RAVAISSON, Félix
Pensatore francese, nato a Namur (Belgio) il 23 ottobre 1813, morto a Parigi il 18 maggio 1900. Mortogli il padre quand'era ancora bambino, restò affidato alle cure della madre e dello zio materno G.-T. Mollien: donde l'aggiunta, ch'egli più tardi fece, del cognome di quest'ultimo al suo, e la scelta di quello della madre, Laché, per la firma di lavori d'arte figurativa, di cui pure si dilettò. Dopo avere studiato al Collège Rollin a Parigi, conquistò la notorietà con l'Essai sur la Métaphysique d'Aristote (voll. 2, Parigi 1837-46: gli altri due volumi, che avrebbero dovuto compiere il vasto disegno dell'opera, non vennero mai pubblicati dal R. Traduzione italiana parziale - vol. I, pp. 209-fine; vol. II, pp. 1-26 - di A. Tilgher, Firenze 1922), col quale vinse un concorso bandito su tale tema dall'Accademia delle scienze morali e politiche. Ma, restio ad aggiogarsi al carro di V. Cousin, allora dittatore filosofico della Francia, fu da lui, dopo un periodo di cordiali rapporti, avversato nei tentativi di carriera universitaria, ed entrò al Ministero dell'istruzione, dove occupò successivamente molte alte cariche, all'ispettorato delle biblioteche e a quello dell'istruzione superiore. Nel 1870 fu nominato da Napoleone III conservatore della sezione classica del museo del Louvre.
Oltre al saggio sulla Metafisica, che è la sua opera più importante, e a scritti di estetica e di storia dell'arte sono principalmente da ricordare, tra le sue non molte opere, le due tesi di dottorato, quella latina su Speusippo (Speusippi de primis rerum principiis placita qualia fuisse videantur ex Aristotele, Parigi 1838) e quella francese De l'habitude (ivi 1838), e soprattutto il Rapport sur la philosophie en France au XIXe siècle (ivi 1868, poi più volte ristampato), scritto su proposta del ministro dell'Istruzione V. Duruy per l'esposizione universale del 1867. Con l'Essai e col Rapport il R. influì molto sul pensiero francese, spingendolo a ricollegarsi alla tradizione spiritualistica e volontaristica di Maine de Biran e orientandolo quindi verso il contingentismo del Boutroux e l'intuizionismo del Bergson, che del R. si possono dire i massimi continuatori.
Bibl.: Per la bibliografia degli scritti del R. e sul R. v. la prefazione di A. Tilgher alla versione sopra citata dell'Essai (Aristotele, Firenze 1922, pp. xii-xvii). Tra gli scritti sul R. merita particolare menzione la commemorazione che ne fece il Bergson (Séances et travaux de l'Acad. d. sciences mor. et pol., 20 e 27 febbraio 1904, rist. nel vol. La pensée et le mouvant, Parigi s. a.).