CARSICI, FENOMENI
. Dalla regione del Carso (v.) istriano e illirico prende nome quel complesso di fenomeni che, massimamente sviluppati e quindi anche più presto studiati in quelle regioni, si manifestano però in vario grado ovunque si presentino, sulla superficie delle terre emerse, masse sufficientemente estese di rocce solubili, variamente compatte, ma fessurate, e quindi attraversabili dalle acque. Trattandosi per lo più di rocce calcaree, per fenomeni carsici s'intendono di solito i processi idrologici e morfologici che si svolgono in tali rocce.
Il carbonato di calcio viene intaccato dall'acqua appena questa abbia un certo grado di acidità, dando origine a bicarbonati solubili. Nell'acqua meteorica non manca mai una certa quantità di anidride carbonica, assorbita dall'aria. La roccia calcare viene dunque intaccata e disciolta in proporzione della quantità di CO2 sciolta nell'acqua: Ca CO + CO2 + H2O = Ca (HCO3)2. Il potere solvente talvolta si accresce quando l'acqua s'arricchisce di acidi umici traversando il terreno vegetale. Viceversa, nell'acqua carica di bicarbonato calcico, ogni perdita di CO per evaporazione fa ridepositare il carbonato puro sotto forma cristallina (calcite). Le impurità, che in proporzione varia sono contenute nei calcari, rimangono insolute. I depositi che ne derivano sono spesso di natura argillosa, ricchi di idrossidi di alluminio e ferro: così nelle frequentissime terre rosse del Carso, e in generale nei terreni calcari mediterranei. Certi calcari dolomitici,. per soluzione dei soli granuli di calcite, lasciano sul posto abbondante sabbia magnesiaca.
L'essenza dei processi carsici è dunque data dalla dissoluzione della roccia e dallo stabilirsi di particolari forme dì corrosione, tanto sulla superficie esterna quanto lungo le fenditure che conducono l'acqua nell'interno. Secondariamente hanno luogo dei processi di lento accumulo, per l'incrostazione di calcite ridepositata, con forme caratteristiche (stalattiti, ecc.) a riempimento delle cavità interne, e, in particolati condizioni, anche all'esterno (travertino).
Forme esterne. - L'aridità complessiva, le nude distese di roccia calcarea, rotta da crepacci e buche d'ogni genere; i profili rotti nel rilievo, a grandi tavolati, ad alti fianchi uniformi, a linee aspre di cresta e burroni profondamente incisi; poco terriccio raccolto nelle depressioni, dove soltanto ha vita una stentata vegetazione, sono i caratteri più appariscenti del tipico paesaggio carsico. La prevalente azione solvente esercitata dall'acqua sui calcari, e le numerose aperture assorbenti fanno sì che i processi più comuni di erosione meccanica (torrentizia) non abbiano quasi modo di manifestarsi e gli altri processi di degradazione esterna (termica, eolica, ecc.) rimangano tuttavia in seconda linea. È quindi naturale che le linee del rilievo si vadano evolvendo con tendenze affatto diverse dalle ordinarie dei climi temperati, e si creino speciali forme caratteristiche. Per questo la natura carsica di un territorio si riconosce a prima vista anche sulle carte a piccola scala, e tanto meglio sulle carte topografiche che portano rappresentati gli svariati dettagli. Spicca subito la mancanza, nel vero Carso, di idrografia superficiale, a eccezione di brevi corsi temporanei prodotti dalle piogge. Ne derivano l'assenza di valli normali e la formazione di bacini chiusi d'ogni forma e grandezza.
Forme minori. - Su vaste estensioni il terreno è quanto si può immaginare di più accidentato, sconvolto. Buche d'ogni forma si succedono fra un dedalo di scogli, di creste, di gradinate, con macigni isolati o accatastati, rovine di preesistenti dirupi. Tra le forme minute più caratteristiche nei calcari puri sono da ricordare le scanalature, i solchi paralleli, diretti secondo l'inclinazione della superficie e interpretabili come forme semplici del dilavamento dissolvente. Spesso sono intersecati da crepacci più o meno regolari, derivanti dall'allargamento delle fenditure originali della roccia, e dalla dissoluzione più facile secondo certe vene. A volte s'incontrano larghe estensioni iutte incise e rotte, tramutate così in orribili petraie di difficilissimo transito (v. campi carreggiati). All'incontro dei crepacci si formano pozzi, e, per allargamento progressivo, anche cavità più ampie (doline di corrosione), specie intorno alle fenditure assorbenti.
L'elemento più caratteristico della superficie carsica sono le doline: cavità di varia origine, imbutiformi, subcircolari, con diametro variabile da poche decine a qualche centinaio di metri. Esse hanno la massima diffusione, anche indipendentemente da ogni altra forma carsica. Sulle aride distese di roccia esse, col loro fondo coperto di terriccio, creano le uniche brevi oasi verdeggianti. Sono talora così ravvicinate da lasciar poco spazio interposto; con la caduta dei tramezzi si formano doline doppie, multiple, a forma di vasche irregolari e talvolta di piccole valli chiuse. Talune conche alquanto maggiori a suolo piatto, dette uvala nel Carso slavo, sotchs nei Causses francesi, ecc., ripetono tale origine.
Forme maggiori. - Le regioni a carsismo più sviluppato, in estensione e profondità, posseggono però anche bacini chiusi assai vasti, per i quali pure è entrato nell'uso il nome slavo polja. S'estendono talora per varie decine di chilometri, con fondo pianeggiante, ricco di acque e fertile. Esse possono rappresentare il prodotto di una lunga corrosione carsica, svoltasi su una vasta area per interi periodi geologici. Vi sono però molte polje, con fianchi ripidi, allungate secondo la direzione delle pieghe, per le quali bisogna riconoscere (col Cvij: ć) un'origine tettonica, giacendo esse in sinclinale, oppure in zona sprofondata tra . faglie. Successivamente sono state modificate dal carsismo, senza del quale, al loro posto, l'erosione esterna avrebbe modellato delle valli normali. Che queste però sieno in molti casi veramente esistite, si ha indizio dalla presenza di soglie di sbocco e di tronchi di valli morte, testimoni dell'antico deflusso subacqueo, e congiungenti talvolta fra loro le varie polje allineate: per es. il lungo solco dall'Idria alla Kulpa (60 km.), lungo il confine orientale dell'Italia, attraverso le conche di Planina, di Circonio, di Olisa, ecc. Spesso dunque i solchi vallivi, legati o no a disposizioni tettoniche o litologiche, sarebbero stati il punto di partenza per la formazione delle polje.
Abbiamo accennato a tracce di valli abbandonate. Talvolta esse conservano con una certa freschezza l'aspetto primitivo di solchi stretti, a sponde ripide, come certi valloni, divenuti celebri nell'ultima guerra (Chiapovano, Doberdò). Esse però, per depositi franosi o eluviali che le ingombrano, e per doline che ne alterano il fondo, vanno perdendo la primitiva inclinazione continua verso lo sbocco. Per lo più questi tronchi vallivi rappresentano la sede di corsi d'acqua allogeni, cioè scendenti da regioni esterne non carsiche, e che riescono a percorrere la regione calcarea, almeno durante le piene, finché il progresso del carsismo sotterraneo non li assorba definitivamente. Per questo, nel Carso proprio, le valli attive sono eccezionali, dovute a cause particolari (v. sotto). Un caso caratteristico è dato da valli a forma di cañones, createsi per scoperchiamento d'un corso d'acqua sotterraneo; esse si chiudono d'improvviso dove le acque scaturiscono sotto la roccia (valli chiuse), o dove si perdono di nuovo inabissandosi (valli cieche).
Evoluzione. - Col proseguire della corrosione carsica, si compie una lenta e quasi uniforme degradazione del rilievo. Essa si può paragonare a quella prodotta dalle acque correnti superficiali: solo che qui l'abbassamento della superficie si compie non in direzione del mare o di bassure periferiche, ma verso le parti interne (per es. le polje) dove le acque vengono più facilmente assorbite nel suolo. Le forme elementari sono sempre le doline, le quali si sviluppano, si moltiplicano, si fondono, si distruggono, e poi si formano di nuovo, talvolta con cicli distinti. Come residui di corrosione possono rimanere piccole alture isolate, testimoni dei distrutti rilievi.
Tale evoluzione carsica superficiale è però lentissima; così che rispetto alla più rapida demolizione dei rilievi d'altra natura, il rilievo calcare conserva molto più a lungo le sue forme primitive, sia quelle dovute alle originarie cause tettoniche, sia quelle create dalla denudazione esterna in precedenti fasi. Speciale attenzione meritano gli altipiani e i ripiani multipli disposti a gradinata, separati da ripide scarpate. Tali forme, caso per caso, si possono spiegare come lembi di originarie pianure dislocate per fratture, oppure come superficie semispianate al termine di successivi cicli di denudazione subaerea, o ancora come terrazzi di abrasione marina, portati a varia altezza da sollevamenti ripetuti. Comunque sia, la frequenza di altipiani nelle regioni carsiche è molto notevole, caratteristica. Non che questa presenza sia necessaria per lo sviluppo del carsismo, bensì solo per alcune delle sue manifestazioni esterne, specie la formazione delle doline, che in generale mancano sui pendii troppo ripidi.
Un ostacolo al loro sviluppo trovano le forme carsiche superficiali nei ricoprimenti di depositi impermeabili, siano essi importati da fuori (alluvioni torrentizie, morene glaciali, prodotti vulcanici), o siano, più comunemente, prodotti eluviali, come la già citata terra rossa. Le parti più basse dell'Istria e della Puglia sono particolarmente ricche di siffatto deposito, che può rappresentare il residuo del disfacimento, attraverso un tempo lunghissimo, di masse calcaree di grande potenza. Tuttavia nei paesi mediterranei, con le lunghe siccità estive, con alcuni millennî di azione devastatrice dell'uomo sulla vegetazione, i terreni carsici sono quasi sempre caratterizzati da grande aridità. Ancora più ricoperte, per grande spessore, sono le superficie di certi calcari alquanto marnosi, che dànno, specie sotto climi più umidi, abbondante residuo argilloso, formando il cosiddetto carsismo coperto del Richter, come sono in generale i territorî carsici o semi-carsici dell'Europa centrale. Che però il processo di corrosione del calcare possa ugualmente proseguire, sia pure rallentato, anche se la roccia è coperta, purché possa filtrare un po' d'acqua, lo dimostrano, tra l'altro, le doline di sprofondamento che si formano sia nei prodotti di disfacimento, sia in altri terreni che si trovino originariamente a coprire la roccia solubile.
Forme interne. - È da lungo tempo noto che i rilievi calcarei sono i più ricchi di cavità sotterranee, le quali costituiscono anzi una delle caratteristiche principali delle regioni carsiche. Il loro studio è oggetto di un ramo di scienza speciale, la speleologia. Si distinguono anzitutto due tipi di cavità: quelle a sviluppo prevalentemente orizzontale (e sono le grotte e caverne più comunemente note) e quelle invece a sviluppo verticale (pozzi, voragini o abissi). Ci sono naturalmente cavità complesse, costituite da una successione di caverne e di pozzi, allacciati da stretti cunicoli. Un'ulteriore distinzione si fa in base al comportamento attuale rispetto alla circolazione dell'acqua: se siano cioè le cavità assorbenti o siano emittenti; siano abbandonate, oppure tuttora in uso, in modo perenne o periodico. Oltre alle cavità maggiori, la compagine calcare possiede un intrico di fessure più o meno sottili, spesso solo capillari, che, con maggiore o minor fittezza, la intersecano in varia guisa, ma prevalentemente secondo alcune direzioni determinate. Oltre alle giunte fra strato e strato, di rado però aperte, interessano qui le fenditure (litoclasi), in genere disposte normalmente ai piani di stratificazionc e prodotte dai movimenti d'assestamento tettonico.
Sull'importanza delle diaclasi per la formazione delle cavità maggiori si è talvolta esagerato. Tuttavia la funzione direttiva delle diaclasi e dei piani di stratificazione è spesso evidentissima, sia nelle grotte, sia nelle voragini. Ma l'agente principale, quasi esclusivo, di allargamento delle fessure, di scavo delle grandi caverne, è l'acqua d'infiltrazione. Quando l'ampiezza delle vie sotterranee sia già sufficiente per il passaggio di forti correnti d'acqua e di ciottoletti convogliati, allora può prevalere l'azione meccanica di erosione sopra la lenta azione solvente. A ciò si deve la frequenza di forme tipiche d'erosione torrentizia che s'incontrano nelle grotte (marmitte, cascate. ciottoli arrotondati). L'azione erodente e quella solvente possono essere notevolmente accresciute durante le piene per le rapide variazioni di pressione e le forti velocità.
D'altro canto è anche ben noto come l'acqua stessa possa invece operare il progressivo riempimento delle cavità interne, quando la deposizione di carbonato calcico incrostante superi il dilavamento solvente e l'erosione. Si allude qui non soltanto alle belle forme d'incrostazione (stalattiti, stalagmiti, frange, panneggiamenti, ecc.), che costituiscono la maggiore attrattiva di molte grotte, ma anche a quei depositi alabastrini che finiscono con l'occludere molte fessure e gallerie, poi intere caverne. Altre volte il riempimento delle cavità avviene per deposizione di limo argilloso e terra rossa, trascinati dall'esterno; oppure di frammenti della roccia stessa, trascinati dall'acqua o caduti dall'alto. Bisogna ricordare anche i franamenti delle vòlte nell'ampliamento e nell'ostruzione delle cavità interne: la caduta della vòlta porta con sè il sollevamento del fondo quando l'acqua non possa allontanare il materiale. Molte cavenne e voragini appaiono ostruite da scoscendimenti. D'altro canto i franamenti possono portare anche allo scoperchiamento delle cavità interne, con formazione nella superficie esterna di doline (doline di sprofondamento) e voragini (per esempio a S. Canziano del Carso). È così che corsi d'acqua sotteranei possono tramutarsi in subaerei, in tratti successivi che poi si congiungono in una valle unica, rimanendo talvolta superstiti archi di roccia testimoni dell'antica copertura. Questo è fenomeno di carsismo molto avanzato.
Di frequente nella compagine calcarea si trovano le grotte disposte in determinati livelli: i quali possono essersi stabiliti in strati di roccia più solubile, più fratturata; oppure al contatto fra roccia fratturata e altra roccia impermeabile che sta sotto; o infine in corrispondenza ad antichi livelli di base esterni (come si vedrà a proposito dell'idrografia interna).
Idrografia carsica. Acque superficiali. - La superficie del Carso tipico è come quella di una spugna, che assorbe tutta l'acqua attraverso infiniti pori e fessure. Tutt'al più durante le forti piogge o al fondersi della neve, l'acqua scorre per un certo tratto in piccoli alvei superficiali, prima di trovare una fessura che l'assorba tutta. Spesso la conformazione del suolo facilita lo scolo dell'acqua verso punti determinati, dove si aprono gli inghiottitoi. Questi si trovano di preferenza sul fondo di doline e vallette (doline assorbenti, foibe dell'Istria). Le acque stesse allargano vieppiù i pozzi fino a trasformarli in abissi, profondi anche centinaia di metri. Solo eccezionalmente, dunque, in un territorio a carsismo sviluppato s'incontrano corsi d'acqua d'una certa lunghezza, raccolte d'acqua d'una certa stabilità. Tali eccezioni possono dipendere da cause varie, e principalmente: a) da grande compattezza della roccia, da impurità che la rendono meno solubile, da intercalazioni impermeabili di marne, tufi, ecc. (rientrano in questo caso i fiumi che attraversano territorî carsici sul fondo di valli scavate fino a raggiungere la base impermeabile); b) da ricoprimenti di varia natura, e specialmente alluvionali ed eluviali (torrenti e allagamenti periodici nelle vallette e doline rivestite di terra rossa); c) dal trovarsi localmente le cavità interne già sature di acqua.
A questo posto vanno considerate le acque dei bacini carsici, il cui fondo alluvionale è percorso da fiumi, e in parte occupato da laghi, variabili secondo le stagioni. Lo scarico di queste acque avviene attraverso uno o più inghiottitoi, di solito situati sul bordo della conca. Non di rado le aperture assorbenti si trasformano in bocche emittenti, per eccedenza d'acqua nella rete sotterranea, e contribuiscono così a inondare tali polje. L'esempio più noto è quello di Circonio in Carniola; possiamo aggiungere la conca-lago del Matese in Campania, e il lago di Copaide in Beozia. Talvolta sono fiumi interi che scompaiono improvvisamente nelle viscere della terra, e ritornano alla luce con le grandi risorgenze. L'esempio più grandioso di un fiume a decorso in parte superficiale, in parte sotterraneo, è quello del Timavo. Esso dapprima, col nome di Recca, percorre una valle scavata nei terreni arenacei; quando incontra, i calcari del Carso triestino, perde gran parte delle sue acque nelle fenditure; poco più oltre la valle termina cieca: il fiume precipita negli antri sotto il paese di S. Canziano; ricompare tosto alla luce sul fondo di due grandi voragini (doline di crollo); infine scompare definitivamente nelle celebri grotte, esplorate per circa due chilometri.
Circolazione interna. - Con sostanze coloranti e radioattive si è poi dimostrato - come già si pensava - che, almeno in parte, le acque del Timavo di S. Canziano ricompaiono nel fondo dell'abisso di Trebiciano, a 321 metri sotto il suolo; e poi, dopo un percorso sotterraneo di 34 km. in linea retta, tornano alla luce a breve dístanza dal mare, presso Monfalcone. Queste risorgenze del Timavo accolgono però anche le acque infiltrate sopra una vasta zona carsica e quelle perdute dal fiume Vippacco; viceversa le acque del Timavo superiore, diffondendosi attraverso la rete delle fenditure, alimentano anche le sorgenti e polle costiere del Golfo di Trieste.
Altri sistemi idrografici sono stati identificati mediante diligenti ricerche e ardite esplorazioni: in primo luogo quelle delle famose grotte di Postumia, le cui acque, unite a quelle delle conche di Circonio e di Planina, vanno per vie sotterranee a sboccare nella Lubiana (Sava).
Per i corsi d'acqua sotterranei si deve ammettere la tendenza a raggiungeie un cosiddetto profilo d'equilibrio, analogo a quello dei corsi superficiali, con pendenza decrescente dall'alto in basso. Tale tendenza è però più difficilmente realizzabile, perché le correnti interne mantengono solo in parte le caratteristiche di quelle esterne: di scorrere cioè a pelo libero, con alternanza di tratti calmi, a lieve pendenza, e con piccoli laghi, ed altri tratti ripidi e tumultuosi, con alte cascate. Su molti tratti le acque passano invece in condotta forzata, e tale fatto può generalizzarsi, in caso di piena, alla massima parte del decorso sotterraneo. Anche le maggiori caverne possono in tali casi riempirsi del tutto, quando l'acqua rigurgita ad un passaggio più stretto. L'aria imprigionata nelle cavità sotto pressione crescente, cerca una via d'uscita attraverso ogni piccola fenditura, sorte fischiando all'esterno e compie anch'essa un notevole lavoro d'erosione. Un caso particolare, ma molto frequente, è quello dei sifoni. Essi hanno importanza perché frenano il deflusso delle acque durante le piene, facendo rigurgitare l'eccesso nelle cavità. retrostanti. L'intermittenza di molte sorgive spesso è dovuta all'esistenza dl sifoni ascendenti.
Le sorgenti dei territorî calcarei rispondono naturalmente agli accennati caratteri dell'idrografia interna, e fino a un certo punto servono a illuminarci sulle reali condizioni di questa. In generale le sorgenti carsiche subiscono fortissime oscillazioni di portata, perché risentono direttamente delle alternanze dei periodi piovosi o asciutti. In dipendenza dell'ampiezza delle vene d'acqua e dell'estensione della rete alimentatrice, si avranno sorgenti di portata differentissima, dai semplici stillicidî agli sbocchi di interi fiumi, che sono veramente caratteristici dei territorî carsici.
Sorgenti. - Abbiamo accennato a risorgenze di fiumi, dei quali esiste un corso superiore scoperto. Però, nella maggior parte dei casi le grosse sorgenti (dette valchiusane) non si possono legare a nessun corso d'acqua esterno superiore; e si può talvolta provare (come fu fatto per esempio per l'Oliero in Val di Brenta) che esse rappresentano l'emungimento della rete idrica sotterranea di vaste zone carsiche, alimentata da innumerevoli inghiottitoi e fenditure della superficie.
Tali emungimenti principali avranno luogo più facilmente nei punti piu̇ depressi del contorno libero; spesso dunque nei punti dove è stato asportato più in basso il mantello di rocce impermeabili che fa da tampone alle fessure. In via generale le sorgenti sono dunque situate di preferenza ai piedi delle scarpate esterne del rilievo, in fondo alle valli, nei bacini chiusi più profondi, e lungo la costa del mare, o anche sotto il livello marino (polle d'acqua dolce scaturenti sul fondo, per es., presso le coste dell'Istria, della Puglia, ecc.). Però sorgenti di minore portata si trovano spesso raggruppate anche in determinati livelli più alti, specialmente se nella massa calcare siano interposti strati impermeabili o più compatti. Né sarà possibile ordinare tutte le sorgenti in sistemi gemplici, trovandosene anche sparse in qualunque posizione, secondo il capriccioso andamento delle fessure interne.
Il più delle volte non si può dire a priori se le sorgenti rappresentino l'uscita di singole vene d'acqua, o non invece gli scarichi dell'acqua circolante in un sistema di canali e di fessure sottili, intercomunicanti. Comunque, le ramificazioni delle vie interne spiegano l'interdipendenza evidente di talune sorgenti. È così, per esempio, che presso una sorgente perenne si possono avere sbocchi periodici, funzionanti come scarico di eccedenza nelle epoche di maggior ricchezza d'acqua. Di solito tali sbocchi periodici saranno situati più in alto di quelli perenni; ma, per le complicazioni della rete interna, può anche verificarsi il contrario.
È anche un fatto generale la tendenza che hanno le sorgenti di portarsi gradatamente più in basso, via via che s'abbassa la circolazione interna, con l'approfondirsi delle grotte e col progressivo allargamento delle fessure più basse. Esse richiameranno sempre più l'acqua dalla regione sovrastante, i cui canali - e le sorgenti cui mettono capo - rimarranno asciutti, prima solo nei periodi di magra, poi in modo definitivo. Tale tendenza troverà un limite col raggiungimento di una base impermeabile; oppure a un livello, inferiore alla superficie del mare, dove la pressione idrostatica dell'acqua marina faccia equilibrio a quella delle acque dolci interne.
È questo approfondirsi delle acque, questo prosciugamento di sorgenti, che produce l'inaridimento progressivo della superficie delle regioni calcaree, senza che si debba ricorrere, per spiegarlo, a mutamenti climatici di vasta portata. In questo quadro rientrano naturalmente le perdite dei fiumi, che s'accentuano sempre di più, fino all'abbandono completo delle valli superficiali (valli morte, valloni; v. sopra).
È facile vedere che la distribuzione delle acque interne può essere radicalmente diversa da quella degli spioventi esterni del rilievo calcareo. Spesso la disposizione degli strati facilita il decorso delle acque interne in direzione che può essere opposta alla pendenza del suolo esterno, e quindi al deflusso normale delle acque. Avviene così che le acque di un fiume, perdendosi nelle fessure della roccia, vadano a sboccare in un altro bacino idrografico, che ne resta arricchito a spese del primo. È così che intere vallate e bacini vengono 'catturati dalla rete ipogea di un altro bacino anche attraverso poderose catene montuose. È sempre il Carso dinarico che fornisce i migliori esempî: come quello citato della Piuca, che fa scaricare nella Sava il bacino di Postumia, che sarebbe più aperto verso l'Adriatico; mentre in Dalmazia sono i fiumi adriatici, come la Cherca e la Cetina, che ricevono per risorgenze carsiche le acque di scolo di molte delle più grandi polje situate al di là della catena dinarica. In questa lotta idrografica per lo più vince il bacino più profondo, giacché la maggior pendenza rende più attive le vie acquee che vi affluiscono (analogamente avviene nell'idrografia superficiale).
Teorie: Martel. - Col progredire delle esplorazioni delle cavità sotterranee e coi buoni risultati conseguiti nella ricerca di molti corsi d'acqua sotterranei, molti speleologi, con alla testa il Martel, si sono formati la convinzione che nei massicci calcari esistano determinate vie, di cui le acque si servono, talvolta confluenti l'una nell'altra, ma in generale isolate, come condotti chiusi, indipendenti fra loro. I problemi delle sorgenti temporanee, degl'inghiottitoi, in una parola, del regime delle acque sotterranee sono tutti da risolvere caso per caso, per ogni singolo sistema di comunicazioni interne. Così, per ciò che riguarda la rapidità del deflusso, taluni scaricatori entreranno in funzione subito dopo lo scatenarsi, per es., di un temporale sopra la montagna carsica, altri risentiranno i periodi di piena dopo lungo intervallo, di molti giorni e settimane, se l'acqua deve, nel suo tragitto, riempire gradualmente vasti serbatoi interni. La posizione e l'altezza delle sorgenti, perenni e temporanee, dipendono dunque dall'andamento dei singoli canali; e l'altezza dell'acqua in questi ultimi dipende dalle condizioni proprie d'ogni sistema di comunicazione, spesso indipendentemente dalle altre comunicazioni, anche vicine. Si arriva con ciò a rendersi facilmente ragione dei casi più strani, per es. delle sorgenti temporanee site più in basso di quelle perenni; e degl'inghiottitoi che continuano ad assorbire acqua, quando altri, posti più in alto, sono ricolmi e trasformati in bocche di rigurgito. Questi casi costituiscono la dimostrazione più evidente, per il Martel e per i suoi seguaci, dell'impossibilità che, all'infuori delle correnti meglio definite rintracciabili nelle grotte, esistano comunicazioni fitte tra canale e canale del calcare, e che le acque interne possano circolare come in una rete unica di fessure intrecciate, indipendenti.
Teoria dell'acqua di fondo. - Tale impossibilità è invece negata da altri studiosi, non meno competenti, tra cui i migliori conoscitori della regione carsica più tipica, quella dinarica. Le polemiche fra questa scuola e qu̇ella del Martel sono state vivacissime, e ancora oggi la maggior parte degli studiosi di tali questioni è divisa in due campi, almeno apparentemente inconciliabili. I risultati delle ricerche del Grund e di altri fanno ritenere che entro i massicci calcarei l'acqua, circolando lungo tutte le fessure, si raccoglie nei vani e fenditure più profonde, colmandoli fino a una certa altezza, la quale varierà nei singoli canali, secondo l'afflusso d'acqua dall'alto, in relazione più o meno diretta con le vicende meteoriche esterne. Però si può immaginare una superficie più o meno livellata, al disotto della quale tutti i vani saranno costantemente pieni d'acqua (acqua di fondo o di base). Comportamento analogo hanno le falde freatiche dei terreni incoerenti (alluvioni sabbiose, arenarie, ecc.), solo che in questi ultimi molto più fitti sono gl'interstizi; molto più minuti essendo i singoli elementi di roccia.
In accordo con questa teoria, il maggior numero delle sorgenti perenni si trova nelle posizioni più basse: sul fondo delle valli o al contatto con terreni impermeabili. Sopra la zona perennemente satura, vi è poi una zona più alta, con sorgenti solo periodicamente attive, governate dalle oscillazioni dell'acqua di base nelle fenditure del calcare; e infine vi è la zona superiore costantemente asciutta, le cui fessure sono solo percorse dalle acque di pioggia in via di discesa. Zone di roccia più compatta e intercalazioni impermeabili provocheranno naturalmente irregolarità in questo sistema di circolazione. In tale schema rientrano però chiaramente molti fenomeni particolari, come l'allagamento periodico delle polje, il mantenersi dei corsi d'acqua in superficie quando l'acqua imbeve tutte le fessure della roccia sottostante, il loro perdersi dove la superficie dell'acqua di base passa più profonda. L'abbassamento graduale dell'acqua con lo sviluppo del processo carsico nei singoli massicci calcarei è favorito anche dalla progressiva incisione, per erosione normale, delle valli periferiche; e lascia asciutti i livelli di sorgenti (grotte), che segnano le precedenti posizioni tenute dall'acqua di base.
In complesso la teoria ha il pregio di spiegare in modo sintetico e semplice i fenomeni dell'idrografia carsica. Sennonché essa fu spesso male applicata; il suo schematismo troppo semplicista la pone spesso in contrasto con i fatti, che in natura appaiono molto più irregolari. Tuttavia, interpretata con giusto criterio, sembra che possa adattarsi alla maggior parte dei casi. Così fu possibile spiegare, p. es., l'idrografia degli altipiani calcari delle Prealpi Venete. Grund, Cvijić, Krebs e altri applicarono sostanzialmente gli stessi concetti nel complicato Carso dinarico, nell'Istria, in Slovacchia, ecc.
La superficie dell'acqua di fondo tenderà a livellarsi sempre più. Essa potrà tuttavia mostrare delle forti irregolarità, accompagnando più o meno l'andamento della superficie del rilievo. Nelle zone superiori la circolazione dell'acqua può rimanere in parte indipendente dall'acqua di base, svolgendosi lungo le vie più facili, le quali possono condurla a sboccare direttamente all'esterno. È poi chiaro che il movimento di discesa si deve compiere molto più lentamente nelle fenditure sottili che nelle ampie cavità. Tutto ciò fa intendere che spesso la superficie dell'acqua di base rimane un concetto puramente ideale, perché, salvo in casi di prolungata siccità, non potrà mai tutta l'acqua, in tutte le cavità, raggiungere il livello d'equilibrio idrostatico. Sembra però assurdo voler negare, per queste ragioni, l'esistenza d'un'acqua di fondo, in cui tutta l'idrografia interna tende a stabilizzarsi. Se è dimostrato, come s'è detto, che alcune delle più grosse risorgenze carsiche, in massicci dove non esiste alcun corso d'acqua superficiale che possa spiegarne la provenienza, sono lo sbocco basale dell'acqua profonda di una vasta zona; se si hanno esperienze positive comprovanti la diffusione dell'acqua in una vasta rete; se si è anche riusciti, perforando rivestimenti impermeabili, ad attingeie l'acqua basale che non affiora naturalmente, alla teoria dell'acqua di fondo non si potrà negare un valore generale, anche se molti altri casi particolari si conciliano meno facilmente con essa.
Varietà carsiche e loro diffusione. - Il carso completo, l'olocarso del Cvijić, senza limiti di sviluppo e con tutte le sue manifestazioni più grandiose, è dunque quello dinarico-giulio (v. carso). A questo carso tipico si riattacca quello della Morea, e di altri territorî balcanici e anatolici.
Più o meno avanzato il fenomeno s'incontra qua e là in ogni parte del globo, sotto ogni clima, purché si abbia un minimum d'umidità. Altrove si trova il carsismo fossile, di lontane epoche geologiche, in rocce seppellite sotto depositi di nuova formazione. Fuori d'Europa, fra i territorî carsici più noti, sono quelli del Kentucky, dove esistono le più grandi cavità sotterranee note, le grotte del Mammut (oltre 200 km.). Al Daneš si devono gli studî sul carsismo delle regioni tropicali ed equatoriali, specie di Giamaica, di Giava (clima molto umido) e dell'Australia settentronale (clima asciutto).
Cvijić chiama poi merocarso quel tipo imperfetto che si stabilisce in calcari impuri, non completamente solubili. Ivi può continuare a svolgersi un'idrografia superficiale normale, e l'evoluzione del rilievo procede in gran parte secondo le leggi di questa; la roccia si copre dei prodotti del disfacimento e permette una rigogliosa vegetazione. Tali sarebbero i territorî carsici di Moravia e Slovacchia, quelli del Giura svevo e francone e quelli del Belgio e della Francia settentrionale, dove affiora una particolare roccia calcarea, la craie, semi-incoerente, farinosa.
Fra questo tipo e il carso perfetto vi sono naturalmente tutti i gradi intermedî, dove il fenomeno carsico, pure in calcari molto solubili, trova un limite di sviluppo nelle troppo frequenti intercalazioni impermeabili (come nel Giura franco-svizzero e in certe zone prealpine) oppure nella troppa segmentazione del rilievo prodotta da valli normali profondamente scavate fino a raggiungere la base impermeable. Quest'ultimo è il tipo delle Causses, dal nome di un altipiano carsico delle Cevenne, tagliato dai cañones del Tarn e dei suoi affluenti, famoso per le sue grotte e voragini (avens), ma privo di grandi conche superficiali. Allo stesso tipo si possono ascrivere molti dei massicci calcarei e dolomitici delle Alpi: fra i più caratteristici quello del Parmelan in Savoia, quello di Dachstein in Austria, nonché gli altipiani prealpini veneto-lombardi (Cansiglio, Sette Comuni, Lessini, ecc.), che si riallacciano al Carso proprio. Carsificati sono anche i Colli Berici, e anche più il Montello, costituito da un compatto conglomerato diluviale, prevalentemenie calcare, con la superficie sforacchiata di doline.
Sviluppo carsico in Italia. - Nel resto d'Italia il fenomeno si sviluppa largamente quasi in ogni regione. Più segnalate a questo riguardo sono le Alpi Marittime, le Alpi Apuane, assai ricche di grotte, e si può dire tutta quanta l'ossatura mediana dell'Appennino Centrale e Meridionale, nonché il Preappennino Laziale. Numerosi vi sono gli altipiani carsificati, e le grandi conche chiuse, talune allagate, connesse con la struttura tettonica (Fucino, Lago del Matese, e molte conche minori). Le reti idrografiche interne sono molto profonde, e dànno luogo a sorgenti basali molto ricche.
Una regione, che per morfologia e sviluppo carsico rassomiglia all'Istria, è la Puglia, con i suoi tavolati e piattaforme aridissimi (Gargano, Murge). Ivi la falda d'acqua sotterranea quasi livellata con la superficie del mare, ha un lentissimo deflusso verso le sorgenti costiere e sottomarine, e subisce la mescolanza dell'acqua salsa anche notevolmente entro terra. Analogamente in Cirenaica.
Il confronto tra i varî aspetti dei territorî carsici ha fatto distinguere alcune fasi di un'evoluzione carsica normale (il cosiddetto ciclo carsico). Le accennate evoluzioni delle forme superficiali, delle cavità interne, e quindi della circolazione idrica, essendo contemporanee e connesse tra loro, fanno a ragione parlare di un'evoluzione carsica complessiva. Essa sarà più o meno rapida secondo le condizioni climatiche, la natura delle rocce, i dislivelli tra le superficie e la base idrografica. All'infuori del carso tipico dinarico, la cui evoluzione sembra possa essere indefinita, negli altri territorî i processi carsici non sembrano suscettibili d'un'evoluzione geologicamente molto lunga.
Comunque, è da tenere presente che si tratia di mutamenti lentissimi, in confronto di quelli creati normalmente dagli agenti subaerei (v. denudazione); cosicché, rispetto alle altre regioni, dove l'azione di questi può svolgersi liberamente, il carsismo si manifesta piuttosto come un fenomeno conservatore, specialmente della morfologia superficiale. È tuttavia probabile che in altre epoche esso sia stato più attivo che oggi, specie in dipendenza di un clima più piovoso (come forse in generale nel Quaternario), e forse d'una maggiore ricchezza di anidride carbonica nell'aria e nell'acqua, che avrebbe accresciuto il potere solvente di questa. Sembra infatti che già nel Quaternario si siano formate le principali cavità sotterranee odierne, nelle quali spesso si sono trovati resti di animali di quell'epoca, oltre a tracce dell'uomo primitivo.
Il risultato della corrosione carsica dovrebbe essere una lenta demolizione del rilievo, e il termine dell'evoluzione sarebbe raggiunto solo con la scomparsa totale della roccia calcare, al di sopra di una base impermeabile o del livello del mare. Data la lentezza dei fenomeni, talvolta l'evoluzione verrà interrotta ben lungi dal suo compimento, da nuovi sconvolgimenti geologici più efficaci.
Fenomeni carsici in rocce non calcari. - Tra le altre rocce solubili le più diffuse sono quelle gessose; e quindi, per lo sviluppo dei fenomeni di tipo carsico, esse sono le più importanti, dopo i calcari. Rispetto a questi anzi esse hanno una solubilità doppia, ciò che rende molto più rapido lo sviluppo delle forme superficiali (solcature fittissime, doline piccole ma numerosissime) e delle cavità interne. Queste a loro volta generano sprofondamenti nella roccia sovrastante, e hanno vita effimera. I fenomeni carsici dei gessi sono diffusi nelle Alpi Venete, al Moncenisio, in varie parti dell'Appennino e in Sicilia; furono studiati specialmente da O. Marinelli. Più solubili, i depositi di salgemma, in cui le forme carsiche hanno un'evoluzione rapidissima (Carpazî, Algeria). (V. tavv. XLVII-L).
Bibl.: J. Cvijić, Das Karstphänomen, in Geogr. Abhandl., V (1893); id., Morphologische u. Glaciale Studien aus Bosnion ecc., in Abhandl. geog. Gesellschaft, Vienna 1900-01, II-III; A. Penck, Das Karstphänomen, in Vorträge des Vereines zur Verbreitung naturwiss. Kenntnisse, Vienna 1904; O. Marinelli, Atlante dei tipi geografici, Firenze 1922 (tavv. XIV-XIX); A. Grund, in Zeitschr. der Gesellschaft für Erdkunde zu Berlin, 1914; L. von Sawicki, in Geogr. Zeitschr., XV (1909); varie memorie in Recueil de travaux offerts à M. Cvijić, Belgrado 1924. Con speciale riguardo alle cavità e idrografia sotterranea: A. Daubrée, Les eaux souterraines, Parigi 1887; E. A. Martel, Les abîmes, Parigi 1894; id., Nouveau traité des eaux souterraines, Parigi 1921. Per i fenomeni carsici in Italia: L. V. Bertarelli e E. Boegan, Duemila grotte, Milano 1926; E. Boegan, Le sorgenti di Aurisina, Trieste 1906; L. De Marchi, Idrografia carsica dei Sette Comuni, Venezia 1911; O. Marinelli, Fenomeni carsici nelle regioni gessose d'Italia, in Memorie geogr. (1917); V. anche carso.