GEROMINI, Felice Giuseppe
Nacque a Cremona il 21 maggio 1792 da due modesti commercianti, Luigi e Teresa Novara. Completata l'istruzione secondaria, studiò medicina all'Università di Pavia, dove conseguì la laurea nel 1812.
La facoltà medica pavese era allora la roccaforte della cosiddetta "dottrina del controstimolo" formulata da G. Rasori: in buona sostanza, una rielaborazione e parziale modificazione della teoria diatesica a suo tempo enunciata da J. Brown per spiegare, secondo un metodo logico-speculativo da opporsi all'"empirismo dei pratici", l'origine e l'evoluzione delle malattie. A tale corrente di pensiero e ai principî che ne derivavano si ispiravano gli insegnamenti impartiti da S. Borda, professore di materia medica, dal medico legale G. Raggi, dal patologo V. Racchetti. Il G., tuttavia, dovette intuire la difficoltà di studiare le differenti forme morbose secondo un rigido schematismo filosofico, prescindendo dalla ricerca accurata e metodica, caso per caso, degli eventi che ne costituiscono l'accertata e documentabile causa, se già nella tesi di laurea, discussa il 7 giugno 1812 e pubblicata nello stesso anno a Pavia, espresse in qualche modo un dubbio sulla effettiva e costante importanza della diatesi nella genesi dei fenomeni morbosi: In alcune malattie la diatesi è da considerarsi quanto l'alterata disposizione organica.
Dopo la laurea, comunque, il G. decise di recarsi a Milano, presso il Rasori, allora protomedico dello Stato. Deluso dall'incontro con il celebre personaggio, fece ritorno a Cremona dopo breve tempo, ma già attestato su posizioni di decisa e irriducibile avversione nei confronti di ogni forma di dogmatismo medico. Dopo aver tentato senza fortuna di frequentare a scopo di studio l'ospedale e di divenire medico del S. Corona, si dedicò alla stesura del saggio Sulla genesi e curadell'idrope, che vide la luce a Cremona nel 1816.
Nell'opera, il cui elemento saliente è senza dubbio la convinta e netta affermazione dell'assoluta ininfluenza della diatesi nella comparsa e nello sviluppo dello stato patologico considerato, il G. per la prima volta manifestava apertamente il fermo rigetto dell'impostazione dogmatica nella metodologia clinica.
La sorpresa suscitata nell'ambiente medico dalla dottrina anticonformista esposta nel volume non giovò certo alla fortuna dell'autore. Classificato al secondo posto per la cattedra di clinica medica per i chirurghi dell'Università di Pavia, fallito il tentativo di ottenere l'incarico di assistente presso l'ospedale di Cremona, riuscì a farsi assegnare nel 1818 una condotta suburbana e nel 1819 la nomina a medico dell'orfanotrofio femminile e vaccinatore della città. Nel 1820 partecipò, senza successo, al concorso per la cattedra di clinica medica dell'Università di Parma, discutendo tre tesi su quesiti proposti dal consiglio di facoltà. I fallimenti inasprirono l'animo del G., ne esasperarono lo spirito bellicoso e l'atteggiamento polemico, lo spinsero a una frenetica attività pubblicistica. Nei vari scritti che dette in successione alle stampe si accanì contro un mondo medico perso in elucubrazioni astratte e in assurde teorie, ma del tutto incurante della reale complessità dei fenomeni patologici; contro quel metodo speculativo e avulso da accertate esperienze di base che chiamò "ontologismo". Alla feroce critica demolitrice fece seguire, nelle sue opere, il tentativo di ricostruzione su basi "empirico-analitiche" di una sana dottrina medica di ispirazione ippocratica, l'abbozzo teorico-metodologico di quella che volle definire "medicina misontologica".
L'esigenza di prendere in esame soltanto i fatti evidenti, di vagliare al lume della ragione e prescindendo da ogni posizione preconcetta i fenomeni osservati, rispondeva certo a una corretta impostazione logica e scientifica prima ancora che al desiderio di offrire una qualche risposta ai quesiti posti dalla quotidiana pratica clinica. Tuttavia, tale fu il suo accanimento nel perseguire il pur lodevole intento che il G. nei suoi scritti non esitò ad assumere un tono troppo incisivo e a volte violento, a ricorrere a un linguaggio desueto e addirittura a introdurre nuovi termini, sì che spesso ne risultò penalizzata la comprensione. E nello sforzo di ricercare su queste nuove basi la causa dei fenomeni morbosi, privo ancora di quelle conoscenze sugli agenti eziologici e sulla reazione di cellule e tessuti alla loro aggressione che le successive scoperte della microbiologia e dell'istopatologia avrebbero più tardi consegnato alla scienza medica, immaginò l'esistenza di due condizioni elementari degli organismi: la "materiale o idiofibrosa del piacere" e la "materiale o idiofibrosa del dolore", suscitate dall'azione congrua e incongrua delle potenze esterne sulle fibre costituenti la materia vivente. Ricadeva, così, in qualche modo in una teoria dualistica in parte simile alla dicotomia di stimolo e controstimolo che tanto avversava nella dottrina rasoriana, anche se alcuni hanno voluto scorgere nella sua identificazione nell'azione delle noxae a livello delle cellule (da lui chiamate fibre) e nella reazione di queste i veri fattori patogenetici, una sorta di ispirazione precorritrice della teoria della patologia cellulare più tardi enunciata da R. Virchow. Le sue opere, molto note e generalmente avversate in Italia, furono apprezzate per le basi dottrinarie e l'originalità delle idee soprattutto da alcuni medici francesi, quali L.-F.-A. Simon, F.-J.-V. Broussais, J.-B. Bouillaud.
Oltre ai lavori citati e alle tesi discusse per il concorso alla cattedra di clinica medica di Parma (I, Se oltre la diatesi stenica, o di stimolo, debbasi ammettere una diatesi irritativa; II, Se il calorico animale stia in ragione del calorico abbandonato dal gas ossigeno nella respirazione; III, Se sia vero che la infiammazione possa ridursi a niuna delle diatesi riconosciute, Parma 1820), pubblicò: Saggio d'un'analisi dei fondamenti dell'odierna dottrina medica italiana, aggiuntivi alcuni prolegomeni di patologia empirico analitica per un nuovo corso di terapia speciale, Milano 1821 (2ª ed., ibid. 1824); La dottrina medica bufaliniana compendiata e discussa… con una incidente disamina delle massime patologico pratiche divulgate e confermate dal chiarissimo prof. Tommasini, ibid. 1826; L'ontologismo medico cagione precipua del caos in che le menti sono intorno il cholera-morbus pestilenziale, discorso accademico… indirizzato ai signori medici frequentanti la di lui pratica nosocomiale. Aggiuntevi annotazioni illustrative, Cremona 1835; Dissertazioni hannemanniane con annotazioni critiche nelle quali in un coll'analisi dell'omeopatismo è occasionata quella di teoriche mediche più comunemente adottate, ibid. 1839; Opere mediche, I-III, ibid. 1816-39; L'ontologismo dominatore perpetuo della medicina, Milano 1840; La medicina misontologica, opera periodica in appendice alle Effemeridi mediche di G.B. Fantonetti, ibid. 1840; Dell'umano febbricitare. Nuovo saggio pratico della medicina misontologica…, ibid. 1841; La medicina misontologica ulteriormente illustrata ossia il vero ippocratismo a più scientifica lezione ridotto dai progressi della fisiologia e dell'analisi empirica, ibid. 1844; Saggio d'inventarizzazione del patrimonio patologico-clinico ovvero la medicina misontologica catechizzata, Napoli 1845; Saggi clinici riguardanti forme le più frequenti dell'umano infermare, opera empirico induttiva…, Cremona 1847; Introduzione alla clinica della medicina misontologica divisa in cinque parti… componenti un corso di quaranta lezioni dato all'Università di Parma…, Milano 1849; Se il cholera morbus è epidemico o contagioso, e della causa che impedisce a molti medici di accogliere la verità in proposito - Lezione quarantunesima della clinica della medicina misontologica, in Gazzetta medica lombarda, s. 2, III (1850), pp. 43 s., 49-54; Del come formulare la nosostatistica delle infermerie per raggiungere il laudabile scopo, in Annali universali di medicina, CXLI (1852), pp. 227-246.
Nominato primario medico a Cremona nel 1827, il G. fallì successivamente ai concorsi per la cattedra di clinica medica per chirurghi dell'Università di Padova nel 1841 e per quella di medicina teorica per chirurghi a Pavia nel 1845. Solo nel 1847 fu finalmente chiamato all'insegnamento di terapia speciale e clinica medica presso l'Università di Parma, quale successore di G. Tommasini; nello stesso anno, vinto il relativo concorso, divenne direttore dell'ospedale Maggiore di Cremona. Già nel 1848, tuttavia, sospettato di idee liberali, fu costretto a lasciare l'insegnamento; dopo aver tentato senza successo di divenire primario dell'ospedale Maggiore di Milano, si ritirò definitivamente a Cremona ad attendere all'incarico di direttore sanitario. Destituito da questo ufficio, sempre per motivi politici, nel 1852, fu collocato a riposo con il massimo della pensione.
Nel 1817 aveva sposato Teresa Strinati, dalla quale ebbe cinque figli.
Il G. morì a Cremona il 19 apr. 1858.
Fonti e Bibl.: A. Cazzaniga, F.G. G. e la medicina misontologica, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, s. 3, XV (1924), pp. 193-215; B. Penzani, Illustri medici cremonesi, in Castalia, XIII (1957), pp. 124 s.; A. Pazzini, Storia dell'arte sanitaria dalle origini ad oggi, II, Torino 1974, p. 1301; M. Soresina, Contributi alla storia della professione medica nell'Ottocento preunitario: i manoscritti di Carlo Speranza e le carte Geromini nella Biblioteca statale di Cremona, in Sanità scienza e storia, 1984, n. 1, pp. 127-139; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, II, p. 728.