FENOMENOLOGIA (XIV, p. 1006; App. III, 1, p. 597)
La diffusione e lo sviluppo della f. nel secondo dopoguerra è stato principalmente determinato dalla pubblicazione, a partire dal 1950, degl'inediti husserliani. È noto che le opere pubblicate da E. Husserl nel corso della vita avevano per lo più carattere programmatico e introduttivo, mentre le concrete applicazioni del metodo descrittivo-fenomenologico ai vari problemi della filosofia e delle scienze rimasero in gran parte consegnate a circa 40.000 pagine di manoscritti variamente elaborati. Tale materiale, dopo la morte di Husserl, venne nascostamente e avventurosamente trasferito, fra il 1938 e il 1939, dalla Germania a Lovanio, per evitarne la distruzione da parte delle autorità naziste. A Lovanio, soprattutto per opera di H. L. Van Breda, venne allora fondato l'Archivio Husserl, cui si collegò la collana della Husserliana per l'edizione critica di tali inediti.
Tra i primi a cogliere l'importanza degl'inediti di Husserl fu M. Merleau-Ponty che poté leggere a Lovanio il manoscritto del secondo volume di Ideen, dove Husserl affronta i problemi della materia inorganica e organica e del corpo percettivo (Leib). Tale tematica, unitamente a quella temporale ampiamente illustrata da un'altra serie di manoscritti raccolti da G. Brand (Welt, Ich und Zeit, L'Aia 1955), riproponeva improvvisamente il problema del cosiddetto "idealismo" di Husserl, cioè di quella svolta soggettivistico-trascendentale che aveva provocato, fra il 1926 e il 1928, la spaccatura della scuola fenomenologica in Germania. In quegli anni, infatti, M. Heidegger, il maggior discepolo di Husserl, aveva cominciato a manifestare il suo dissenso nei confronti del maestro. L'occasione del dissidio era stata fornita dalla stesura, per la quale Husserl volle associarsi come collaboratore Heidegger, della voce f. per l'Encyclopaedia britannica. Heidegger presentò per iscritto alcune riserve al primo abbozzo husserliano. Egli in particolare dichiarava problematico il rapporto fra io psicologico e io trascendentale, nonché tutta la tematica della riduzione o epoché. Quando nel 1927 apparve, nella rivista di studi fenomenologici diretta da Husserl, il capolavoro di Heidegger, Sein und Zeit, divenne chiaro che la nuova direzione analitico-esistenziale dell'antropologia heideggeriana, non solo si distaccava, ma anzi si contrapponeva alla f. trascendentale di Husserl. Era l'atto di nascita dell'esistenzialismo e l'inizio dell'isolamento di Husserl in Germania, abbandonato allora anche da altri discepoli come M. Scheler, N. Hartmann, R. Ingarden, O. Becker, H. Conrad-Martius e difeso in seguito dai soli E. Fink e L. Landgrebe. Tutti i dissidenti ribadivano la loro accettazione della f. come metodo descrittivo delle strutture essenziali (o eidetiche) dell'esperienza (metodo teorizzato da Husserl nelle Logische Untersuchungen del 1900-01), ma rifiutavano il tentativo "cartesiano" di Husserl, avviato sin dal 1911-13, di fondare il metodo fenomenologico, non sugli oggetti della coscienza intenzionale "mondana", ma sulle operazioni costitutive della coscienza "pura", ovvero trascendentalmente ridotta. Tale approfondimento parve una ricaduta di Husserl nel vecchio soggettivismo idealistico di Fichte o nel sapere assoluto hegeliano. Tuttavia, mentre la fama di Husserl in Germania declinava, la f. s'imponeva in Francia sin dagli anni Venti con J. Hering e A. Koyré e poi, fra il 1930 e il 1940, con G. Gurvitch, E. Levinas, A. Gurwitsch (che aveva studiato a Friburgo con Husserl nel 1937); qualche anno più tardi si avvicinavano alla f. (e contemporaneamente e in varia misura all'esistenzialismo heideggeriano) J. Wahl, J.-P. Sartre, M. Merleau-Ponty, G. Berger, P. Ricoeur, M. Dufrenne. Intorno agli stessi anni M. Farber (che aveva studiato con Husserl a Friburgo nel 1928) e A. Banfi diffondevano la f. rispettivamente negli Stati Uniti e in Italia.
Nel contempo Husserl non aveva mancato di rispondere alle critiche di Heidegger sia accusando l'esistenzialismo di permanere, nella sua analisi antropologica, sul terreno del naturalismo dogmatico, sia lamentando che la sua svolta trascendentale era stata fraintesa. Nell'ultima opera rimasta incompiuta (Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale Phänomenologie) Husserl mostrava da un lato che il soggetto fenomenologico è un io incarnato, temporalmente e storicamente costituito, e non un soggetto assoluto di stampo idealistico; dall'altro correggeva le componenti cartesiane del suo pensiero. La primitiva riduzione alla coscienza, o al cogito, come terreno di evidenze originarie e indubitabili, veniva chiarita come ritorno alle operazioni fungenti sul piano del mondo-della-vita (Lebenswelt). Tali operazioni costituiscono sia le categorie del sapere scientifico, sia le strutture istituzionali del vivere storico-sociale. Il significato trascendentale della f. si precisava allora come ritorno al senso originario delle operazioni umane e come recupero della loro intenzionalità profonda, in opposizione all'ontologia heideggeriana che poneva invece l'esistenza, e cioè l'uomo, in dipendenza rispetto all'essere e alla sua verità. Tuttavia, ancora nel 1947, Heidegger accusava Husserl, nel Brief über den "Humanismus", di aver ignorato la storicità dell'essere, cosa che tra l'altro non permetterebbe alla f. di aprire una discussione col marxismo. Ora, proprio la pubblicazione degl'inediti della Husserliana, e in particolare della Krisis nel 1954, rimetteva in questione il rapporto f.-esistenzialismo, capovolgendone addirittura i termini: non l'esistenzialismo dopo la f. ma, invece, il ritorno alla f. come risposta positiva alla crisi dei valori denunciata dagli esistenzialisti. Il pensiero di Husserl, esaminato nelle sue motivazioni ed elaborazioni profonde, sinora ignorate o fraintese, conterrebbe dunque, non solo i germi della "derivazione" esistenzialistica ma, come ha scritto E. Fink, anche gli elementi per un'autentica e positiva interpretazione del mondo. Il ritorno alla f., divenuto dagli anni Sessanta in poi un fatto di portata mondiale, si è conseguentemente scontrato con situazioni culturali diverse, frazionando il rinato movimento fenomenologico in molteplici direzioni di ricerca.
Una delle principali ha interessato, e interessa tuttora, proprio quel confronto col marxismo che Heidegger aveva giudicato impossibile per la fenomenologia. Se è vero, come ha sostenuto L. Goldmann, che Sein und Zeit è una risposta, sia pur implicita, a Geschichte und Klassenbewusstsein (1923) di G. Lukács, è anche vero che Lukács contrappose la linea Hegel-Marx all'esistenzialismo, inteso come ideologia borghese e reazionaria. E allora in nome di una correzione delle tesi esistenzialistiche mediante una ripresa della f. dell'ultimo Husserl che Merleau-Ponty e Sartre hanno riaperto la discussione col marxismo (condotta sovente sulle pagine della rivista Temps Modernes). Il problema della materia (per es. nella Phénoménologie de la perception di Merleau-Ponty del 1945) e quello della dialettica (come nella Critique de la raison dialectique di Sartre del 1960) esigono un superamento del marxismo dogmatico e naturalistico mediante l'assunzione dei temi fenomenologici della corporeità e della temporalità intenzionale. In direzione analoga si è mossa la scuola fenomenologica italiana, rappresentata principalmente da E. Paci e dalla rivista Aut Aut. Paci ha insistito soprattutto sulla necessità di comprendere la svolta trascendentale della f. di Husserl come un ritorno all'uomo concreto e alle sue operazioni fondanti. Sotto questa prospettiva il tema dell'alienazione in Marx risulta complementare al tema husserliano della riduzione: in entrambi i casi si tratta di smascherare le natura obiettivante delle categorie ideologiche (comprese quelle della scienza) e delle strutture sociali fossilizzate per recuperare il senso originario dell'esperienza del mondo e dell'intersoggettività umana. L'uomo "umano" di Marx, in altre parole, è la stessa soggettività trascendentale husserliana che si è liberata dal mito del naturalismo e della tecnica, sicché la Krisis si configura, nell'interpretazione di Paci, come risposta decisiva a Sein und Zeit e alle stesse contraddizioni del marxismo contemporaneo. Questa interpretazione critica del marxismo si è diffusa, fra il 1960 e il 1968, anche in Cecoslovacchia (K. Kosik) e negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta (in particolare ad opera delle riviste Telos e New Left Review). Precedentemente la f. si era scontrata in America con l'empirismo logico e col pragmatismo. Nel corso di un lavoro ormai trentennale M. Farber e la sua scuola (della quale è organo la rivista Philosophy and Phenomenological Research) hanno contribuito sia a chiarire e a diffondere il pensiero di Husserl (sovente confuso, negli Stati Uniti, con le più generali istanze dell'esistenzialismo), sia a collegare la f. con alcuni aspetti della tradizione culturale anglosassone. I recenti confronti fra la f. di Husserl e la faneroscopia di Ch. S. Peirce, o con l'analisi della coscienza di W. James e con la filosofia del processo di A. N. Whitehead, nonché con taluni esiti della semiotica, della logistica e dell'analisi del linguaggio da Ch. W. Morris a W. v. O. Quine e a P. F. Strawson, hanno aperto nuovi orizzonti di ricerca e di sviluppo. In questi ultimi decenni la f. ha peraltro influenzato anche vari settori di ricerca scientifica, come la psicologia (dalla Gestaltpsychologie alla psicologia fenomenologica di Merleau-Ponty, di Sartre, di F. J. J. Buytendijk), la psichiatria (da L. Binswanger a J. H. Van den Berg, alla scuola italiana di D. Cargnello e di G. Calvi), la sociologia (da A. Diemer ad A. Gurwitsch), le scienze umane in generale (J. Derrida).
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