MATTEUCCI, Felice
– Nacque a Lucca il 12 febbr. 1808, da Luigi, avvocato e ministro di Giustizia del Principato di Lucca, e dalla nobildonna Angiola Tomei Albiani.
Frequentò le scuole cittadine, mostrando interesse per le discipline scientifiche ma non tralasciando quelle umanistiche, tanto che a undici anni componeva poesie molto apprezzate. Iniziò studi in idraulica e meccanica nel Collège Bourbon di Parigi, dove il padre – divenuto rappresentante del granduca di Toscana presso Luigi XVIII, dopo essersi trasferito a Firenze – lo aveva iscritto nel 1824. A causa di una grave malattia di un fratello minore, Francesco, il M. fu costretto a rientrare con il padre in Italia e concluse gli studi all’Università di Firenze, laureandosi in ingegneria con il massimo dei voti. Dopo la laurea, oltre a curare i fondi agricoli della famiglia a Vorno e a Colle di Compito, approfondì gli studi d’idraulica, progettando nel settembre 1835 un «apparecchio per amministrare i bagni a vapore» e nel gennaio 1836 due «trombe idrauliche».
Nell’aprile 1837 il M. sposò la nobile Giulia Ramirez di Montalvo, con la quale ebbe quattro figli (Luigi, Ferdinando, Francesco ed Eleonora). Si dette a ricerche di idraulica, nel cui ambito sviluppò un importante progetto, che lo impegnò per tutta la vita, per un nuovo sistema di scolo del lago di Bientina.
Già L. Ximenes e L. Nottolini si erano occupati del prosciugamento della palude di Bientina, non tenendo però conto della pendenza naturale della campagna lucchese che, dalla sinistra del fiume Serchio declina verso l’Arno. Dell’errore si erano accorti R.G. Boscovich, T. Perelli e G. Manetti, senza però trovare soluzioni adeguate. Il M., misurate l’altezza del lago e la pendenza del terreno, concluse che per far defluire le acque fino al mare occorreva costruire un canale (detto poi «canale Matteucci») seguendo la pendenza del terreno lungo la destra dell’Arno. Era un progetto ardito e che implicava grandiosi lavori, come la rettificazione del corso dell’Arno presso San Giovanni alla Vena e Uliveto, ma che dava sicurezza per l’effettivo prosciugamento. Il M. inviò il progetto a Roma a G. Venturoli, un’autorità del tempo in materia, per riceverne un parere: questi, in una relazione del 6 maggio 1845, rilevati i pregi, così concluse: «Io porto opinione che il progetto del Sig. Matteucci, sì perché tende ad utilissimo scopo, e perché sceglie i mezzi più acconci a conseguirlo, sia degnissimo di considerazione e di incoraggiamento e lo reputo superiore agli altri, dei quali finora ho notizia, perché apre il campo a un più esteso e perfetto bonificamento del lago di Bientina» (G. Venturoli, Relazione sopra un progetto di bonificamento del lago di Bientina…, Firenze 1850). Il progetto destò grande interesse, tanto che il principe A. Demidoff iniziò le pratiche affinché fosse costituita una società per realizzare le opere previste, ma purtroppo l’intento fallì. Il M. allora, apportati alcuni ritocchi suggeriti da Venturoli, presentò il progetto al governo del Granducato di Toscana, cui stava molto a cuore la bonifica. Tuttavia il M., di temperamento ansioso, nell’attesa della decisione visse giorni dominati da grande nervosismo e insicurezza, tanto da raccomandarsi allo scolopio E. Barsanti, membro della commissione incaricata della scelta di un progetto per la bonifica della palude, con il quale era entrato in amicizia.
La commissione scelse infine il progetto di Manetti, direttore dei lavori d’acque e strade del Granducato, e il M., convinto che il suo fosse migliore, ne ricevette una delusione che lo condizionò per tutta la vita, anche perché il progetto di Manetti, dopo anni di lavoro e spese incalcolabili, ebbe esito infelicissimo. Tra gli interventi del M. sul tema si può ricordare: Delle attuali condizioni del cratere del lago di Sesto ossia di Bientina e dei sistemi da preferirsi per il completo bonificamento (Firenze 1867); Sopra il bonificamento del lago di Bientina… (in L’Agricoltore, organo del Comizio agrario lucchese, V [1869], 6, pp. 1-8); La questione economica sul bonificamento del lago di Bientina (ibid., XVI [1880], 16, pp. 162-173).
Abbandonati gli studi di idraulica e sollecitato da Barsanti, il M. si dedicò alla meccanica, cercando di verificare la validità delle intuizioni dell’amico sull’equivalenza fra energia termica ed energia meccanica. Compresa l’importanza di tale intuizione, mise a profitto le sue ottime conoscenze di meccanica, e insieme dettero inizio a importanti esperimenti concretizzatisi, nel giugno del 1853, nella costruzione di un prototipo del primo motore a scoppio; come dimostrato dal plico sigillato depositato presso l’Accademia dei Georgofili nell’adunanza del 5 giugno 1853, poi dissuggellato il 20 sett. 1863 (per cui v. G. Antonelli et al., Rapporto riguardante alcuni nuovi esperimenti dei signori Eugenio Barsanti e F. M., in Continuazione degli Atti della R. Acc. economico-agraria dei Georgofili di Firenze, n.s., X [1863], pp. CXXXI-CXXXVIII).
Il Rapporto… contiene la descrizione dettagliata del dispositivo sperimentale; la fattura rilasciata dalla fonderia di P. Benini di Firenze «per costruzione primo motore a debito Felice Matteucci», datata 9 giugno 1853, e la successiva fattura della stessa fonderia «per costruzione primo motore e riparazione di organi vari», sempre indirizzata al M. e datata 2 nov. 1853, costituiscono un’ulteriore dimostrazione del funzionamento del primo motore a scoppio. L’anno successivo, il 13 maggio 1854, fu conseguito il primo brevetto in Inghilterra (il n. 1072, denominato «Obtaining motive power by the explosion of gases»); le pratiche furono curate da W. Haehner, console di Sassonia e del Württemberg in Livorno. Gli studi continuarono e il motore fu continuamente perfezionato, tanto che nella primavera del 1856 un esemplare costruito dalla fonderia di Benini sullo schema del brevetto inglese funzionava regolarmente nelle officine della stazione ferroviaria Maria Antonia di Firenze, azionando un trapano e una cesoia.
Il 1° dic. 1857 fu rilasciato in Inghilterra il brevetto 1655 per un nuovo tipo di motore («Apparatus for obtaining motive power»; il 30 dic. 1857 fu brevettato in Piemonte con il n. 579, il 9 genn. 1858 in Francia con il n. 35009 e il 10 febbr. 1858 in Belgio con il n. 5533). Dopo ulteriori studi venne fatto costruire dalla fonderia Benini un nuovo motore a pistoni contrapposti, brevettato in Piemonte il 26 luglio 1858 con il n. 700 e successivamente, il 4 febbr. 1859, in Francia con il n. 39730.
Nel 1861 a Barsanti e al M. si unì G.B. Babacci, un tecnico di Forlì. I tre progettarono una nuova «Macchina motrice a gaz», costruita dalla ditta Escher Wiss & C. di Zurigo (brevettata il 9 ott. 1861 a Torino con il n. 1397, registrata il 14 ottobre a Parma e il 15 ottobre a Modena). Il motore, che destò favorevolissima impressione nei tecnici, fu così brevettato dagli inventori in Inghilterra, Francia, Belgio e anche in Germania. Tuttavia, nel 1862, per rivendicare la paternità del brevetto, il M. fu costretto a recarsi a Parigi, dal momento che la Francia attribuiva l’invenzione del motore a scoppio a É. Lenoir. Benché il brevetto Lenoir portasse la data del 24 genn. 1860, il M. dovette assistere impotente al riconoscimento della priorità del tecnico francese. Per l’intenso lavoro e la grande delusione cadde allora in un grave esaurimento nervoso, tanto da dimettersi (18 dic. 1862) da direttore tecnico della Società anonima del nuovo motore Barsanti e Matteucci, precedentemente costituitasi. Alla morte di Barsanti, avvenuta il 19 apr. 1864 a Seraing, in Belgio, dove si era recato per costruire su larga scala il motore a scoppio secondo lo schema del brevetto francese n. 35009 presso la Società John Cockerill, la direzione tecnica della Società sarebbe dovuta tornare al M., guarito dall’esaurimento, ma fu invece data (2 giugno 1864) agli scolopi G. Antonelli e F. Cecchi. Il M., pur mortificato per l’esclusione, continuò le ricerche: in una lettera del 15 genn. 1866 propose al presidente della Società di introdurre a proprie spese i miglioramenti studiati, ma purtroppo la Società fallì. Il motore modificato fu brevettato il 25 giugno 1866 con il n. 3096 e il titolo «Motore igneo-pneumatico a doppio effetto» (in Boll. industriale del Regno d’Italia, 1866, n. 159).
Deluso dal fallimento della Società, il M. si volse nuovamente agli studi di idraulica e, visto che il progetto Manetti non era riuscito a risolvere l’annoso problema della palude di Bientina, ne evidenziò in una relazione dettagliata i difetti proponendo le soluzioni. In seguito allo straripamento del fiume Bisenzio pubblicò nella Gazzetta d’Italia un articolo su Le inondazione e i ponti (8 marzo 1873, p. 2); costruì dapprima un pluviometro, per segnare in modo continuo le curve delle altezze delle piogge e, successivamente, presso le Officine Galileo di Firenze, l’idrometrografo, strumento che indicava le variazioni della portata dei fiumi. Al congresso degli scienziati di Roma (ottobre 1873) tenne un’interessante relazione sui pluviometri e gli idrometrografi da lui costruiti: Intorno a due istrumenti automatici che descrivono in modo continuo le curve delle pioggie e delle variazioni del pelo dell’acqua dei fiumi (Roma 1874). Nel 1875 espose al congresso degli architetti e degli ingegneri italiani una memoria di 15 pagine complessive sugli Sfioratori a stramazzo per moderare le piene dei fiumi (Firenze 1875); su incarico del Collegio degli ingegneri fiorentini, nel 1878 presentò inoltre un nuovo studio sulla palude di Bientina e, ancora dopo il 1880, scrisse intorno ai criteri che devono determinare la scelta fra diversi sistemi di bonificamento.
Le delusioni per le vicende del motore a scoppio e della bonifica della palude di Bientina accentuarono la sua depressione, alla quale si aggiunse una grave sordità.
Ritiratosi nella sua villa di campagna a Vorno di Capannori, in Lucchesia, il M. vi morì il 13 sett. 1887.
Fonti e Bibl.: G. Arrighi, Il motore Barsanti Matteucci, in Rivista (Napoli), II (1930), pp. 40 s.; M. Cavallini, Intorno all’invenzione del motore a scoppio. Cimeli e documenti, in Rass. volterrana, V (1931), pp. 1-16; Id., I primi passi del motore a scoppio, ibid., VI (1932), pp. 1-19; G. Orsi, I motori Barsanti - Matteucci: l’invenzione del motore a scoppio. Brevi note storiche-tecniche-illustrative, Camaiore 1943; Id., Padre Eugenio Barsanti e il centenario dell’invenzione del motore a scoppio Barsanti e Matteucci 1853-1953, Pietrasanta 1954; G. Arrighi, Padre Eugenio Barsanti e F. M. inventori del motore a scoppio (commemorazione tenuta il 13 sett. 1954), in Atti dell’Acc. lucchese di scienze, lettere ed arti, n.s., 1958, vol. 9, pp. 143-155; Id., Barsanti, Eugenio, in Diz. biografico degli Italiani, VI, Roma 1964, pp. 531-534; M. Bramanti - G. Gargani, Il motore Barsanti e Matteucci, Pisa 1999. Si vedano, inoltre, i contributi di E. Borchi - R. Macii - G. Ricci, I luoghi del motore, Lucca 2002; Barsanti & Matteucci 1853-2003. I padri del motore a scoppio: un’invenzione che ha rivoluzionato il mondo, Lucca 2002; I motori della scuola fiorentina, Lucca 2003; G. Ricci, La verità sul motore a scoppio, Lucca 2006.