VINCI, Felice
VINCI, Felice. – Nacque a Palermo il 20 novembre 1890 da Giuseppe, di professione avvocato, e da Giovanna Vinci.
Ricevette la sua prima formazione nella città natale, dove si laureò in legge nel 1912, sotto la guida dell’economista e statistico Costantino Bresciani-Turroni. Quello stesso anno ricevette un premio dalla Fondazione Gioeni di economia politica di Palermo, e iniziò a lavorare ai suoi primi articoli, uno riguardante lo sviluppo del pensiero economico (Le tre fasi delle dottrine economiche), stampato nel 1912 dal Circolo giuridico di Palermo, e l’altro dedicato alla produzione di zolfo in Sicilia, uscito sulla Riforma sociale (XX (1913), vol. 24, pp. 731-750). In questi primi anni uno stimolo all’analisi dei problemi teorici e pratici dell’economia gli fu dato dal confronto epistolare e personale con i maggiori esponenti del marginalismo, Vilfredo Pareto e Maffeo Pantaleoni.
Nel 1914, in alcuni articoli pubblicati sul Giornale degli economisti, prese in esame la teoria della capitalizzazione, evidenziando come gli investimenti di capitale potessero dare il massimo guadagno per la collettività in una situazione di limitazione della libertà individuale da parte dello Stato, anche a scapito della massimizzazione dell’utilità dei singoli operatori.
Durante la guerra fu membro della commissione interalleata sugli approvvigionamenti assieme ad altri statistici come Corrado Gini, Livio Livi, Marcello Boldrini e Gaetano Pietra. Nel 1921 affiancò Gini nella realizzazione di un’indagine sulle materie prime per la Società delle Nazioni. Negli stessi anni intervenne nel dibattito economico con alcuni studi apparsi prevalentemente sulla Rivista delle società commerciali. Uno dei temi su cui si concentrò maggiormente fu lo studio statistico delle società per azioni. Muovendo da un’analogia fra la dinamica delle nascite e delle morti umane e quella riguardante le società di capitali, cercò di studiare dal punto di vista statistico le diverse cause della nascita e della morte delle società, anche in rapporto con il ciclo economico, avvicinandosi in un certo qual modo all’approccio di Alfred Marshall.
Negli anni del primo dopoguerra la riflessione di Vinci si rivolse anche agli effetti economici della mobilitazione bellica, riscontrando una correlazione positiva fra lo sviluppo delle industrie che avevano beneficiato delle commesse statali e l’aumento della concentrazione dei capitali, verificatasi soprattutto nelle regioni del triangolo industriale. Partecipò inoltre al dibattito sui costi economici della guerra e sul conflitto industriale.
La carriera accademica di Vinci era iniziata nel 1919 all’Università di Padova, quando aveva conseguito la libera docenza in statistica e successivamente, nell’anno accademico 1920-21, l’incarico per il corso complementare di scienza delle finanze e diritto finanziario. Contemporaneamente aveva ottenuto anche l’incarico di insegnamento di statistica metodologica e demografica all’Istituto superiore di commercio di Bari, e dal 1922 fu nominato per la stessa disciplina professore straordinario. A Bari, dove nel frattempo era stato anche incaricato dell’insegnamento di matematica finanziaria, fu promosso a professore ordinario a partire dal 1925. Dall’ottobre dello stesso anno, tuttavia, venne chiamato alla Scuola superiore di commercio Ca’ Foscari di Venezia come professore di statistica metodologica, demografica ed economica; qui istituì e diresse il Laboratorio di statistica. Nel 1928, dopo un rapido passaggio all’Università di Trieste, si trasferì a Bologna per ricoprire la cattedra di statistica nella facoltà di giurisprudenza, contribuendo a creare la Scuola di statistica. Nel 1940 sarebbe stato chiamato alla facoltà di giurisprudenza di Milano per tenere l’insegnamento di statistica e poi, dal 1952, quello di economia politica, fino all’anno accademico 1960-61. Avrebbe tenuto poi, l’anno successivo, un ultimo corso di storia delle dottrine economiche come docente fuori ruolo.
La vita familiare di Vinci fu alquanto travagliata. Ancora celibe, ebbe una prima figlia, Maria Vittoria, nata nel 1925. Alla fine del 1927 sposò a Roma Ada Brigante, la quale però morì l’anno successivo a soli ventisei anni. Nel 1931 sposò in seconde nozze Clementina Anelli con la quale ebbe nel 1934 il figlio Giuseppe. Anche questo matrimonio si interruppe presto, poiché i due si separarono nel 1936.
Nel 1929 fondò a Bologna la Rivista italiana di statistica, che dal 1932 al 1934, con l’allargamento della direzione anche a Luigi Amoroso e Alberto De Stefani, assunse il nome di Rivista italiana di statistica, economia e finanza, aprendosi progressivamente anche alle questioni economiche e alle tematiche corporative. Nel 1935 divenne infine Rivista italiana di scienze economiche, conservando questo nome fino alla sua chiusura nel 1943. Il limitato successo della rivista indusse De Stefani e Vinci, nel 1938, a intraprendere un tentativo, poi fallito, di fondere la testata con il più diffuso e autorevole Giornale degli economisti, sfruttando l’occasione delle leggi razziali, fra le cui vittime vi fu Giorgio Mortara, costretto alla fine del 1938 a lasciare sia la direzione del Giornale, sia la cattedra milanese che avrebbe di lì a poco occupato Vinci.
L’attività scientifica di Vinci riguardò soprattutto la statistica metodologica, su cui scrisse anche diverse opere a carattere manualistico, nonché svariati temi economici di carattere teorico e pratico. Rispetto alla statistica come ‘campo scientifico’ in fase di formazione, Vinci era un esempio della nuova leva di studiosi che stava conducendo un profondo rinnovamento della disciplina, all’insegna dell’uso sempre più massiccio di strumenti di analisi matematica e della ridefinizione della statistica come metodo per lo studio quantitativo dei fenomeni collettivi, secondo l’impostazione data da Rodolfo Benini. Rispetto ai rapporti fra la statistica e l’economia politica, la sua posizione metodologica risultava una via intermedia fra i sostenitori di un approccio induttivo e i difensori della priorità della pura logica deduttiva, tipica del pensiero marginalista. L’enunciazione di una complementarità dialettica fra metodo statistico e logica economica era già contenuta nel suo studio dedicato all’induzione e all’errore in statistica, apparso nel 1915 sul Giornale degli economisti, intitolato L’induzione quantitativa negli studi economici (XXVI (1915), 2, pp. 175-187). Nel volume intitolato Sulla misura della concordanza tra caratteri quantitativi (Roma 1918) si soffermò sui metodi prevalentemente usati dalla statistica per l’analisi delle relazioni fra caratteri quantitativi, ragionando sul significato delle equazioni di regressione e dei coefficienti di correlazione. Nel 1920, su Metron, polemizzò intorno ai coefficienti di variabilità elaborati da Corrado Gini, all’epoca lo statistico italiano più in vista. Al tema delle ‘illusioni statistiche’, derivanti da classificazioni sbagliate o equivoche, avrebbe poi dedicato il suo discorso inaugurale per i corsi dell’anno accademico 1924-25 (Le illusioni statistiche, in Giornale degli economisti, XL (1925), n. 2, pp. 61-84).
I suoi interessi di ricerca si spostarono progressivamente anche verso argomenti di natura economica, affrontati sempre con una forte attenzione alla dimensione empirica. Si occupò dell’analisi economico-statistica di aspetti come la popolazione, la disoccupazione, i bilanci di famiglia, le scorte, la previsione economica (nella forma, all’epoca consueta, dei cosiddetti barometri economici), la crisi economica, il ciclo, la teoria monetaria e dei prezzi, il commercio internazionale.
Una buona parte della produzione più matura di Vinci fu la manualistica, rivolta agli studenti e anche agli studiosi di scienze sociali. La gran parte dei volumi racchiude interventi di statistica metodologica, ma alcuni manuali testimoniano invece un forte interesse per le applicazioni del metodo statistico all’analisi sociale, demografica ed economica. I primi manuali vennero stampati a Bari nel 1922 sulla base delle lezioni tenute nell’anno accademico 1921-22 (Lezioni di statistica metodologica e Lezioni di statistica economica). Un secondo manuale di statistica economica vide la luce nel 1927, Lezioni di statistica demografica ed economica (Padova). Nel 1930 apparve un’Introduzione al metodo statistico (Padova) destinata agli studenti delle facoltà giuridiche, e nel 1934 il Manuale di statistica: introduzione allo studio quantitativo dei fatti sociali (Bologna). Il volume Problemi demografici, uscito nel 1939 per i tipi di Zanichelli (Bologna), offriva un forte supporto alle politiche demografiche del fascismo, esprimendo al contempo una critica alla teoria ciclica delle nazioni elaborata da Gini. Molti suoi articoli pubblicati fra gli anni Venti e Trenta confluirono poi nei due volumi, editi sempre da Zanichelli nel 1940, intitolati Analisi economiche (Bologna). Nel 1942 diede alle stampe un volume, intitolato Unità mediterranea (Roma), dove sostenne con entusiasmo le ragioni dell’Asse.
Alla fine degli anni Trenta fu uno dei pochi economisti italiani che tentò di recepire, seppure nella ristretta cornice del corporativismo fascista, le suggestioni provenienti della teoria keynesiana. Nel 1939, durante la quinta riunione della Società italiana di demografia e statistica – che Vinci avrebbe presieduto dal 1941 al 1943 succedendo a Livio Livi – richiamò il dibattito economico di quegli anni confrontandosi con le maggiori innovazioni teoriche del tempo (innanzi tutto la Teoria generale di Keynes e la teoria del moltiplicatore di Richard F. Kahn), riconoscendo le potenzialità della dottrina keynesiana anche per la politica economica di un regime corporativo (Nuovi concetti statistici nello studio della disoccupazione, in Società italiana di demografia e statistica. Atti della V riunione dedicata alla statistica del lavoro, II, Firenze 1940).
Dal 1939 al 1943 fu anche membro del Consiglio superiore di statistica, organo di indirizzo scientifico dell’Istituto centrale di statistica (Istat). In questa fase collaborò con altri studiosi dell’Istat e della Banca d’Italia alla stima del reddito nazionale dell’anno 1938, insistendo per includere nel calcolo il valore dei servizi domestici non retribuiti (pubblicò al riguardo, nel 1943, il saggio Il reddito nel nostro Paese nel 1938, in Rivista italiana di scienze economiche, XV (1943), pp. 17-42). Finita la guerra, avrebbe ripreso a fare parte del Consiglio dal 1949 al 1952.
Nonostante la sua precoce e chiara adesione al regime fascista (interessanti, da questo punto di vista, i suoi articoli giornalistici per il Resto del Carlino nonché alcuni suoi componimenti poetici dati alle stampe a Bologna negli anni Trenta), come molti altri studiosi e accademici si ‘convertì’ rapidamente al nuovo corso antifascista seguito alla caduta di Benito Mussolini. Dopo l’8 settembre 1943 entrò a far parte della Resistenza milanese come rappresentante del Partito socialista, animando il Comitato di liberazione dell’università, sostituendo per alcune settimane il rettore dopo il 25 aprile 1945, e ricoprendo, per la Provincia di Milano, i ruoli di commissario prefettizio e consigliere. Forte di questi titoli, nel dicembre del 1945 indirizzò una lettera al ministro della Pubblica Istruzione per essere scagionato dall’accusa di antisemitismo e di aperto sostegno al regime fascista, che gli era valsa una sospensione dal servizio su proposta del Comitato d’epurazione dell’Università di Milano. Il ministro decise di non sottoporlo a ulteriori procedimenti di epurazione, decretandone il ritorno in cattedra dal 1946.
Negli anni Cinquanta, al termine della sua attività di studioso, si dedicò alla rielaborazione del modello di equilibrio economico generale di Walras-Pareto, analizzando compiutamente la relazioni circolari fra produzione, distribuzione del reddito e domanda (Nuove idee sugli equilibri della domanda e dell’offerta, Milano 1953; La meccanica economica nel pensiero di Vilfredo Pareto, teoria e pratica dei costi comuni, Milano 1956). Nel 1958, come ultimo contributo alla vita politica nazionale, si candidò per il rinnovo del Parlamento nelle liste del Movimento Comunità, non risultando eletto.
Nel 1937 Vinci aveva ricevuto l’onorificenza di cavaliere della Corona d’Italia. Fu corrispondente dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo, membro dell’Accademia delle scienze di Bologna, della Commissione economica dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, dell’Istituto lombardo accademia di scienze, lettere e arti, consigliere della Econometric Society di Washington, componente della Cowles Commission di Chicago, membro titolare dell’Istituto internazionale di statistica.
Morì a Roma il 14 novembre 1962.
Opere. Le opere menzionate sono solo una parte della vasta produzione scientifica di Vinci. Per un quadro più ampio si rimanda alla bibliografia raccolta alla fine del saggio di C. Buonpensiere, L’opera scientifica di Felice Vinci con particolare riguardo ai contributi alle discipline statistiche, in Annali della facoltà di economia e commercio della Università di Bari, XXIX (1990), pp. 305-332. Vinci fu anche autore di Nove novelle (Bologna 1933) e alcune poesie, in parte scritte insieme al padre (Canti giovanili, Bologna 1936; Levia Tristia, Bologna 1936; Le religioni. Il mito di Prometeo. Nuovi carmi, Bologna 1936; Battute sul novecentismo non degenere, Bologna 1937; I canti dell’impero e altri versi intelligibili, Bologna 1937; Il terzo cielo: dramma in versi intelligibili, Bologna 1937).
Fonti e Bibl.: Ventidue lettere inviategli da Vilfredo Pareto tra il 1912 e il 1923 sono pubblicate in appendice al saggio di F. Vinci, Il nostro schema di sviluppo economico alla luce dell’esperienza internazionale, Milano 1956 (ripubblicate anche in V. Pareto, Epistolario 1890-1923, a cura di G. Busino, Roma 1973). La corrispondenza con Luigi Einaudi, compresa fra il 1912 e il 1956, è conservata a Torino presso l’archivio storico dell’omonima Fondazione, nel fondo Luigi Einaudi, Corrispondenza. A Roma, all’Archivio centrale dello Stato si possono consultare: Ministero dell’Interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione polizia politica, Fascicoli personali 1926-44, b. 366; Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale istruzione universitaria, Fascicoli professori universitari, III serie (1940-70), b. 481, f. Vinci Felice; Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario 1922-43, b. 2491, f. 555702. Sul procedimento di epurazione si veda anche Milano, Università degli studi, Archivio storico, Organi di governo, Rettore, 1.3.3. Protocollo riservato, b. 1. L’Archivio storico della Banca d’Italia, a Roma, conserva altra documentazione relativa all’attività scientifica di Vinci, tra cui la corrispondenza con Alberto De Stefani (Carte De Stefani, prat. 12, b. 21, f. , prat. 26, b. 41, f. 1-2, prat. 29, b. 45, f. 2, prat. 30, b. 46, f. 2) e alcune carte relative al contributo di Vinci alla stima del reddito nazionale (Banca d’Italia, Studi, prat. 309, f. 4-7, prat. 379, f. 1-3).
Annuario della R. Università di Palermo per l’anno accademico 1912-13, Palermo 1913, p. 231; V. Pareto, Lettere a Maffeo Pantaleoni 1890-1923, a cura di G. De Rosa, III, Roma 1962, pp. 169 s.; G. Lasorsa, F. V., in Caratteristiche e prospettive dello sviluppo economico italiano, Milano 1971, pp. 197–204; L. Lenti, Il “Giornale degli economisti” compie cento anni, in Nuova Antologia, ottobre-dicembre 1986, n. 2160, pp. 97-111; G. Parenti, L’attività del Consiglio superiore di statistica dal 1949 al 1989, in Annali di statistica, s. 10, 1994, vol. 3, passim; G. Leti, L’Istat e il Consiglio superiore di statistica dal 1926 al 1945, in Annali di statistica, s. 10, 1996, vol. 8, pp. 310, 312 s., 318-321; A.M. Vinci, Storia dell’Università di Trieste: mito, progetti, realtà, Trieste 1997, p. 215; A. Macchioro, Keynes, Marx, l’Italia, a cura di L. Michelini, Roma 2007, p. 184; J.-G. Prévost, A total science. Statistics in liberal and fascist Italy, Montreal-Kingston 2009, passim; G. Della Torre, Sviluppo dei Conti nazionali e pianificazione del secondo conflitto mondiale: l’arretratezza dell’Italia, in Il pensiero economico italiano, XXIV (2016), 1, p. 8; G. Favero, A reciprocal legitimation: Corrado Gini and statistics in fascist Italy, in Management & organizational history, XII (2017), 3, pp. 267, 271, 274; J.-G. Prévost, Statisticians, economists and the ‘new economic order’ in wartime Italy (1940-1943), in Journal of modern italian studies, XXIII (2018), 2, pp. 156-175; A. De Francesco, La persecuzione razziale quale crimine meritevole di epurazione? Le strane vicende dell’Università di Milano all’indomani della Liberazione, in L’Italia ai tempi del ventennio fascista. A ottant’anni dalle leggi antiebraiche: tra storia e diritto, a cura di M. D’Amico - A. De Francesco - C. Siccardi, Milano 2019, pp. 267, 269.