FENACETINA
È l'acetil-parafenetidina o acetil-para-ammidofenetolo. Dal para-nitrofenolo, sotto forma di sale sodico, si prepara l'etere etilico (para-nitrofenetolo) per azione dello ioduro di etile. Questo viene ridotto poi a para-fenetidina, o para-ammidofenetolo.
La para-fenetidina riscaldata all'ebollizione con acido acetico glaciale, dà l'acetil-para-ammidofenetolo, o fenacetina.
Più economicamente si trasforma la fenetidina in diazocomposto e sul cloruro del diazocomposto si fa agire fenolo in presenza di carbonato sodico; quindi l'azocomposto ottenuto viene eterificato con ioduro di etile, e il dietil-diossi-azobenzolo risultante viene ridotto con stagno e acido cloridrico. Si ottengono così due molecole di fenetidina da una molecola impiegata. Il metodo si fonda sulla proprietà che hanno i diazocomposti di accoppiarsi con i fenoli per dare ossiazocomposti.
Cristallizza in pagliette bianche splendenti, pochissimo solubili nell'acqua, solubili nell'alcool a caldo, fusibili a 135°. Fatta bollire con acido cloridrico al 25% si saponifica. Diluendo con acqua e filtrando, il filtrato, per aggiunta di poche gocce di bicromato potassico al 5%, dà colorazione rosso ciliegia, che poi diventa rosso rubino, e con soluzione di ipoclorito di calcio dà colorazione rosso carminio, che con l'ammoniaca diventa azzurra intensa.
Farmacologia e tossicologia. - La fenacetina fu introdotta in terapia da A. Kast (1887). Libera nell'organismo paramidofenolo, che s'elimina combinato con l'acido solforico e in parte con l'acido glicuronico. Non è escluso che nelle urine si trovi anche fenetidina. A dosi terapeutiche, gr. 0,30-0,50, non abbassa la temperatura normale, mentre la temperatura febbrile, dopo circa mezz'ora dalla somministrazione, discende notevolmente per la durata di 4-6 ore. L'azione primaria, dovuta a una dilatazione dei vasi cutanei e a perdita di calore per irradiazione, avviene probabilmente per l'influenza esercitata dal farmaco sui centri nervosi che regolano il controllo dei vasi cutanei. Si può dimostrare questa dilatazione col pletismografo (E. Maragliano). S'usa come antinevralgico nella dismenorrea, nell'emicrania, talvolta associata all'oppio e alla caffeina e come sedativo nell'insonnia per lavoro intellettuale eccessivo o per sopraeccitazione nervosa. Dosi superiori a 1 grammo possono produrre cefalea, sonnolenza, vertigini, nausea, sudori profusi, disturbi cardiaci, esantemi simili a quelli dell'urticaria con intenso prurito e aumento di temperatura e talvolta azione nociva sulla crasi sanguigna con formazione di metemoglobina. Si stabilisce facilmente abitudine al rimedio. La nostra Farmacopea (1929) registra l'acetilfenetidina, o acetilparaammidofenetolo (acetylphenetidinum) indicando, come dosi massime per l'adulto, mezzo grammo per volta e due grammi nelle 24 ore. (v. anche antipiretici).