feltro
Ricorre in un solo luogo della Commedia (If I 105), in un'espressione volutamente enigmatica che sembra resistere a tutti gli sforzi dell'ermeneutica dantesca: Questi [il veltro] non ciberà terra né peltro, / ma sapïenza, amore e virtute, / e sua nazion sarà tra feltro e feltro. Per il fatto stesso di essere concepita nello stile delle profezie, la locuzione tra feltro e feltro non potrà esser chiarita in modo del tutto convincente. Lo stesso Boccaccio, il quale si preoccupò di riferire tutte le interpretazioni a lui note dell'oscurissimo passo, prima di esporle ammetteva: " io manifestamente confesso ch'io non intendo: e perciò in questo sarò più recitatore de' sentimenti altrui, che esponitore de' miei ".
A questa prudente ammissione d'incertezza critica non sembra opportuno rinunciare neppure ora, e di fatto quasi tutti i commentatori moderni, pur quando dichiarano la loro preferenza per l'una o per l'altra fra le ipotesi esegetiche formulate, concordano sulla necessità di attribuire all'espressione un'indeterminatezza di significato consona al tono profetico del passo.
È inoltre da avvertire come le spiegazioni proposte per la locuzione qui esaminata sono state molto spesso suggerite dalla soluzione data al problema, ovviamente più ampio, dell'identificazione del veltro; le due questioni sono anzi strettamente connesse, e dovendosi qui prescindere dalla seconda e più grave, ci si dovrà per forza di cose limitare a riassumere le principali interpretazioni date all'espressione tra feltro e feltro, rinviando alla voce Veltro per un esame più esauriente del significato che la profetizzata palingenesi dell'umanità ad opera di un futuro redentore assume nell'economia del poema.
1. L'ipotesi che sotto le parole tra feltro e feltro si nascondesse la denominazione di due località dovette essere formulata molto presto, se essa viene ricordata, sia pure per essere respinta, dallo stesso Pietro (" dicunt quidam: hoc est in partibus Lombardiae et Romandiolae, inter civitatem Feltri et montem Feltri. Tu dic inter feltrum et feltrum "). Sulle orme del Vellutello, che per primo l'adottò, la grafia con le iniziali maiuscole (tra Feltro e Feltro) venne prescelta da tutti gli editori e commentatori i quali ritennero di poter identificare il veltro in Cangrande della Scala, in Uguccione della Faggiuola, in Benedetto XI o in altro personaggio, indeterminato ma nativo dell'Italia settentrionale. Ovviamente, per tutti questi critici il verso significa: la nascita del personaggio simbolicamente indicato nel veltro avverrà in una località interposta tra Feltre e il Montefeltro ". La grafia con le iniziali maiuscole, di per sé indicativa di una scelta esegetica, fu adottata anche dalla '21 (ma non dal Casella); per il Petrocchi, invece (ad l.), " prudenza vuole che si legga con le iniziali minuscole, le quali per altro non impedirebbero che la dicitura volutamente ambigua d'ogni linguaggio profetico possa essere interpretata nel senso d'una determinazione geografica di due luoghi diversi (Feltre e Montefeltro) espressi, comunque, con lo stesso nome di cosa ".
L'opportunità di leggere tra Feltro e Feltro fu sostenuta anche da A. Solmi, ma con tutt'altra motivazione. Secondo questo studioso, nazion non significherebbe " nascita " ma piuttosto " stirpe, schiatta, popolo, generazione umana " e tutto il verso verrebbe a dire che " l'imperatore-veltro... avrà per suo regno tutto lo spazio della sfera terrestre, in guisa che, se si immagina un movimento da un punto determinato qualsiasi ... si possa a quel punto ritornare da qualunque via, senza mai uscire dai confini della dominazione del supremo monarca della terra ". Naturalmente, per designare questo luogo, a cui si potevano immaginare convergere tutte le linee ideali del globo terrestre, avrebbe potuto servire qualsiasi toponimo. Se D. prescelse Feltro questo avvenne sia per ragioni di rima, sia perché, tra i nomi di luogo realmente esistenti, Feltro " contiene il maggior numero di lettere corrispondenti a quelle che servono, letteralmente, a fissare nella mente l'immagine del Veltro ". La scelta, sempre secondo il Solmi, avrebbe potuto essere suggerita anche da un sirventese composto per Guido da Montefeltro nel 1277, nel quale compaiono le stesse rime usate nel poema (vv. 39-44): " per Deo dia vita - a l'altu conte Guido / de Montefeltro. / Fol ne stia en statu, - ched a lui è nula Feltro ! / En levere s'è avaçatu, - e 'l leone asalì lu veltro, / ché paragunato - s'è l'oro e peltru / del sapere ": lezione approntata da E. Raimondi per Contini, Poeti I 881. In Feltro, per il Solmi, deve infine essere riconosciuta la città di Feltre, designata con la stessa forma in Pd IX 52.
2. Un secondo gruppo di interpretazioni si fonda sull'ipotesi che f. sia nome comune e che sia stato usato da D. nel significato proprio di panno " composto di peli compressi insieme e non tessuto " (Landino), in guisa che è " vilissima spezie di panno " (Boccaccio). Secondo questa ipotesi, tutta la locuzione vorrebbe perciò dire che la nascita del veltro avverrà tra miseri panni, che egli " nascerà di assai vile nazione " (Lana) o che " sua nazione sarà d'umile schiatta " (Ottimo): chiosa, quest'ultima, che non chiarisce bene il pensiero del commentatore, data l'ambiguità del termine ‛ nazione ' da lui usato, interpretabile come esso è sia nel senso di " nascita " sia in quello più lato di " progenie ", " stirpe ". Rientrano nell'ambito di questo filone ermeneutico altre spiegazioni ipoteticamente e con molte riserve proposte da alcuni commentatori recenti, quali la " sua nascita non sarà tra le mollezze " (Grabher), il veltro " rivestirà umili panni, sarà esempio di semplicità e di modestia " (riportata, ma non accolta, dal Mattalia). All'espressione, in quanto indicante lo stato di povertà del veltro, si rifece anche Graziolo, in una glossa ripresa dal Pagliaro.
Né è mancato chi (Porena, Sapegno, Chimenz) sembra propenso ad accogliere l'interpretazione suggerita dal Koennen, secondo il quale D., dando a ‛ nazione ' il significato di " origine ", " provenienza " e a f. quello di " povero panno ", avrebbe voluto dire che il veltro vestirà il saio, sarà un frate predicatore, se non addirittura un papa spirituale eletto nell'interno dell'ordine dei francescani, che la legge della povertà applicherà prima di tutto al Papato (e resta poi il problema, dalla maggioranza dei commentatori recenti risolto in senso negativo, se questo pontefice santo, nelle intenzioni del poeta, debba o meno identificarsi con Benedetto XI).
A conclusioni del tutto opposte giunse il Torraca. Nel commento al passo, questo critico osserva che il f. era un panno di lana battuta, del quale si facevano non solo coperte, ma anche cuscini e tappeti di pregio. La locuzione dovrebbe pertanto essere interpretata così: " nascerà tra i tappeti, in buon luogo, il Veltro, ossia di buona razza ". E, a sostegno di questa interpretazione, il critico ricorda la profezia sul cinquecento diece e cinque (Pg XXXIII 37-45), la speculazione dantesca sulla monarchia (Mn I XIII-X-I, III-XVI) e il vaticinio virgiliano citato da D. in Ep VII 13 (" Nascetur pulchra Troianus origine Caesar ", Aen. I 286). Anche per il Momigliano " forse feltro è la lana non tessuta che serviva per cuscini e tappeti ", mentre il Mattalia giudica plausibile l'interpretazione del Torraca, pur dichiarando di preferirne un'altra, che qui di seguito sarà riferita.
L'occasionale analogia tra il nome di Cangrande della Scala e il titolo di Gran Can dato nella tradizione occidentale, da Marco Polo in poi, all'imperatore della Cina e, in genere, ai capi delle tribù turco-mongole, suggerì una spiegazione già ricordata dal Boccaccio. Su essa non meriterebbe soffermarsi, se non fosse stata ripresa in tempi moderni dal Bassermann. Secondo questa interpretazione, D. alluderebbe alla costumanza dei Tartari, nota anche a G. Villani (v 29), di seppellire i loro condottieri avvolgendone la salma in un drappo di feltro. " Per questo ", spiega il Boccaccio, " dicon così: questo veltro nascerà in Tartaria tra feltro e feltro, cioè regnante alcuno di questi imperadori, il quale regna tra feltro adoperato nella morte del suo predecessore, e quello che si dee nella sua morte adoperare ".
Piacque al Barbi, e fu giudicata attendibile da V. Rossi, la tesi formulata da A. Regis. Questi osservò che, nei consigli dei comuni, le votazioni segrete si facevano introducendo le pallottole plumbee del voto in urne di legno foderate internamente di feltro. A questa forma di votazione si ricorreva anche per l'elezione dei magistrati comunali: " il verso oscurissimo verrebbe così a significare che il Veltro... avrà nascimento tra il feltro (noi diremmo nel segreto) delle urne; come a dire che il suo nome sarà designato da un'elezione " (e il Regis suppone che D. alluda all'elezione imperiale).
3. La tesi prevalente tra i commentatori antichi è però quella che nel verso sia adombrata una predizione astrologica. Iacopo afferma che l'espressione significa " tra cielo e cielo ", e a questa opinione si attengono il Lana, l'Anonimo e il Buti, il quale così la giustifica: " feltro è panno di lana compressa insieme, e non tessuto con fila; e per questo intende lo cielo che è di materia solida et intera, sì che significa che questo veltro nascerà tra cielo e cielo; cioè per virtù di corpi celesti "; Pietro intende " inter feltrum et feltrum, idest inter coelum, talis temporalis virtuosus infundetur "; Benvenuto pensa alla venuta di Cristo giudice e spiega " inter coelum et terram ". Né è da meno il Boccaccio, il quale, pur ammettendo la sua incertezza, afferma: " l'autore intende qui dover essere alcuna costellazione celeste, la quale dee generalmente negli uomini imprimere la virtù della liberalità ". Identica è la tesi del Landino: " Io credo che il Poeta, come ottimo matematico, avesse veduto per astrologia ".
In tempi moderni, questa tesi venne integralmente accolta dai fautori di un'interpretazione allegorico-mistica del poema e in particolare dal Pietrobono, che così chiosa il passo: " nascerà tra cielo e cielo; ché nella sua generazione, come in quella di Beatrice, tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente si avranno insieme (V.N., XXIX [2]). Preferisco questa spiegazione, prima perché i cieli che di sù prendono e di sotto fanno (Pd II 123), si prestano assai bene a essere chiamati feltri; poi perché sempre, parlando del Veltro, Dante mostra di aspettarlo dal cielo, non altrimenti di Isaia: Rorate, caeli, desuper et nubes pluant justum (Is. XLV 8) ". Ma che essa contenesse un nucleo di verità, parve anche a studiosi di tutt'altra scuola, ad esempio al Mattalia, il quale così commenta: " Tra feltro e feltro, non esprime, a ben guardare, spazio, ma assenza di spazio, e potrebbe essere un modo concettosamente enigmatico per indicare l'Empireo: nell'empireo ciel per padre eletto, dirà Dante di Enea, in Inf. II, 21 ".
Si deve però all'Olschki il tentativo di riprendere con nuovo rigore ermeneutico l'antica interpretazione astrologica. Dopo aver osservato che le chiose degli antichi commentatori, attraverso Iacopo e Pietro, potrebbero risalire direttamente a una vaga allusione interpretativa suggerita dal poeta stesso, il filologo veronese richiama l'attenzione sul fatto che " unica costellazione cui era possibile associare il ricordo del feltro " sono " i Gemelli, i pilleati fratres dell'antichità, rappresentati in molte immagini pagane e cristiane coi loro conici feltri, antico simbolo della libertà civile ". Che pilleus in latino, come πι̃λος in greco, feltrum in latino medievale e feutre o fautre in antico francese designino tanto il copricapo conico dei Dioscuri quanto il materiale del quale si diceva fosse fatto, è ampiamente documentato. Ma se realmente l'espressione tra feltro e feltro si riferisce alla terza costellazione dello zodiaco, quella stessa dalla quale il poeta, nato con il Sole in Gemelli, riconosceva tutto il suo ingegno (Pd XXII 114), allora, conclude l'Olschki, " né il suo significato astrologico, né il suo implicito simbolismo possono essere applicati ad altri personaggi al di fuori di Dante stesso " (e si veda anche la sostanziale adesione del Getto a questa tesi). Così nel f. dei Dioscuri il poeta avrebbe immaginato il simbolo e l'annuncio della sua vocazione a fare della Commedia il poema della libertà, come nella Roma di Virgilio era proprio il pilleus dei figli di Leda a essere il distintivo palese della libertà del cittadino romano.
Bibl. -Vedi la bibl. alla voce Veltro; in particolare saranno da ricordare A. Bassermann, Veltro, Gross Chan und Kaisersage, in " Neue Heidelberger Jahrbücher " XI (1900) 28-75; F. Torraca, in " Rass. Critica Letter. Ital. " XVI (1911) 28-32; A. Regis, E sua nazion sarà tra feltro e feltro, in " Studi d. " IV (1921) 85-97; T. Casini, Scritti danteschi, Città di Castello 1913, 39-50; ID, in " Bull. " XXI (1914) 3; A. Solmi, Il pensiero politico di D., Firenze 1922, 91 ss.; F. Koennen, Dantes Zahlensimbolik, in " Deutsches Dante- Jahrbuch " VIII (1924) 26-46; Zingarelli, Dante 863; L. Olschki, The Myth of Felt, Berkeley 1949; ID, D. poeta veltro, Firenze 1953; ID, Tra feltro e feltro, in " Nuova Antologia " fasc. 1820, agosto 1952; G. Getto, Il canto I dell'Inferno, in " Cultura e scuola " 13-14 (1965) 406-415; Pagliaro, Ulisse 58-60, 495-496; F. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento alla D.C., Inferno I-III, Firenze 1967, 131-135.