FENESTELLA
Parola che in senso generico si può applicare a qualunque finestra di proporzioni ridotte, ma in particolare si usa per un solo tipo di finestrella e precisamente per quella che negli antichi testi viene indicata con il nome di fenestella confessionis. Era questa una specie di protezione che si poneva a difesa del sepolcro dei martiri e dei santi in genere o un'apertura che veniva praticata sotto le confessioni (v. confessione) per permettere ai fedeli di vedere i sacri sepolcri e di avvicinarsi a essi il più possibile pur senza venirne a contatto immediato.
Esempî antichi si hanno nei cimiteri cristiani. Nel cimitero di Ponziano vi è un centro storico costituito dai cubicoli dei Ss. Pollione, Pigmanio e Milix i quali hanno appunto questa particolarità di non presentare una porta d'accesso ma solamente una fenestella. Nella regione detta di Marco e Marcelliano, nel cimitero di S. Callisto, un arcosolio è chiuso sul davanti da una transenna di marmo, tuttora esistente e quasi intatta. Nel cimitero di Pretestato il sepolcro creduto dei Ss. Felicissimo ed Agapito era pure chiuso da una transenna i cui resti sono ancora infissi nell'arco dell'arcosolio. Resti di transenne nel cimitero di Nicomede nella regione del diacono Redento a S. Callisto, nel cimitero di Domitilla e in altri ne rivelano l'uso descritto. Dopo la pace costantiniana, l'uso della fenestella continuò e si diffuse nelle basiliche sorte sulle tombe dei martiri. La più nota fenestella era quella della confessione di S. Pietro in vaticano. Dagli atti di papa Benedetto III si apprende che questo pontefice adornò la fenestella d'una lamina d'oro che la fasciava attorno, e di altre decorazioni ivi eseguite si ha notizia dal Liber pontificalis. Avevano la fenestella confessionis anche le basiliche di S. Paolo, di S. Lorenzo fuori le mura, di San Giorgio al Velabro, di S. Martino ai Monti, di San Silvestro, di Santa Prisca, di Santa Prassede, dei Ss. Quattro Coronati, per citare solo chiese romane. In una delle due basiliche sorte in onore di S. Alessandro sulla via Nomentana e precisamente nella più lontana dalla strada, l'altare dei martiri fu circondato da una transenna in marmo, tuttora visibile, nella quale era aperta una fenestella. Del resto questa installazione era usata anche in chiese fuori di Roma e perfino in Oriente. Così in S. Apollinare in Classe a Ravenna, nell'Oratorio di S. Osimo a Montmajor, nella tomba dei Ss. Quaranta Martiri a Sebaste, nella basilica dei Ss. Venerando e Nepoziano a Clermont, e sembra che anche S. Sofia avesse qualcosa del genere. La fenestella confessionis alle volte era di dimensioni tali da potervi introdurre la testa e le braccia per contemplare meglio, con l'ausilio di lumi, la confessione e per introdurre a contatto della tomba pezzi di stoffa (brandea) che poi si conservavano come reliquie; era spesso chiusa da transenne apribili, fabbricate anche con metalli preziosi e le chiavi che le chiudevano erano ricercatissime dai fedeli che le consideravano oggetti di devozione e le portavano appese al collo come le medaglie. Per poterle avere facevano fabbricare chiavi di maggior valore da sostituire alle altre. Nei giorni della festa dei martiri, la fenestella serviva anche per speciali riti che si celebravano sulla loro tomba; fra l'altro vi si appendeva un'urna entro la quale si facevano bruciare gl'incensi. Negli atti di Leone III si apprende che questo pontefice fece fare alcuni turiboli d'oro purissimo e che uno ne appese nell'interno della confessione sopra il corpo dell'apostolo Pietro. Alle volte la tomba del martire si trovava entro una specie di cameretta comunicante con la basilica per mezzo di uno spiraglio orizzontale ricavato nella vòlta (cataracta) attraverso il quale si poteva scorgere la tomba e sfiorarla con stoffe e oggetti. In tal caso la fenestella serviva fra l'altro per introdurvi il braccio allo scopo di aprire o di chiudere la cataratta. Infine è da ricordare che anche in coperchi di sarcofagi si possono rinvenire fenestelle per quanto di proporzioni molto ridotte: il sarcofago di S. Massimino in Provenza n'è infatti provvisto. Anche un coperchio conservato nella trichora a S. Callisto ha una fenestella che però non è ultimata.
L'uso della fenestella è continuato anche, ma molto meno diffuso, nel Medioevo. Nell'altare innalzato nel 1612 durante i lavori del cardinal Borghese nel Mausoleo di S. Quirino (detto comunemente Platonia) a S. Sebastiano fuori le mura, furono conservate e lasciate accessibili le due fenestelle medievali, tuttora visibili, che permettevano di contemplare l'interno del sepolcro bisomo nel quale si pretendeva avessero riposato i corpi degli apostoli Pietro e Paolo.
Bibl.: G. B. De Rossi, La Roma sotterranea, Roma 1864-77, III, pp. 234-36; J. A. Martigny, Dict. des antiquités chrétiennes, nuova ed., Parigi 1877; L. Duchesne, Liber Pontificalis, Parigi 1886-92 (su Leone III); G. Wilpert, Scoperta di un cancello marmoreo nel Cimitero dei Ss. Marco e Marcelliano, in Nuovo Bull. d'arch. cristiana, XI (1905), pp. 67 segg.