napoli dinanzi alla porta della Vicaria.
Fonti e Bibl.: L. Amabile, Fra Tommaso Campanella, la sua congiurai suoi processi e la sua pazzia, Napoli 1882, ad ind.; Id., Fra Tommaso Campanella ne' castelli diNapoli…, I-II, Napoli 1887-88, ad ind.; G. Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nelSeicento italiano, Firenze 1983, ad indicem.