GRONDONA, Felice
Ultimo di tre figli, nacque a Milano il 4 sett. 1821 da Benedetto e Caterina Strozzi. Il padre, sellaio, dal 1814 aveva avviato con successo la costruzione di carrozze in un piccolo opificio annesso all'abitazione in via S. Vito al Carrobbio, nel quartiere di Porta Ticinese. Non si conosce molto altro della famiglia né della giovinezza del G., da una nota autobiografica del quale (apocrifa, ma certamente scritta o dettata in tarda età), si apprende che il padre lo aveva destinato alla carriera commerciale.
A tal fine, dopo le elementari, fu iscritto all'"antico stabilimento privato detto di San Paolo", fondato nel 1815 da S. Patru e successivamente rilevato da A. Lambertini, direttore della Gazzetta privilegiata di Milano. Nella scuola, frequentata in quegli anni da S. Jacini, un corso era specificamente rivolto alla formazione del "perfetto negoziante", con materie quali statistica, diritto cambiario e ragioneria.
Terminati gli studi, nel 1837 il G. cominciò a fare pratica in una ditta di banca e seta, la Carmagnola, Maggi e Warchex. Quattro anni più tardi, però, l'improvvisa morte del fratello Luigi lo costrinse ad abbandonare la carriera commerciale e a entrare nella ditta paterna. Pur costretto a piegare il proprio stile di vita allo sviluppo dell'azienda di famiglia, il G. non recise i legami con il "ceto commerciante" allacciati nella precedente attività. Nel 1843, a conferma di una condizione di relativa agiatezza, il G. sposava Matilde Noseda, discendente da una solida famiglia di negozianti il cui sostegno si sarebbe rivelato prezioso per lo sviluppo della sua attività industriale.
Avviata anche nel Lombardo-Veneto la politica ferroviaria con l'apertura della linea Milano-Monza (1840), il G. fu tra i primi a intravedere le potenzialità del settore e a convertire la propria impresa alla costruzione di vagoni e carri ferroviari: nel 1847 uscirono dalla sua fabbrica i primi vagoni all'americana di II e III classe per la società della Milano-Como e, soprattutto, 26 vagoni a 72 posti, senza contare i carri merci, per la R. Strada ferrata Ferdinandea.
Fu allora necessario un salto di qualità. Non bastando più la vecchia officina di via S. Vito, dove intanto proseguiva con successo la costruzione delle carrozze, sin dal novembre 1846 il padre del G., che solo nel 1849 avrebbe posto in ditta anche il nome del figlio, aveva acquistato assieme ad altri due fabbricanti di carrozze, L. Boncinelli e G. Clerici, un terreno nei Corpi Santi di Porta Comasina, lungo il naviglio della Martesana e non distante dalla stazione della Milano-Como, con l'intenzione di costruirvi il nuovo stabilimento per "la fabbricazione di vagoni di strade ferrate, carrozze, ed altri generi delle loro produzioni".
Era l'atto di fondazione di un'impresa destinata a divenire una delle maggiori della Milano ottocentesca. Una scelta coraggiosa, che pochi anni più tardi, nel 1851, l'Eco della Borsa, organo ufficioso della Camera di commercio, avrebbe preso a esempio per sollecitare possidenti e detentori di capitali in genere a volgersi verso l'industria senza timori. Il nuovo stabilimento, infatti, si distingueva dai "lavorerii" attivi nella cerchia della città sia per le dimensioni, sia per l'organizzazione dei reparti e del lavoro: "Sono officine montate sopra una gran scala per la fabbrica delle vetture della strada ferrata Lombardo-Veneta […]. Il riparto dei locali è fatto espressamente per questo servigio. Le officine dei carri sono così vaste, che nella loro lunghezza comprendono armature di travi lunghe 25 braccia […]. Ogni locale ha uno scopo separato, quale ai coperti dei vagoni, quale alle pareti, quale alla ferratura, quale alle vernici e finalmente all'addobbo ed alla attillatura interna ed esterna. Vi sono portici coperti che servono ai fabbri ferrai, dai quali vengono costrutte le molle ed ogni altro attrezzo necessario. […] Fa meraviglia l'enorme quantità di combustibile, di ferro, di legnami, che questa gran fabbrica mette in opera nelle sue costruzioni veramente belle". Dopo aver ricordato che la Grondona dava lavoro a circa 160 operai, un numero che poneva l'azienda nel novero delle poche grandi industrie presenti in città, l'anonimo estensore dell'articolo concludeva: "L'impresa è grande, e presenta molto avvenire".
Le favorevoli premesse che avevano spinto a tentare la strada impervia dell'industria alla prova dei fatti si rivelarono illusorie. Il 1848 fu un anno difficile: da una parte l'insurrezione e la guerra provocarono il blocco delle commesse ferroviarie a causa dell'arresto dei lavori; dall'altra la fornitura di affusti per cannoni al governo provvisorio e poi all'esercito piemontese alienò ai Grondona le simpatie del restaurato governo austriaco, restio a far fronte agli impegni a suo tempo sottoscritti, pagati comunque con grande ritardo e "in valuta cartacea, a corso forzoso".
Le incertezze e la crisi della prima metà degli anni Cinquanta poterono essere superate a prezzo di un notevole esborso da parte della famiglia. Per venire a capo delle difficoltà il G., divenuto intanto unico proprietario ma costretto ad affidare l'amministrazione all'ingegner G. Zambelli a maggiore garanzia dei creditori, poté contare prima su un prestito di 60.000 lire da parte del cognato G. Noseda, poi su "l'amore di alcuni agiati parenti ed amici".
Nel 1856 la concessione delle ferrovie lombarde a una società controllata dai Rothschild aprì nuove prospettive all'azienda. Deciso a ripartire dopo la forzata sosta degli ultimi anni, il G., accompagnato dall'ingegner G. Miani, si recò in Francia per visitare gli impianti di alcuni fra i maggiori costruttori di materiale ferroviario, portandosi poi a Verona e a Vienna per intavolare trattative dirette con la nuova amministrazione delle ferrovie. Concluse positivamente le trattative con la Società delle strade ferrate lombardo-venete e dell'Italia centrale, rientrò a Milano deciso a dare un assetto più stabile all'azienda. Forte del contratto firmato con la direzione delle Strade ferrate, non ebbe problemi a trovare due nuovi soci. Il 28 maggio 1856, nasceva la Grondona, Miani e Zambelli con il modesto capitale di 40.000 lire, per oltre due terzi sottoscritto da Zambelli, cui venne assegnata la direzione amministrativa della società, mentre quella tecnica e quella commerciale erano delegate rispettivamente a Miani e al Grondona.
I positivi avvii dell'azienda non furono interrotti dalla guerra del 1859 che anzi, diversamente da quanto avvenuto nel 1848, fornì l'occasione per stringere saldi rapporti con la nuova amministrazione militare sarda, poi italiana, cui dal 1860 al 1866 la ditta fornì con continuità affusti per cannoni, cucine da campo, carri ambulanze, carriaggi da munizione ecc.
Non per questo i problemi che affliggevano l'impresa potevano dirsi superati. In primo luogo quello dell'irregolarità delle commesse. La Società delle ferrovie dell'Alta Italia tendeva infatti, come era accaduto con la vecchia gestione, a privilegiare i fornitori esteri rispetto a quelli italiani. La grande volatilità della domanda si rifletteva negativamente sulla conduzione aziendale, impedendo al G. di sviluppare una strategia di crescita fondata sui grandi volumi e sulla specializzazione del lavoro. "Siamo come ciabattini. Oggi facciamo una cosa, domani un'altra", avrebbe detto nel 1872 E. Bauer ai commissari dell'inchiesta industriale che gli chiedevano quali fossero gli ostacoli incontrati dalle fabbriche meccaniche. Non diversamente si sarebbe espresso il G. lamentando la discontinuità delle commesse anche in un ramo come quello del materiale mobile per il quale la sua azienda non temeva confronti. All'inizio degli anni Settanta lo stabilimento dava lavoro a 300 operai, con un fatturato annuo che si aggirava intorno a 1.400.000 lire, a fronte di un capitale fisso di 300.000 e di uno mobile di 280.000. A chiusura del decennio, nel rivendicare i traguardi raggiunti, il G. denunciava con parole accorate le discriminazioni cui la politica governativa lo sottoponeva rispetto ai concorrenti esteri, a causa dei dazi, e a quelli nazionali, come le officine di Pietrarsa, sussidiati dall'Erario. Malgrado tutto, l'impresa era cresciuta ed era ormai in grado di compiere tutte le fasi della lavorazione dei vagoni al proprio interno, dipendendo da fornitori esterni solo per molle e ruote.
L'Esposizione nazionale di Milano del 1881 consacrò definitivamente la fama di quello che era forse il più antico stabilimento italiano di costruzione di veicoli ferroviari. Complessivamente in quasi quarant'anni di attività erano usciti dallo stabilimento di via M. Gioia più di 10.000 veicoli, di cui due terzi in vetture e il resto in carri. Tutto questo era stato possibile grazie alla qualità dei prodotti e al fiuto commerciale del G., capace, al momento opportuno, di diversificare la produzione. Come nei primi anni Quaranta non aveva esitato a cimentarsi con la costruzione dei vagoni, così alla metà dei Settanta intuì che l'espansione delle tramvie suburbane poteva costituire l'occasione per sottrarre il lavoro all'aleatorietà delle commesse delle grandi società ferroviarie. Nel 1876 la fornitura delle prime carrozze a due piani o a imperiale alla Società degli omnibus di Milano rappresentò l'inizio di una travolgente ascesa. In breve nessuna ditta fu in grado di competere in questo settore con la Grondona, il cui successo fu coronato nel 1880 dalla concessione di un brevetto per la costruzione di vagoni per le ferrovie economiche.
Particolarmente proficui furono in questi anni i rapporti con la Società veneta di pubbliche costruzioni di V.S. Breda, associata alla quale progettò (senza però riuscire a realizzarlo) la costruzione di uno stabilimento analogo al suo nel Veneto.
Nel frattempo la compagine sociale era cambiata. Usciti di scena Zambelli, pago dei dividendi accumulati, e Miani - desideroso di sfruttare l'esperienza maturata per avviare una nuova impresa in proprio -, il G. si era trovato così a dover riorganizzare la struttura societaria e organizzativa dell'azienda. Assicuratasi la collaborazione tecnica dell'ingegner A. Comi, presto associato alla ditta, lasciò la direzione dell'officina al figlio Alfonso, che obbedendo ai convincimenti paterni si era formato direttamente nella pratica trascorrendo tutto il suo tempo nello stabilimento, tanto da sentirsi estraneo a quella vita di società cui il censo lo avrebbe destinato. In realtà, malgrado il successo economico e i molti attestati e riconoscimenti, avvicinandosi la fine del secolo la Grondona cominciava a mostrare alcuni sintomi di stanchezza. L'organizzazione produttiva continuava a essere condizionata da un andamento a spugna, talché la manodopera poteva passare da alcune centinai di unità a poche decine, come era accaduto nel 1891 nel pieno di una grave crisi dell'industria meccanica milanese. Inoltre, forse per naturale appagamento, forse nel timore di non avere nel figlio un valido erede, il G. venne meno alla sua proverbiale scaltrezza non capendo che - per presentarsi da una posizione di forza alle trattative con le due grandi società, tra cui a partire dal 1885 era stata divisa la gestione dell'esercizio ferroviario - sarebbe stato opportuno affiancare alla costruzione di vagoni e carri quella delle motrici, sull'esempio di quanto aveva fatto il suo vecchio socio G. Miani. Non compiere tale passaggio significava condannarsi a rimanere ai margini del mercato delle commesse ferroviarie, grandi ma non sufficienti per essere competitivi. Posta in liquidazione nel 1899, la società sarebbe stata incorporata nelle Officine meccaniche, erede della Miani e Silvestri, un grande complesso industriale con un capitale sociale di 7.000.000 di lire.
Pur sedendo nel consiglio d'amministrazione della nuova società, il G. si ritirò di fatto a vita privata. Si spense nella sua villa di Lesmo, presso Milano, il 21 ag. 1902.
Uomo schivo e appartato, visse solo per la famiglia e il lavoro. Non ricoprì incarichi di prestigio né ebbe cariche onorifiche. Limitò l'impegno pubblico al Consiglio comunale, nel quale rappresentò per alcuni anni gli abitanti degli ex Corpi Santi, aggregati alla città nel 1873, preferendo per il resto dedicarsi alla vita della sua parrocchia in qualità di fabbriciere e ad attività benefiche (fu consigliere degli Asili infantili suburbani e del Patronato centrale di temperanza con sezione accattonaggio). A suggello di una vita appartata, i funerali, per espressa volontà del defunto, si svolsero in forma privata e senza discorsi ufficiali.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Notarile, 50604, 28 sett. 1843, istr. n. 1216 a rogito T. Grossi (patto nuziale tra il G. e Matilde Noseda); 49667, 7 luglio 1847, istr. 8586 a rogito G. Giusti (costituzione della Grondona, Boncinelli, Clerici); Notai, Ultimi versamenti, 1727, 28 mag. 1857, istr. n. 1152 a rogito C. Della Porta (costituzione della Grondona, Miani, Zambelli); Saggi d'industria lombarda, in Eco della Borsa, 20 ag. 1851; Atti del Comitato dell'inchiesta industriale (1870-74), III, Deposizioni scritte, 14, par. 1, Carrozze e altri veicoli - Felice Grondona, Milano, pp. 8 s.; V, Deposizioni orali, 14, par. 1, Adunanza del 25 sett. 1872, Milano (Interrogatorio di F. G., fabbricante di carrozze e di veicoli per strade ferrate), pp. 2-5; Camera dei deputati, Atti della Commissione d'inchiesta sull'esercizio delle ferrovie italiane, Roma 1881, parte prima, Verbali delle sedute pubbliche, I, pp. 46-48; Vagone brevettato per treni economici F. Grondona e C. Milano, 2 ag. 1880, Milano 1881; F. Ajraghi, Lo stabilimento Grondona per la fabbrica di carrozze e veicoli ferroviari all'Esposizione nazionale del 1881 in Milano, Milano 1881; G. Bianchi, L'impianto e l'esercizio dei tramways nella provincia di Milano, Milano 1881; L. Loria, Di alcuni argomenti relativi alle ferrovie. Appunti, in Appunti tecnici sull'Esposizione nazionale di Milano (1881) fatti da una commissione del Collegio degli ingegneri in Milano, Milano 1882, pp. 101-103, tavv. XVII-XXI; Annuario dell'industria e degli industriali di Milano, a cura di G. Benvenisti - L.F. Bolaffio - A. Gramola, Milano 1890, pp. 33-38; E. Trevisani, Riv. industriale e commerciale di Milano, Milano 1894; A. Biagi, Una città industriale. Le Officine meccaniche di Milano, in La Lettura, agosto 1906.
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